Sta
diventando, effettivamente, una polemica di pubblica utilità
questa discussione sul manifesto del 25 aprile a Roma. Occhio
alle date.
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Leonardo era brigatista.
Su Storia e fumetti
"Il
perché, è quel ragazzo morto la scorsa settimana
in quanto cattolico. Si muore per gli stessi motivi di allora".
Con queste parole ieri Ken Loach ha risposto alla domanda
di un giornalista, che gli chiedeva spiegazioni sullultima
pellicola girata, la storia dellUlster negli anni Venti
del secolo scorso.
"Violiamo la verginità del realismo socialista!"
gridarono per alcuni minuti i giovani poeti bohémien
moscoviti, gli SMOGisti, scalmanati sotto alle finestre dellUnione
degli scrittori sovietici il 14 aprile 1965, anniversario
del suicidio di un grande poeta russo, Majakovskij. Erano
partiti in corteo dalla piazza che porta il suo nome e avevano
raggiunto il centro burocratico della letteratura di regime,
per violarlo. E alcuni testimoni giurano di aver sentito distintamente,
in alcuni casi, al posto di "violare", il verbo
"violentare"...
Da un paio danni ci tormenta una risma di carta rilegata
intitolata Il codice Da Vinci (per inciso ricordo che
nei paesi di lingua tedesca la stessa si intitola Sacrilegio,
chissà mai perché); è intrattenimento
puro, operazione di marketing compresa. Chi lo legge non è
un lettore, è un consumatore.
Da molto meno tempo del Codice circola un libro nel quale,
come dice leditore, "il fumetto si confronta con
gli anni di piombo", La storia di Mara.
Che cosa hanno in comune questi quattro episodi così
apparentemente disparati?
In qualche modo essi spiegano una trasformazione epocale,
il passaggio dalla creazione allassemblaggio, dallarte
allabilità, dallumiltà alla volgarità.
Ken Loach, il regista di Terra e Libertà, prende
un momento storico e lo riduce attraverso luso di una
camera in narrazione. Non cè trucco. La ricostruzione
è fedele. I bianchi sono bianchi, i neri, neri, chi
spara per uccidere uccide senzaltro, e così via.
Il passato resta passato, ma viene investigato, analizzato,
spiegato. È mimesi artistica, in unespressione.
Gli SMOGisti (SMOG stava per Coraggio, Pensiero,
Immaginazione, Interiorità) erano dei
poeti giovanissimi, nessuno di loro superava i ventanni.
Vivendo in un paese dove la poesia era la forma artistica
più diffusa, ci tenevano a dire la loro in un mondo
nel quale il conformismo dellarte di Stato aveva ingessato
la creazione. Non ignoravano il realismo socialista, tuttaltro.
Alla fine di un percorso cominciato nel 1953 con un coraggioso
articolo pubblicato sulla maggiore rivista dellepoca
da un letterato di secondo piano, passando per una serie di
lotte e processi, tra cui quello al futuro premio Nobel, Iosif
Brodskij, accusato di parassitismo, essi avevano deciso di
violentare la cultura ufficiale, violarne la verginità.
Ma non potevano ignorarla. Il passaggio era obbligato, se
volevano andare oltre, perché larte è
lunga, e il principio di quella strada non lo segna il neofita.
Dan Bronwn ha deciso che Maria è lunica vergine
della sua famiglia. Gesù, il candidato numero due,
aveva una donna, la Maddalena, che gli diede una figlia, divenuta
in qualche modo il Santo Graal. Per difendere questo segreto
sarebbero cominciate le Crociate, nel XII secolo. Da Vinci
Leonardo dovrebbe aver capito tutto e oggi si continua a uccidere
come allora (le crociate), per difendere il segreto. Come
allora? Come Ken Loach? No. La differenza è che in
questo caso si tratta di una storia inventata usando personaggi
realmente esistiti. Proprio il contrario di Loach. Una storia
per consumo e intrattenimento del pubblico, una mistificazione
che miscela la fantasia e trasforma il reale (poco ma fondamentale,
direi portante) in verosimile, che mente sapendo di mentire.
Altro che verginità del realismo socialista! Qui si
tratta di una bagascia che per denaro vende le virtù
altrui. O, forse, non di bagascia si tratta, ma di paraninfo,
di usuraio che per poche ore di lavoro donate allassemblaggio
universale richiede al lettore uno sforzo inusuale per poterlo
evitare, ignorare, dimenticare, cancellare.
Ma se la letteratura mistificata diventa intrattenimento,
cosè il fumetto? Arte minore? Pur sempre arte,
dunque. Ambigua? Per certi versi. Uno dei suoi nomi, per esempio,
si presta a usi indesiderati. S-t-r-i-s-c-i-a la notizia.
Una trasmissione di pettegolezzi. Mondo papero. Mondo cane.
Storia di Mara. Lultimo libro a fumetti di un bravo
disegnatore, Paolo Cossi, anni 26, premio "Rino Albertarelli"
2004 come miglior giovane autore italiano, che quando parla
del suo fumetto dice "il mio libro". Dunque è
un libro. Che, come afferma la fascetta, "si confronta
con gli anni di piombo" e al quale Marcello Buonomo ha
allegato un saggio intitolato La storia difficile.
Questultimo, citando Hannah Arendt, afferma che gli
individui creano il male attraverso un crescendo di particolari
situazioni che sono piccole, banali. La Storia di Mara
conferma, a suo dire, che dal punto di vista storiografico
solo attraverso la ricostruzione delle vite personali di chi
vi ha aderito si possa comprendere nel profondo il fenomeno
sociale delle Br e la sua parabola storica. Questo dice. E
nel fumetto che racconta la sua vita, Mara afferma che per
entrare nelle Br, nella "banalità del male"
(la Arendt, lo ricordo, ne parlava riguardo agli autori dellOlocausto
circa sei milioni di morti), ci si doveva semplicemente
vestire di falsità. Per entrare lì, da dove
non era più possibile uscire. Dunque, in questo fumetto
si fa storia. Dunque, qui si ricostruisce una vita, perché
linsieme delle vite fa la Storia. È la somma
che dà il totale.
Mara è morta nel 1975, credo. Uccisa da un carabiniere,
a freddo, mentre stava con le braccia alzate dopo uno scontro
a fuoco. Il 6 giugno le Br diffusero il seguente volantino,
scritto da Renato Curcio, il marito: "è caduta
combattendo Margherita Cagol Mara, dirigente comunista
e membro del comitato esecutivo delle Brigate rosse. La sua
vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente
per la libertà potrà mai dimenticare [...].
Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti,
ma dobbiamo imparare la lezione di lealtà, coerenza,
coraggio ed eroismo [...]. Che tutti i sinceri rivoluzionari
onorino la memoria di Mara meditando linsegnamento politico
che ha saputo dare con la sua scelta, con la sua vita. Che
mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile!
Noi , come ultimo saluto le diciamo: Mara, un fiore è
sbocciato e questo fiore di libertà le Brigate rosse
continueranno a coltivarlo fino alla vittoria".
Poi vai avanti nella lettura del fumetto e ti accorgi che
Mara non è Mara. Ovvero, è Mara, perché
si chiama così, ma non è morta nel 1975. Si
chiama Mara Nanni, è unaltra Mara. Nelle Br è
entrata nel 1978. È stata arrestata nel 1979. È
stata condannata allergastolo al primo processo Moro,
nel 1981. E poi si è dissociata e la sua pena è
stata ridotta. No. Questultimo particolare il fumetto
lo omette. La storia non è quella che credevamo di
leggere. E non è neanche completa. Non è una
storia. È solo un fumetto. Puff. E non cè
più.
