Per
la parte del movimento abbiamo perciò ascoltato:
Vincenzo Miliucci, leader storico
dell'autonomia operaia romana; Mario
Moretti, il principale dirigente delle Brigate rosse;
Oreste Scalzone,
notissimo esponente del movimento; Raoul
Mordenti, in rappresentanza del "gruppo degli
11"; Enzo Modugno, teorico
dell'autonomia; Tano
D'Amico, fotografo di tutte le manifestazioni e
della "vita del movimento"; ecc.
Come nemico, il sen. Francesco Cossiga,
perché allora ministro dell'Interno, e oggi testimone
non reticente.
E poi un nutrito numero di "compagni di base" -
indiani metropolitani e femministe, duri dell'autonomia, semiclandestini
delle BR - che hanno percorso poi traiettorie di vita tra
le più diverse, ma le cui parole illuminano spesso
tutti i luoghi lasciati in ombra dalle ricostruzioni dei leader.
A quiet shoot-out
A
quotation to explain the title:
"What's
going on?"
"Well, the police didn't want to let us pass, so we went
round - there
wasn't a real clash."
"But they're shooting..."
"Yeah, but they're just firing at the wall, the same
as us. Really it's
all quiet... it's a quiet shoot-out."
http://existingactually.blogspot.com/2005/06/meme-i_07.html
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Corriere
della Sera, 8 maggio 1997, Pagina 6
E in un libro sul terrorismo il Picconatore
si " confessa " con un brigatista all' ergastolo
Il
vinto che intervista il vincitore: "Ma di noi che cosa
pensavate lei e il suo partito e il vostro consociato Pci?".
L'irriducibile brigatista ergastolano che chiede all'ex nemico
numero uno, quel Kossiga allora con la "K": "Che
ne dice della legislazione di emergenza, come giudica le direttive
che davate per il controllo delle piazze?". E il nemico
trionfatore che rende l'onore delle armi e giustizia storica
agli sconfitti: "La sovversione di sinistra e' stata
un fenomeno storico di massa. Non eravate terroristi, voi
brigatisti e gli altri, non avete mai messo bombe: le vostre
modalita' d'azione erano proprie della guerra partigiana.
Cercavo di evitare di chiamarvi comunisti, ma dicevo sempre
che la vostra origine storica era la stessa. Non c'e' stata
attenzione politica, anche da parte del partito comunista
al senso diffuso di "Resistenza incompiuta". Botteghe
Oscure mi rimprovero' quando mi permisi di dire che eravate
marxisti leninisti. Non poteva accettare una forza alla sua
sinistra. Siete stati un fenomeno di aggregazione sociale,
non un disegno indotto dall'esterno. Era molto piu' difficile
capirlo. Forse per questo molti non vogliono ancora capire
come sia stato un movimento endogeno. Altro che russi, Cia,
Gelli... I partiti di sinistra soprattutto non si sono resi
conto che il tipo di politica di coinvolgimento del Pci, di
unita' nazionale, non poteva non creare un dissenso politico
sul disagio sociale". Altro che sassolini! Stavolta Francesco
Cossiga si leva dei macigni. Dallo stomaco. Niente di nuovo
in assoluto, per la verita'. Lo aveva detto e scritto anche
Mario Moretti che le Brigate rosse erano una "Storia
italiana". Ma quando 3 anni fa usci' il libro intervista
dal titolo omonimo, quasi nessuno volle dargli credito. Ora
e' lo stesso ex ministro degli Interni dei tempi della P38
e dei mitra (di via Fani) che analizza a fondo e lucidamente
quegli anni orribili. Solo che lo fa rispondendo a Francesco
Piccioni, napoletano, classe 1951, ex insegnante precario,
gia' capo della colonna romana delle Br, ergastolano (caso
Moro e altro), ne' pentito ne' dissociato, dal 1979 in carcere,
in libera uscita per lavoro da circa un anno, con permesso
di lavoro. Francesco Piccioni ha scritto un capitolo del libro
"Per una storia orale del 1977, una sparatoria tranquilla"
(edizioni Odradek), in cui hanno riversato le loro testimonianze
protagonisti di quel periodo: da Vincenzo Miliucci a Raul
Mordenti, da Moretti a Scalzone, da Enzo Modugno a Dario Paccino
a Tano D'Amico. Cossiga nella sua rilettura del come era l'Italia
20 anni fa non tralascia altri passaggi importanti. Alla domanda
dell'insolito giornalista "dove fosse la liberta' di
stampa all'epoca che andasse a svelare la doppia verita",
replica: "Perche' ci sia un giornalismo indipendente,
occorre che ci siano anche giornalisti indipendenti. Ma nella
fase del terrorismo abbiamo portato in trincea giornalisti
e giudici. Io mi sento colpevole dell'emergenzialismo permanente.