Marco Clementi,
18 maggio
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Dopo
aver immesso il testo di Marco Clementi,
su Storia e fumetti - qui sopra -, abbiamo trovato
su www.carmillaonline.com
la nota Difesa della poesia nel tempo senza poeti di
Mario Benedetti. Ci ha colpito
questo passaggio, per la straordinaria analogia con quanto
sostiene Clementi:
«Ed
esiste il pericolo, dovuto allassenza di controllo
autorevole, condiviso, da parte dellambiente letterario
sul singolo operare, di scrivere chiacchiere personali informi,
discorsi per nulla rinvigoriti e resi legittimi dal rapporto,
che sembra non avere testimonianza, con la lunga tradizione
di testi poetici e teorici. Tanto tutto è permesso,
e tutto è in qualche misura indifferente. Per inciso,
anche il poeta ex-lege si misurava in qualche modo con le
istituzioni letterarie e culturali. Ognuno quindi si dà
la forza che ha, e può solamente credere in se stesso,
ovviamente con enormi dubbi, maggiori rispetto al passato;
prende da dove capita: qualche amico che funge da interlocutore,
ovunque egli abiti nel mondo; letterature le più diverse,
ecc. Ma deve augurarsi che il suo percorso si situi in
qualche modo entro una tradizione, o le tradizioni, magari
operando uno scarto.»
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Su
fumetti e dintorni - vedi il nostro intervento (qui sotto)
come prosecuzione della discussione sul manifesto del 25 aprile
- riportiamo una riflessione di Andrea
Garbuglia:
«Unespressione
che mi ha colpito particolarmente è quella che definisce
la pratica psicoanalitica un "colonialismo della mente
e della memoria". Condivido in pieno questa definizione,
ma credo anche che oggi il vero colonialismo della mente
e della memoria sia quello attuato dalla televisione.
Faccio un esempio. Qualche anno fa mè capitato
di entusiasmarmi nel cantare canzoni di vecchi cartoni animati
insieme a ragazzi provenienti da tuttEuropa (in particolare:
inglesi, tedeschi, svedesi, spagnoli). Dopo i primi minuti
di euforia dettata dalla scoperta di avere una memoria comune,
e dallinstaurazione di un primo contatto con persone
che fino a qualche momento prima neppure conoscevo (quando
si dice che bere ha una funzione sociale!) mi sono reso conto
della gravità della situazione: non ceravamo
mai visti eppure "mamma televisione", per quanto
discreta possa essere stata negli anni Settanta e nei primi
anni Ottanta, aveva provveduto a farci avere, a nostra insaputa,
un background comune. Ma questo background va molto più
in là del semplice "aver visto la stessa cosa"
e lentusiasmo lo dimostra. Il background fornitoci dalla
televisione ci coinvolgeva emotivamente, simbolicamente, direi
ontologicamente. Mi spiego.» [continua
nella scheda del libro Antologia
critica del sistema delle stelle, di Felice Accame]
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Abbiamo
ricevuto
Da: X Y
Oggetto: manifestando...
Data: 18 maggio 2006
Ciao,
voglio intervenire e polemizzare sulla questione del manifesto,
che conoscendo il fantomatico L., l' ho trovata assurda e
ingenerosa nei toni nei modi e anche nei luoghi (che a vostra
stessa ammissione creano brutte abitudini, sarebbe stato di
maggiore propositività incontrare il diretto interessato
invece che stigmatizzarlo ed esporlo enormemente).
Entrando nel vivo della polemica, in effetti nei video e nelle
immagini dei giorni di liberazione la prospettiva è
diversa, ed è giusto ed ovvio che così sia,
infatti la prospettiva è un termine che indica genericamente
ogni sistema di rappresentazione dello spazio che la sensibilità
dei vari momenti del gusto o dei vari artisti ha impiegato
nelle diverse epoche.
Voi cercate forse la vostra generazione, quella di genova
69, che è stata sicuramente più generosa nei
più svariati aspetti : politico, musicale, perfino
underground, il manifesto menzionato fa un salto nel futuro
ad un altra genova trent'anni dopo, che piaccia o meno non
si può nemmeno essere cinici, cercando i fiordiciliegio
in mezzo alle macerie.
X Y
Abbiamo risposto
Caro X Y,
ringraziamo per la lettera perché ci permette di tornare
sul tema e riformulare meglio il nostro pensiero, visto che
non siamo riusciti a spiegarci. Fermo restando il diritto
di ognuno di continuare a pensarla come vuole, ma non quello
di ignorare o falsificare il pensiero altrui.
1. il contendere non è tra noi e l'autore del manifesto
ma tra soggetti politici perché Odradek accusa - non
più e non tanto lui, ma coloro che hanno approvato,
e poi entusiasticamente difeso il manifesto -
a. di aver occupato abusivamente l'immaginario collettivo,
b. di aver fatto una operazione revisionistica, tanto pericolosa
quanto inconsapevole.
Accusa poi sostanziatasi con quella di anticomunismo viscerale
e strisciante, per lo meno riguardo ad alcuni degli interventi.
Avevamo visto giusto. Dopo nemmeno una settimana ci riprovano
i Modena City Ramblers, sulla cui operazione revisionistica
spende un'analisi (pippa mentale?) Marco
Clementi: pippa riportata infra, in questa bacheca.
1.1 Se io sono un autore di avanguardia e metto in scena l'Amleto
ambientato nei docks del porto di New York, o l'Edipo
a Corviale, mi rivolgo a un pubblico ristretto proponendo
una lettura decontestualizzante volta a sottolineare quello
che, secondo me, permane di quelle opere a distanza di secoli.
Un'operazione consapevole, tutta interna a una tradizione
culturale e condivisa con il mio pubblico.
Altra cosa è se la Rai la passa in prima serata. Altra
cosa ancora se io continuo ad ambientare nei docks Troilo
e Cressida, Giulio Cesare, Romeo e Giulietta,
Machbeth, Re Lear e via scespirando.
"Insomma, se la borghesia fa i baffi alla Gioconda, se
si cortocircuita da Dada all'Oulipo, lo fa avendo ben presente
un processo, standoci dentro. Ma anche Bogdanov, Prolet'kult
e i futuristi russi. Ma se lo fanno questi, è populismo
artistico ("adesso tocca a noi fare i baffi alla Gioconda").
Con una differenza che loro non colgono: hanno sostituito
il processo con il mercato", avevamo già commentato.
Esagerazioni? Delirii? Ma no, perché la realtà
s'incarica continuamente di superare la fantasia più
sfrenata. Il Corriere della sera ha cominciato a pubblicare
i Classici della letteratura: venti opere a fumetti disneyani.
Tutto vero, il primo ce l'ho qui e lo sto sfogliando: I promessi
Paperi e I promessi Topi (per la par condicio). Forse lei
non si rende conto della devastazione dell'immaginario: tutti
i personaggi femminili della letteratura mondiale avranno
le sembianze di quella fatua frigida di Paperina o, a caso,
di quell'arpia di Minnie. E non solo le sembianze, ma le emozioni,
i sogni, e perché no? la Weltanschauung, già
che ci siamo. Per non parlare dei loro "uomini":
rispettivamente un isterico inconcludente, e un servo allineato.
La risposta dell'Occidente ai musi gialli?
1.2 Insisto, perché l'enumerazione, in certi casi,
vale di più di qualsiasi formulazione astratta: Paperino
Don Chisciotte, Paperino di Muenchhausen, ma ci si rende conto?
in questi due casi, la parodia di una parodia! E poi Paperodissea,
Papergulliver. Chi se ne frega di Piccole Papere, o della
Leggenda di Papertù: protestino i fasci.
(Già, i fasci, una volta erano soltanto loro la feccia
che si permetteva di inventarsi storie e culture, mescolare
utopie e ucronie, il mago Merlino e il santo Graal, Evola
e Biancaneve, Celti e Nibelunghi, gnomi e signori degli anelli,
Druidi e la romanità di cartone. Si diceva, poverini,
respinti dalla realtà, dalla scienza e dalla storia,
che altro possono fare. Forzano i miti oppure se l'inventano.)
Ma è annunciato anche un Topolino in Relitto e Castigo,
Lo strano caso del dottor Paper e di Mister Paperyde...
Insomma, la letteratura come parodia. Questo è il punto,
e il punto di svolta. I giovani, la vostra generazione non
esiste più in quanto tale. Come soggetto. E'
e viene trattata come pubblico, come oggetto passivo
da manipolare senza troppe resistenze. E infatti il Corriere
della sera offre la sua mercanzia mica ai bambini, ma ai propri
lettori. Che poi sono i fans del Bagaglino o dei Guzzanti
(o dei cento o mille altri comici generici, imitatori, intrattenitori,
ecc che imperversano nelle tante trasmissioni di satira: ogni
canale ne ha una), cioè di coloro che si sono incaricati
di trasmutare la tragedia in commedia, le contraddizioni in
giochi di parole, i conflitti in farsa, le figure sociali
in macchiette. Questo vuole il pubblico.
Mi spieghi lei perché. A chi giova. Che cazzo avranno
mai da ridere. Come quella signora, la Dandini, che ride sempre.
Come i ragazzi del camion. Si chiama rictus, e non
ha nulla a che fare con l'allegria.
1.3 Qualcuno, per amor di polemica, potrebbe obiettare: meglio
Paperopoli liberata e Paperin furioso, tanto, chi leggerebbe
mai il Tasso o l'Ariosto. Mi hanno detto che uno ha già
fatto i Grundrisse a fumetti. Posso pure provare a sceneggiare
la Teoria generale di Keynes, ma resto dell'idea che sia merce
avariata, come
le polpette di Cremonini. A parte il fatto che cercare di
personificare un'equazione economica potrebbe avere la sua
grandezza, e in subordine utilità. Ma caricaturare
un personaggio letterario è disumanizzarlo. Continuo
a credere che L'uomo senza qualità sia intraducibile
in swahili, o la Fenomenologia dello spirito in romanesco.
Musil e Hegel non ci guadagnano; lo swahili non so, ma il
romanesco ne risulterebbe violentato.
Chi ci perde sicuramente è - come vogliamo chiamarlo?
- l'utente, il consumatore, il fruitore, la cavia a cui è
stato pervertito il gusto, e il senso critico. O no?
2. Si rende conto, l'autore del manifesto, che lui si è
limitato a porre acriticamente il dato di un pubblico senza
anticorpi, indifeso a qualsiasi attacco politico, culturale
e ideologico? Si rende conto che la sua operazione, è
la stessa - anche se di portata infinitamente più modesta
- di quella fatta dal Corriere della sera?
Eppure appartiene a una generazione che si dice sensibile
al mantenimento della biodiversità, critica degli Ogm,
cioè della selezione capitalistica del materiale genetico,
attenta al multiculturalismo. Tuttavia sembra non cogliere
l'attacco micidiale che viene portato alle loro identità
con la distruzione delle
diversità culturali, cioè storiche, con la manipolazione
dell'immaginario - cioè di quel materiale ereditario,
passibile sì di incroci e modificazioni, ma che una
volta che sia stato sussunto dalla logica della valorizzazione
capitalistica, proprio come gli Ogm, non è più
in grado di riprodursi autonomamente. Scherzando, ma neanche
tanto, si potrebbe dire che vi preoccupate (giustamente) molto
di quel che avviene dentro i pomodori ogm e poco o nulla di
quel che viene fatto nella vostra testa, all'immaginario che
vi viene offerto e che voi assumete e riciclate.
3. La Genova a cui abbiamo fatto riferimento è quella
del luglio 1960 (e non del 1969) in cui una generazione di
pischelli prendeva il testimone da quella precedente, con
gli stessi ideali, ma differenziandosi perché indossava
le magliette a strisce di moda proprio quell'anno. Insomma,
genere prossimo e differenza specifica. Come sempre, fino
all'avvento della globalizzazione, cioè dell'egemonia
del più forte imposta a una sterminata moltitudine,
pacificata, sostanzialmente immemore, ma ilare.
Ora so che hanno vinto, senza colpo ferire.
Se lei o qualcun altro vorrà replicare avrà
riscontro. Ma tenendo presente la circostanza per cui lo sviluppo
della polemica ha individuato nuovi terreni di confronto,
e nuovi attori. Dall'autore del manifesto siamo passati alla
sua generazione, per poi riconoscere che anche questa è
in realtà solo un'apparenza, quasi un pretesto, e che
sotto c'è ben altro: l'essere, non tutti ma troppi,
ridotti allo stato di pubblico indistinto e senza età.
Parliamo di questo.
Buona fortuna.
Odradek,
19
maggio
Ora
non manga più niente
Il dibattito che si è acceso in seguito alla pubblicazione
sul sito di Odradek di una dura recensione riguardante il
manifesto del 25 aprile è stato interessante e istruttivo.
La manifestazione di fiero anticomunismo di taluni ("VOI
siete il motivo per cui continuo a festeggiare il 25 aprile,
ma non sarò mai comunista, né rosso, né
sinistronzo come VOI"), e la pretesa di vietare a chi
dissente la possibilità di esporre il proprio pensiero
("purtroppo internet concede libertà anche ai
poveracci come voi"), hanno caratterizzato una parte
della polemica.
Si
tratta della manifestazione evidente di un fenomeno complesso,
che si è ripetuto, a distanza di pochi giorni e nel
corso di una ricorrenza che qualche cosa in comune con il
comunismo laveva, ossia durante il concerto del primo
maggio. Il gruppo rock dei Modena City Ramblers ha eseguito
la nota canzone di Paolo Pietrangeli "Contessa",
ma lo ha fatto a modo suo. Nuovi gli arrangiamenti, e fin
qui nulla da eccepire, ma nuove anche le parole, e ciò
qualche problema lo crea. La parte "Compagni dai campi
e dalle officine/prendete la falce e portate il martello/scendete
giù in piazza e picchiate con quello" è
diventata: "Compagni precari e sottopagati/prendete la
falce e mostrate il martello/scendete giù in piazza
a manifestare". Inoltre la frase "ma se questo è
il prezzo vogliamo la guerra/vogliamo vedervi finire sotto
terra" è stata cassata.
Alle
perplessità di Pietrangeli, uno della band, Davide
"Dudu" Morandi ha risposto così: "I
versi sono brutti? Questione di gusto. Comunque giudicherà
il pubblico. A me personalmente non piaceva la versione originale
di Contessa, soprattutto per quello che riguarda la musica".
Ora, lo si può dire, non manga più nulla.
Latteggiamento di Morandi ("questione di gusto")
somiglia molto al "non vi piacciono i Manga? E chissenefrega",
del primo anticomunista supra citato. Aborrisco lespressione.