Le leggi sulla Pubblica sicurezza non erano fatte per durare,
ma per spaventare. Purtroppo allora fu introdotto l'emergenzialismo
e l'idea del "giudice che combatte": questo contrasta
con lo stato di diritto. Il giudice non puo' usare la legge
come arma". Ma non e' finita. Nella sua "confessione",
Cossiga, che si definisce "una figura anomala interprete
piu' delle istituzioni che della politica" rivela: "Calamandrei
era presidenzialista, era per il Pubblico ministero diverso
dal giudice, ma non si puo' dire, non e' politicamente corretto".
E per finire una parola sulle stragi: "Un mistero. Ho
sempre respinto l'idea che la sovversione di sinistra fosse
eterodiretta. Invece non posso escludere che le stragi abbiano
avuto anche inneschi esteri".
Costantino Muscau
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Un libro affidabile e autorevole
Scrive
Stefano Cappellini nei Ringraziamenti
al suo Rose e pistole, Sperlig&Kupfer,
2007: «Una miniera di aneddoti e vita vissuta è
il libro edito da Odradek in occasione del ventennale del
'77, Una sparatoria tranquilla, uno dei pochi in
cui ci si è preoccupati di raccontare ciò che
accadde invece di cercare solo di trarne un senso politico».
E
anche Lucia Annunziata ne trae
continuamente spunti e informazioni.
Un
Best seller
Un
libro completo: oltre sessanta pagine di cronologia
cronologia lodata anche da Giampaolo Pansa, ma che significa?
; centinaia di scritte murali; tutti gli slogan, amorosamente
raccolti e commentati (anche con le varianti); interviste
particolarmente significative, come quelle a Mario Moretti
e a Francesco Cossiga. Nella seconda edizione, non ci siamo
voluti negare una prefazione in cui ripensiamo in maniera
- volevamo - lucida, e sicuramente partecipata la stagione
dei movimenti, che qui da noi non passa mai. È probabilmente
a questa nuova prefazione che si deve il rinnovato interesse
per questo libro, che finora ha venduto più di tremila
copie. Infatti:
«Nel 1997 una piccola ma provvidenziale casa editrice
di Roma
dà alle stampe un testo fondamentale
per capire gli anni di piombo. Si intitola Una sparatoria
tranquilla. Per una storia orale del 77. E
uno di quei libri che, se leggi bene, puoi trovarci dentro
il rumore di un tempo scomparso come si sente leco del
mare dentro una conchiglia.»
Così si legge a p. 466 di Cuori neri di Luca
Telese, Milano, Sperlig&Kupfer, 2006: una prosa un po
sgangherata, ma certamente sincera, che continua per una pagina
e mezza di apprezzamenti. Telese è un giornalista de
Il Giornale di Berlusconi e, curiosamente, ci era capitato
di apprezzare una sua cronaca, intelligente e spiritosa, al
punto di riproporla sul nostro sito (Viva Fidel! Viva Fidel!,
sta nella Bacheca elettronica). Lo scambio di cortesie
finisce qui, nel senso che non troviamo apprezzabile la sua
ricerca su ventuno caduti neofascisti ritrovati
un po qua un po là per il paese, svolta
sì con grande bravura giornalistica, ma con il grave
difetto storiografico della decontestualizzazione, e con lancor
più grave conseguenza della "parificazione".
Il sito www.carmillaonline.com, curato da Valerio Evangelisti,
ha voluto pubblicare, dopo la nota editoriale a Senza patto
né legge, di Filippo Manganaro, e la lunga introduzione
a Guerra civile globale, anche la prefazione alla II
edizione di Una sparatoria tranquilla. Grazie, Valerio,
per lattenzione.
Il
teatrico Nevio Gàmbula ha
dedicato un poema al '77: settantasette divergenze
(nel magnifico caos delle strade). Sta in:
http://www.neviogambula.it/Settantasette%20divergenze.pdf)
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