Il "ce ne freghiamo" lo usavano i fascisti, ma,
appunto, chissenefrega! Il perché ciò accada
è presto detto. Oggi non interessa più il passato
se non nella sua discontinuità, nella soluzione di
continuità data non dagli avvenimenti ma dalla volontà
del singolo suo lettore e interprete. La realtà come
volontà e rappresentazione, appunto, ma onanistica,
speculativa quel minimo che serve alla realizzazione del compitino
da svolgere per la ricorrenza, e del resto ce ne freghiamo!
Se il camion del manifesto per il 25 aprile "va",
e non "viene", se le persone raffigurate sopra sono
degli ebeti, se il futuro è qualcosa di indefinito
tanto quanto il passato, chi se ne frega. Mi piace, mi serve,
ora si fa così. E se lautore di una canzone di
protesta, appunto, protesta contro la revisione arbitraria
di un suo testo, beh, sai che ti dico, giudicherà il
pubblico, che magari comprerà il cd. Il pubblico, il
mercato, la panacea del presente.
Qui giungiamo al punto, che è lincomunicabilità
tra le generazioni. Nulla a che vedere con il passato, quando
esse si scontravano, quando luccisione del padre era
il punto di partenza per sentirsi un uomo e assumersi le proprie
responsabilità. Oggi il padre si manda semplicemente
a fare in culo. Morirà a tempo debito, io non mi sporco
più le mani. Nellimmaginario collettivo il passato
è diventato come internet. Vi entro, mi prendo qualcosa
da una parte, qualcosa che mi piace perché mi piace,
lo riporto al presente, con le dovute modifiche, e si è
pronti per il consumo.
Questo modo di procedere sottintende necessariamente linsofferenza
di fronte alle critiche, che non sono PROPRIO previste perché
la decontestualizzazione offre implicitamente la possibilità
di chiunque di dire qualcosa. Perché, allora, criticare?
Dì la tua cazzata, io ho detto la mia. Sì, ma
unaltra.
Accanto allintolleranza per le critiche, molto fascista,
lanticomunismo diventa un elemento di supporto quasi
necessario nel senso che esso rappresenta la via duscita
più comoda dal necessario confronto con il capitale.
Ma questa generazione è prima di ogni altra cosa la
figlia legittima del capitalismo multinazionale che ha azzerato
il passato e omologato il presente. Può mai combatterlo?
Continua a guardarsi lombellico, dove ha inserito un
bel piercing, e ora chiede il salario minimo garantito per
il non lavoro. Il conflitto salario-capitale non interessa
più. Il capitale ha vinto, e in molti hanno già
fatto una scelta, definitiva, seppur di comodo.
Marco Clementi,
13 maggio
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Tutto
è cominciato da questo post(er)
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Mangava
solo questo
Questo,
ancora mangava!
Lautore ... lho cercato alla manifestazione ...
Ma poi ho desistito. Perché ho fatto qualche domanda
in giro, per es. a una ragazza con gli occhi tondi, tondi
ed eccitati proprio come quelli delle "persone"
raffigurate nel poster, e lei del poster non ne diceva che
bene, e se lo rollava per portarselo a casa. Eccola, la memoria
divisa; è memoria che si divide.
È un processo, inarrestabile, una deriva che spacca
il paese e che allontana le generazioni come sempre,
si dirà ma che ora, con la velocità dei
cambiamenti in atto, produce fratture irreparabili. E il poster
la rappresenta.
Il
camion non viene, ma se ne va, carico di personaggi che l'autore
ha tratto dal suo immaginario - "come può, come
sa", si diceva di un'altra generazione: quella delle
magliette a strisce -, fatto di figure semplici, quelle
dei cartoons giapponesi e dei manga. Figure decontestualizzate,
buone per altre storie, per ogni storia. Le loro facce sono
stupite e onnipotenti, sono le facce sorridenti di una generazione
che èsoda, di una generazione che esorcizza il passato,
anzi che non ce ne ha uno. Finalmente? Di una generazione
che non ha prodotto nessuna cultura, ma proprio nessuna, ma
che le ha accolte e metabolizzate tutte, ma proprio tutte.
Una fogna di generazione, è il caso di dire. Il camion
va, e loro guardano indietro; forse come il Goofus bird
a loro non interessa dove andranno a sbattere, ma ciò
da cui si allontanano. E forse cantano di navi spaziali, di
robot e di rassicuranti galassie.
Giuseppe
Genna su www.carmillaonline.com
(Disuniti, 12 aprile) invitava a lavorare sull'immaginario
devastato da venti anni di televisione con massicce bordate
culturali. La vedo disperata. Tuttavia, qualcuno spieghi a
questa generazione, non dico la nozione di "tensione
essenziale", ma più semplicemente che con Photoshop
è possibile trattare e assemblare immagini fotografiche
per produrre un proprio e originale sistema di segni, il cui
significato sia offerto consapevolmente. Ma l'autore è
riuscito soltanto a raccapezzare quelle facce. Spero si metta
alla guida del camion e le porti lontano, molto lontano.
Odradek,
25 aprile
Non
è passata inosservata questa nostra nota. Accanto messaggi
del tipo
Caro
Odradek, leggo il suo commento al manifesto grafico dedicato
a "25 Aprile Resistenza è Liberazione". Solidarizzo
con la sua bile, con il suo fegato, con il suo intestino e
con il suo emisfero destro.
ne
sono giunti altri che richiedevano chiarimenti, come quello
di Stefano
Mi
spieghi in sostanza cosa vuoi dire?
cioè l'argomentazione non è molto chiara...
perché nell'articolo io personalmente non ho capito
qual è la o quali sono le critiche mosse contro il
poster. Non è che le discuto, critico, non è
che ho detto a me piace, non polemizzo: non ho proprio capito
qual è in sostanza il nodo del contendere, cos'è
che vi turba.
Ma
anche ben tre che invece contestavano risolutamente, nel merito
e nella forma, la nostra nota. Diamo loro spazio.
COMPLIMENTI
A ODRADEK, non capite davvero una mazza!
In riferimento alle BOIATE presenti sul vostro sito: avete
ben osservato quel manifesto sul 25 aprile? Avete ben guardato
le espressioni e le caratterizzazioni dei personaggi? L'attenzione
ai dettagli e ai colori? Non credo proprio, siete solo dei
poveracci rimasti agli anni 70, cioè all'età
della pietra. Non vi piace il manifesto? Non ne parlate o
ditelo in due righe, a che serve farsi le pippe mentali? Non
vi piacciono i Manga? E chissenefrega, non sono certo il tema
del manifesto. ... VOI siete il motivo per cui continuo a
festeggiare il 25 aprile, ma non sarò mai comunista,
né rosso, né sinistronzo come VOI. Superficiali,
incolti, pregiudizi viventi verso le altre generazioni, questo
è l'esempio che avete sempre dato, complimenti ancora
per l'ignoranza, boicotterò a vita le vostre pubblicazioni,
ma tanto a VOI che vi frega, chiusi come siete nei vostri
circoletti di quartiere poco vi importa che qualcuno di pensiero
diverso si confronti con le vostre squallide e trite idee.
Spero che il mondo vi sputi in faccia,
XXX
PS: PRIMA DI PARLARE, DOCUMENTARSI!
Ci
siamo affrettati a rispondere. Così:
Egregio
XXX, accanto ai tanti apprezzamenti ci è giunto il
suo vivace messaggio. Ci piacerebbe pubblicarlo sia per la
radicalità della critica sia perché ci sembra
illustrare efficacemente l'incomunicabilità tra culture
diverse.
Chiediamo quindi il suo assenso - naturalmente senza il suo
indirizzo e-mail (e, se crede, senza nome o con un nome di
fantasia). Nulla ci vieta di farlo, ma se non ci perverrà
il suo assenso non lo faremo.
Grazie.
XXX
ci ha prontamente e cortesemente risposto:
"Egregio"
ci chiamate qualcun altro, è un appellativo ministeriale
che ben si addice alla vostra linea editoriale. Inutile dirvi
che non avete certo bisogno del mio assenso per pubblicare
quello che volete sul vostro sito, purtroppo internet concede
libertà anche ai poveracci come voi. Parlate di incomunicabilità
e siete i PRIMI a chiudervi in serraglio, a rendervi impermeabili
alla REALTA'. VOI avete più di 50 anni e VOI avete
fatto il mondo così come ce lo siamo ritrovato noi
"pischelli", ora vi chiedo, con chi dovete prendervela?
Con noi? Con i Manga? Con la musica che non capite? Fate come
vi pare e firmatemi pure... RANXEROX
C'è
poi Genea che scrive:
Volevo
chiedere, come mai nell'home page del vostro sito c'è
un pippone assolutamente incomprensibile su un manifesto del
tutto innocuo e a mio avviso ben disegnato? Inoltre, lei lo
sa cosa sono i manga? Perchè da quel che scrive sembra
che lei non ne sappia proprio un accidente.
Ah sì, dimenticavo, è la MIA la fogna di generazione,
siamo noi quelli che non sanno niente. Quelli che non hanno
creato niente e non si inventano niente, sembra di sentir
parlare i vecchi che dicono che la musica è stata creata
tutta negli anni '70 ed è finita lì. Ma forse
siete ancora troppo impegnati a litigare tra chi di voi è
più leninista e marxista per accorgervi che il mondo
è andato benissimo avanti senza di voi. E di sputasentenze
che non sanno cosa dire ne abbiamo abbastanza.
P.s. vi ho un po' sputtanato anche sul mio blog, www.geneastgenea.splinder.com
senza rancore.
Genea
C'è
infine Alessandro R. che, essendo stato l'unico che si è
firmato, si è meritato una risposta articolata che
vale anche per gli altri. Sul rozzo anticomunismo diffuso
nelle tre lettere di "dissidenti" si dovrà
ritornare. Questa cultura giovanile è autenticamente,
visceralmente anticomunista. È un fatto che rallegrerà
taluno, e preoccuperà qualcun altro. Così è.
oggetto:
resistenza e liberazione fuori dal comunismo...
Gentile
redazione della Odradek,
vi scrivo perché all'indignazione è subentrata
la tristezza, non appena ho letto un breve ma significativo
redazionale sul vostro sito dal titolo "Mangava solo
questo". E' facile travisare quando si ha la percezione
alterata e quando il punto di vista è uno solo, vale
a dire quello di chi ha ragione a tutti i costi e di chi ha
sempre e solo visto rosso. Il tentativo di modificare il significato
del manifesto sulla liberazione è alquanto patetico,
antistorico e privo di qualsivoglia fondamento. I personaggi
non si stanno allontanando, ma si dirigono, come chi conosce
la storia, verso un futuro incerto e insieme ricco di speranza.
Se il 25 aprile ha liberato il nostro Paese dalla piaga fascista
e dal regime totalitario, ha sicuramente fallito nel facilitare
lo scambio e il dialogo e persone retrograde come voi ne sono
la testimonianza. La ricorrenza che più di tutte vuol
dire libertà è oggi calpestata non dalle infami
dichiarazioni di quel bovaro di Calderoli, non dalle sparate
di quel trombone di Feltri, ma dalla profonda scarsità
di contenuti degli interventi di chi, come voi, dovrebbe tenere
a mente gli insegnamenti della resistenza, di chi si è
battuto per un libero pensiero. E' pacifico che le generazioni
debbano in qualche modo scontrarsi tra di loro, ma non è
legittimo attaccare senza conoscere e in questo caso, cari
signori della Odradek, avete raggiunto il punto più
basso della discriminazione e della critica coi paraocchi.
Non sto qui a spiegarvi le norme stilistiche ed estetiche
del fumetto cosiddetto "Manga", totalmente estraneo
all'illustrazione incriminata che piuttosto si rifà
a criteri "underground" e minimalisti con risultati
grotteschi nella resa espressiva e nel tratto. Né,
anche se ne avreste bisogno, voglio farvi una lezione di disegno,
fumetto o di comunicazione, desidero unicamente farvi notare
che non solo l'autore del manifesto non è in nessun
modo identificabile con il vostro immaginario "Hannibal",
ma anche che ha interpretato a suo modo la gioia della celebrazione
di un atto rivoluzionario che ha cambiato in meglio le sorti
della Nazione. Detto questo, non credo che siate minimamente
in grado di comprendere la cultura contemporanea, tanto più
se vi rivolgete ai più giovani come a una "generazione
della fogna". Complimenti per il vostro atto barbarico,
di critica insensata e biecamente partigiana, di isolamento
culturale e di chiusura mentale. E' questo che rappresentate
e null'altro. Il vostro apporto alla società odierna
è pari allo zero spaccato. Ormai sappiamo tutti che
per quelli come voi, giudici impazziti della diversità,
la rivoluzione è semplicemente la sostituzione di uno
standard al quale adattarsi. Mi auguro vivamente che nessuno
possa mai darvi retta, mi vergogno per voi e per chi vi conosce.
Alessandro R.
Caro
R.,
ai tanti messaggi di adesione si sono aggiunti tre messaggi
vivacemente discordanti, ma che sembrano essere in intelligenza
tra loro per via di alcuni riferimenti all'autore.
Il suo merita una risposta, innanzitutto perché è
firmato. Già, perché questa generazione, allineata
e coperta, ama l'anonimato che, sarà d'accordo, tutto
comporta meno che l'assunzione di responsabilità.
Il relativismo dei punti di vista - in questo caso, però,
delle generazioni - non è una novità.
Sono stati addirittura i Sofisti, contemporanei di Socrate,
a porre il problema.
Nel testo poi si fa riferimento ai "ragazzi con le magliette
a strisce", i ragazzi che nel 1960 a Genova impedirono
il congresso del MSI, vestiti con le magliette che andarono
di moda proprio quell'anno.
Ogni generazione ha il diritto-dovere di interpretare il presente,
"come può, come sa", con frizioni, lacerazioni
e momentanee rotture con la generazione precedente. La quale,
peraltro,
ha il diritto di marcare la differenza, di protestare, insomma
di dialettizzarsi.
Fin qui, tutto bene. Poi una mattina, uno si sveglia e trova
il poster che abbiamo riprodotto. L'unico elemento di continuità
con la Resistenza è rappresentato dal camion "partigiano".
Tutto il resto risulta come una inaccettabile e arrogante
occupazione dell'immaginario, riconducibile alla devastazione
culturale cui è stata sottoposta l'ultima generazione
di venti-quarantenni.
Arrogante occupazione, benché inconsapevole, dal momento
che questa vostra generazione, cresciuta nel pensiero unico,
nel primato delle immagini, nel pervasivo e totalizzante mondo
mediatico non ha riferimenti "altri", non ha dubbi.
E così prende il camion e lo fa andare via - le foto
dei camion della Resistenza ritraggono camion che arrivano
-, verso un orizzonte nero e senza speranza.
Per lei è sufficiente che non vada verso il comunismo.
Lo carica di una "moltitudine" tratta dal mondo
dei fumetti giapponesi. Non sto a ripetere i passaggi che,
nel testo di Odradek, insistono sulla generale estraniazione
che il poster rappresenta, anche perché, se lei appartiene
a quella generazione, se non li ha capiti prima non li capirebbe
ora.
E allora? Tanti sono i paradossi apparenti in questo mondo,
ma questa è una contraddizione reale.
Non se ne esce. A un reale aumento, esponenziale, della complessità
le "moltitudini" reagiscono con la semplificazione,
si rassicurano falsificando il fatto storico togliendogli
gli abiti del tempo (ma questo sarebbe il meno, anche se l'ignoranza
è sempre un difetto), ma soprattutto non riescono a
ricontestualizzare un conflitto storico, ad attualizzare la
resistenza. Non riescono a indicare nulla di critico o di,
magari ingenuamente, positivo: il camion va verso un orizzonte
nero, e loro, stolidi e inespressivi, ridono.
A parte il fatto che, sugli stessi muri romani è comparso
un manifesto intitolato "La squadra che vince" in
risposta a "La squadra del cuore" dei fascisti.
È la pura e semplice riproduzione di una fotografia
che ritrae partigiani in formazione che sparano. Se l'immagina
lei un consimile manifesto affidato alla matita di
quello che continuo pudicamente a chiamare con un nome inventato
- come sono usi fare i giornalisti alle
prese con i protagonisti di episodi particolarmente scabrosi?
Si potrebbe lavorare ancora sull'ipertrofico primopiano, sulla
prospettiva scelta, sugli scarni particolari, ma insomma,
l'autore non è Cranach, e potrebbe anche offendersi
per l'accanimento critico-estetico.
Nei tre messaggi critici pervenuti - tra i quali il suo è
sicuramente il più civile - ricorre la critica dell'intolleranza.
Vede, anche chi scrive è cresciuto a fumetti; ebbene,
se poi gli è capitato di pervenire alla loro critica
radicale, al riconoscimento dell'effimero acritico di cui
sono portatori, della loro carica
omologante e decontestualizzante, allora risulta incongrua
la riprovazione di cui dovesse essere fatto oggetto.
Perché chi scrive non è semplicemente portatore
di una visione diversa, ma uno che ha faticato a vivere la
sua generazione, ne ha trangugiato veleni ed elisir, per giungere
a riconoscere una visione più complessa.
Il diverso sono io. Ma non perché appartengo alla generazione
precedente. Per quelli della mia generazione non provo alcuna
complicità.
Perché dovrei giustificare chi si rinserra in una bolla
angusta? chi si dilata artificialmente la coscienza anziché
potenziare l'intelligenza? chi si riconosce in un conflitto
generazionale anziché in una contrapposizione culturale
e politica?
A
lettera dura ma civile, risposta civile e non particolarmente
dura.
Se
qualcuno avesse trovato troppo dura, o magari incomprensibile,
la nostra risposta, è vivamente pregato di andarsi
a leggere la Lettre
à nos parents
proprio in homepage, nella colonna di sinistra. I giovani
francesi sono della medesima generazione di quelli italiani.
Ma quale differenza!
Su
Indymedia sono comparsi messaggi di insulti - oddìo,
qualcuno ci difende - così abbiamo pensato di diramare
questo comunicato.
Comunicato
Il manifesto della manifestazione per il 25 aprile a Roma
è stato stampato in migliaia di copie e visto da centinaia
di migliaia di persone.
Odradek, che è un soggetto politico collettivo, riproduce
sul suo sito limmagine del manifesto accompagnandola
con una nota critica, molto critica, rivolta al proprio
pubblico. Insomma, è come interloquire con uno che
urla al megafono.
Sono giunti messaggi di apprezzamento e tre messaggi molto
duri che rigettavano le critiche.
Sono stati riportati sul sito e, alla lettera che proponeva
un ragionamento, pur tra durissimi apprezzamenti, si è
risposto in maniera articolata, e tale risposta la si può
trovare sul sito.
Ciò che ci ha colpito e allarmato è il tenore
radicalmente anticomunista di questi messaggi.
Che un manifesto non piaccia, può certamente dispiacere
al suo autore e ai suoi amici; che il significato del manifesto
risulti come una forzatura, come unoccupazione indebita
dellimmaginario può essere motivo di acceso dibattito
culturale e politico. Perché le immagini non sono ornamento,
e se sì, anche lornamento è portatore
di ideologia.
Ma non ce la facciamo a discutere, alla pari, con anticomunisti.
Queste sono frasi estrapolate dai tre messaggi:
-
VOI siete il motivo per cui continuo a festeggiare il 25 aprile,
ma non sarò mai comunista, né rosso, né
sinistronzo come VOI
- purtroppo internet concede libertà anche ai poveracci
come voi
- il mondo è andato benissimo avanti senza di voi
- resistenza e liberazione fuori dal comunismo...
Frasi nelle quali cè un riferimento adolescenziale
a una libertà senza limiti, e in cui il comunismo viene
presentato come il limite più pericoloso. La libertà
è internet, ma "purtroppo" il prezzo da pagare
è laccesso a chi non la pensa come te. Ma soprattutto,
ciò che colpisce maggiormente è laccettazione
pacificata dello stato di cose esistente: il mondo
è andato benissimo avanti e il 25 aprile è la
liberazione dal comunismo.
Cè un limite tra cultura e sottocultura? Il movimento
è un indifferenziato branco? I soggetti politici devono
essere soggetti responsabili? Ci siamo posti queste domande
nella prefazione alla seconda edizione a "Una sparatoria
tranquilla" la si può trovare su carmillaonline
e di questo vorremmo discutere.
E continueremo a discutere, magari di temi non appassionanti,
come lestetica e la semiotica, ma con soggetti responsabili
e riconosciuti, preferibilmente con chi qualche libro lo legge
e non con chi guarda le figure.
Odradek
Una
replica
Il
2 maggio L. ci ha scritto
una lettera pacata e quasi rattristata che tradiva, forse,
antiche simpatie.
Avete fatto una cosa grave...si poteva anche
dare un giudizio negativo su quel manifesto e su quello stile...un
conto è un parere un'altro un' offesa...la lettera
che avete scritto e pubblicato è veramente squallida,
non è tesa ad aprire dibattito, solo ad offendere...offendere
un percorso fatto da tante anime antifasciste, che fanno attività
nelle scuole superiori parlando di resistenza e di liberazione,
che stanno dentro i quartieri e progettano/resistendo, che
con difficoltà hanno prodotto (insieme a tanti altri)
un 25 aprile che non si vedeva da anni...questa modalità,
fatta di insulti e frecciatine, da parte mia non vi è
permessa...probabilmente il fatto che parte del movimento
romano sia arrabiata con voi non vi importa, avete l'appoggio
delle più alte sfere politiche del paese quelle che
(oggi) aborrono conflitto e contestazione e che non vi dimenticheranno...è
vero...quel camion simpatico e gioioso va e non viene...va
perchè ha tanto da fare...chi si ferma è perduto...e
voi siete sulla buona strada
L.
p.s. mi dichiaro ufficialmente comunista_underground, sempre
che non vi offenda l'accostamento....
Pubblichiamo
la nostra risposta per via di certi spunti teorici, che speriamo
non passino inosservati.
Caro L.,
rispondiamo doverosamente a chi si firma. Anche per rimarcare
che il problema vero è di chi
continua a dichiararsi comunista, più o meno underground.
Sono anni che ci non capita di fare incontri col movimento
romano. Noi editiamo libri, e loro non
leggono. Tutto qui.
Nel nostro comunicato apparso su Indymedia si rilevava un
discrimine, quello sì, grave e su cui
si continua a glissare: un anticomunismo strisciante ed endemico
che non fa fatica a manifestarsi.
La differenza che sta apparendo è la stessa che ha
fatto sfilare il 1° maggio a Milano due
mondi che non tarderanno a confliggere.
Una differenza che "appare" come culturale e generazionale,
ma che sta tutta dentro il salario.
Chi fa conflitto sul salario e le sue forme (dai giovani francesi,
ai precari call center, ai lavoratori
Feltrinelli e Ricordi) finirà
per individuare come proprio limite remoto chi chiede il salario
garantito.
Senza farla troo della bagarre -, ha detto: "Sì,
ma dove sta l'antifascismo?". Il tecnico della comunicazione,
stabilito che il tema non è stato centrato, e appreso
ppo
lunga (distribuzione primaria e distribuzione secondaria del
plusvalore),
eccolo il punto vero: gli attori del conflitto, la quantità
del contendere e le forme della contesa.
Quanto ci vorrà perché questa frattura risulti
evidente?
Personalmente, poi, e sempre in questa prospettiva, non credo
più ai percorsi di quartiere.
Temo che ben presto, tali percorsi, si arresteranno davanti
al municipio di appartenenza.
Chi erano, gli Assalti frontali a cantare: "Vogliamo
denaro, denaro..."?
Come è fin troppo chiaro, l'antifascismo non c'entra
per nulla; nemmeno nel manifesto.
Presi da scrupolo, abbiamo convocato un professionista della
comunicazione pubblicitaria. Gli abbiamo mostrato il manifesto
che teniamo in evidenza in redazione. Ritenendo fosse da noi
apprezzato - e ignaril
retroscena ci ha tenuto una dotta lezione sui manga (a casa
abbiamo una bibliotechina di volumetti che i figli hanno sfogliato
a man bassa) e soprattutto sulla tecnica dei fumetti giapponesi
e sulla loro genesi.
Tranquillizzandoci.
Il tragico manifestarsi di una frattura non può essere
aggirato con una illazione che non troviamo nemmeno offensiva,
ma semplicemente incomprensibile. Quali sarebbero "le
più alte sfere politiche del paese" che ci appoggerebbero?
Basta ripeterlo, e diventa una leggenda metropolitana.
Se ci si riferisce alla terza carica della Repubblica, è
possibile trovare - sul sito, nello Zibaldone - tre note molto
recenti (messe lì, scanso equivoci, prima delle elezioni)
su Bertinotti, di quelle che non ammettono interlocuzione.
Non viene in mente altro. Possiamo essere aiutati a capire?
Nella speranza di essere stati comprensibili, ringraziamo
dell'attenzione.
Buona fortuna.
O.
# # #
# # #
*
Fascismo russo - La Russia sta attraversando un periodo
difficile per diversi motivi. La spinta verso la democrazia
ha perduto consistenza e i partiti politici, così come
lopinione pubblica, non riescono più a incidere
sulle decisioni del governo. Questo, guidato con mano ferma
da Putin, ha scelto un vicolo cieco che lo ha portato a un
grave scollamento dalla società allinterno, chiudendo
il paese in un isolamento internazionale senza precedenti
dai tempi dellinvasione dellAfganistan (quella
sovietica). Con luscita di scena di Berlusconi, inoltre,
Putin è rimasto senza lunico amico fidato in
Europa. Tutto ciò ha come grave conseguenza quella
di aver esposto il paese ai devastanti effetti collaterali
della globalizzazione. La Russia, infatti, è attualmente
teatro di due fasi diverse della guerra civile globale. Una,
piú nota, si sta svolgendo in Cecenia. L´altra,
ancora in fase ascendente, si svolge nelle grandi cittá
del paese, San Pietroburgo e Mosca innanzitutto, dove milizie
armate neonaziste compiono omicidi a sfondo razziale e politico
contro stranieri e russi antifascisti che lavorano nel campo
della difesa dei diritti civili. Lultimo omicidio, avvenuto
in una stazione della metropolitana di Mosca, risale alla
settimana scorsa, ma lelenco è lungo, in particolare
a San Pietroburgo, dove a cominciare dal 2003 sono decine
i casi di violenza a sfondo razziale.
Il primo omicidio, una bambina di 6 anni uccisa durante laggressione
di due donne con le quali attendeva un treno in una stazione
periferica, è del 21 settembre 2003. Il 9 febbraio
2004, al grido "la Russia ai russi" è stata
assalita una famiglia tagika di fronte a un noto negozio del
centro. La figlia di 9 anni è morta in seguito a ferite
da arma bianca. Il 13 ottobre è caduto lo studente
vietnamina Vu-An-Tuan, colpito da 37 coltellate. Il
13 novembre 2005 di fronte alla stazione centrale di Pietroburgo
è rimasto ucciso il militante antifascista e musicista
rock Timur Kacharava, assalito da un gruppo di 12 neonazisti.
Il 24 dicembre 2005 è stato freddato il camerunense
Leon Kanchem e il 7 aprile 2006, infine, alle 5,30 del mattino,
mentre tornava da una discoteca con un gruppo di amici è
stato ucciso con un colpo di fucile alla gola Sall Samba Lampsar,
attivista dellorganizzazione Africa Unita. Sul luogo
del delitto gli agressori hanno lasciato larma con incisa
una svastica.
"Memorial", una delle ONG maggiormente impegnate
nella denuncia del neonazismo, asserisce che il fenomeno è
in continuità con la storia recente russa e sovietica.
Il terrore, che prima era prerogativa dello Stato, sarebbe
passato nelle fila della società che combatte una guerra
intestina finalizzata alla distruzione della convivenza civile.
Si tratta di una spiegazione che tende a ripetere lo stesso
errore della politica putiniana, ossia isolare la Russia dal
resto del mondo. Gli stessi neonazisti, del resto, si esprimono
in forma diversa a proposito delle loro azioni. Essi non hanno
mai rivendicato un omicidio, ma hanno pubblicato su Internet
alcune "Istruzioni sul terrore da strada" a cura
del Partito della libertà. In esse si legge quale deve
essere larmamento (asce, coltelli, martelli, una corda
con cui immobilizzare la vittima al collo), dove colpire (stomaco,
collo, gambe), in quanti agire (tre se contro uno, cinque
contro due e sette contro tre), come cominciare (la sorpresa,
ovviamente, è considerato il primo elemento per il
buon esisto dellaggressione). Vi si legge, però,
anche che non si tratta propriamente di una "giostra
cavalleresca" ma di una vera "guerra partigiana",
e come tale va intesa, preparata e combattuta. Si consigliano,
perciò, i partigiani neonazisti di non bere alcolici,
non guardare la tv, se non i telegiornali, e di comportarsi
in ogni occasione in modo da essere degni di appartenere alla
razza dei bianchi.
Dopo luccisione di Lampsar un giornalista ha chiesto
ai telespettatori di un noto talk show di rispondere alla
seguente domanda: si è trattato di uno sparo "contro
di me", o "per me", intendendo con la seconda
risposta di essere daccordo con lomicidio. Il
13% dei telespettatori che hanno preso la linea ha risposto
"per me". Si tratta di una percentuale altissima,
che dovrebbe preoccupare seriamente le autorità, qualora
fossero interessate a reprimere il fenomeno. Ieri, 23 aprile,
giorno di pasqua per gli ortodossi, gli occhi di Putin, fermi
e inespressivi come sempre, osservavano il vice ministro degli
Interni riferire sulla situazione durante uno degli incontri
settimanali organizzati per la stampa. Nessun commento, né
da parte del presidente, né da parte dei giornalisti.
Tanto per non smentire la natura nazionalistica dellamministrazione,
invece, dal 2004 è stata aggiunta una nuova festa al
calendario in sostituzione della festa per la rivoluzione
bolscevica: il 4 novembre, giorno della liberazione del Cremlino
dalloccupazione polacca. Avvenuta nel 1612!!!
In Russia è ufficialmente aperto un nuovo fronte della
guerra civile globale. Il processo di atomizzazione e controrivoluzione
violenta della società operato dalla globalizzazione
sta facendo tabula rasa di solidarietà, impegno sociale,
complessità, lasciando ampi spazi agli estremismi neoliberali,
rappresentanti in Russia dai partigiani neonazisti. Laggressione
imperialista dellIraq ha contribuito enormemente alla
realizzazione di questo nuovo clima e la guerra infinita di
Bush sta diventando uno dei prodotti vincenti dellexport
statunitense, aquistando nuove forme a seconda dellapprodo.
Emuli della politica americana, un po scomodi perché
troppo spicci nei metodi, i neonazisti portano nelle strade
della Russia la battaglia finale per la civiltà e la
vittoria contro il diverso, il possibile potenziale terrorista,
lattivista per i diritti civili, lessere pensante
socialmente impegnato.
Un adesivo attaccato in diversi luoghi pubblici della città
ritrae una donna nuda riversa in terra. La scritta dice che
in Cecenia negli ultimi dieci anni una donna su tre è
stata violentata e una su dieci uccisa. E San Pietroburgo,
si chiede il volantino, tu pensi che sarà tranquillo
per sempre?
MC,
15 aprile 2006
Avevamo
scritto:
Sul
voto del 9 e 10 aprile
Bisogna
dire che questa volta i destra e sinistra per me pari
sono non si sono fatti vedere troppo in giro, quelli
che invitano allastensione sempre-e-comunque, gli indignati
in spe, gli àpoti, i prezzoliniani che la sanno lunga,
gli scettico-moralisti, i Franza o Spagna, basta che
se magna, quelli della zona grigia che se ne stanno
dietro le persiane
, o preferivano il mare alla montagna...
Tuttavia
sono tanti, e a loro è rivolto lappello di Giorgio
Nebbia e Pier Paolo Poggio al quale diamo, pur non essendo
fanatici "appellisti", la nostra adesione, convinti
che la prospettiva di diventare lArgentina o la Jugoslavia
(o tutte e due) è più angosciosa di un voto,
poniamo, alla Rosa nel grugno.
A
caldo - sono 19:48 del 10 aprile -, la maggiore soddisfazione
è che gli infiltrati della Rosa non sono arrivati al
3%, Bobo non si sa dove è finito, e i fascisti sono
regrediti. Il resto, sono lacrime e sangue. Come promesso
da Standard & Poors.
# # #
###
Il
Corriere della sera ha tirato una volata particolare
in chiusura di campagna elettorale. Sergio Romano e Aldo Cazzullo
hanno rilasciato negli ultimi giorni alcune pagine che meritano
qualche parola. L´ambasciatore elencava in un fondo
dedicato a Berlusconi i meriti e demeriti dell´ex presidente
del consiglio. Tra i primi, quello di essere stato determinante
alla polarizzazione dello spettro politico, l´uomo del
bipolarismo. Effettivamente lo stadio attuale dello sviluppo
capitalistico, il sistema geoeconomico globale, necessita
di uno spettro politico che appaia il più razionale
possibile. Dunque, il bipolarismo come un must del
neoliberismo. Ma Berlusconi è un eversivo liberale,
o un liberaleversivo, come sta dimostrando in queste ore.
Dapprima ha violato le leggi e l´Italia con le sue televisioni,
quindi l´ha spaccata con il suo ingresso in politica,
poi violentata cambiando la costituzione, quella uscita dalla
Resistenza. Ha realizzato quasi completamente il programma
della loggia massonica P2, a cui era peraltro iscritto.
Aldo Cazzullo, da parte sua, commentando il raduno fascista
di Roma a pochi giorni da voto, quello con i camion scoperti
pieni di camicie nere, stigmatizzava la rozza adunata ma concludeva
il suo articolo con un pensiero alla Resistenza. Ecco il passo:
Viene in mente una citazione meno magniloquente, la
risposta del partigiano Johnny, eteronimo di Beppe Fenoglio,
al fascista che gli chiede: "Che farete ragazzi dell'
Italia?". "Una cosa alquanto piccola, ma del tutto
seria". Sessant' anni dopo, si può riconoscere
che l'obiettivo è completamente mancato.
Ha tutta l´aria di essere, questo pensiero di Cazzullo,
un deliberato, e alquanto gratuito attacco alla Resistenza.
Se lo può permettere, mi chiedo, parlando di un´adunata
fascista?
MC, 15 aprile 2006
###
Commarismo,
malattia senile del femminismo.
Ci giunge questo messaggio compiaciuto da un indirizzo mittente
di partito di sinistra, frazione italiana della sinistra europea,
sia pure da un coté esplicitamente femminile:
"Sapete che di solito non giro mai nulla, ma questo è
troppo bello! Cris".
La webmastera, ancorché moderatora si suppone
aggiunge: "Copio la frase di Cristina, vale anche
per me, è troppo bello davvero. Linda".
Da non credere. Lho fatto leggere alle prime tre donne
che ho potuto pregare di scorrerlo sopra le mie spalle: non
lhanno trovato per niente bello, sono fuggite inorridite.
Su una notazione sono state unanimi: un testo così
potrebbe averlo scritto solo la Mussolini. Lo stesso indirizzo
mittente mi aveva invitato a una giornata di studio contro
il patriarcato. Mi spiace di non essere andato; probabilmente
avrei scoperto il commarato.
Il testo allegato è quello che si riporta.
MASTER
PER UOMINI
L'importo dei corsi è da calcolare in base alle effettive
necessità, si offrirà uno sconto per chi vorrà
frequentare tutti i corsi. Obiettivo pedagogico: corso di
formazione che permetta agli uomini di sviluppare quella parte
del cervello di cui ignorano l'esistenza.
Programma: 4 moduli di cui uno obbligatorio.
Modulo 1: corso obbligatorio
1. imparare a vivere senza la mamma (2000 ore)
2. la mia donna NON è la mia mamma (350 ore)
3. capire che il calcio non è altro che uno sport (500
ore)
Modulo 2: vita a due
1. avere bambini senza diventare geloso (50 ore)
2. smettere di dire cretinate quando la mia donna riceve i
suoi amici (500 ore)
3. vincere la sindrome del telecomando (550 ore)
4. non faccio pipì fuori dal water (100 ore + esercizi
pratici con video)
5. comprendere che le scarpe non camminano mai da sole fino
alla scarpiera (800 ore)
6. come arrivare fino al cesto dei panni sporchi senza perdersi
(500ore)
7. come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare
Modulo 3: tempo libero
1. stirare in due tappe una camicia in meno di due ore (esercizi
pratici)
2. digerire senza ruttare mentre lei lava i piatti (esercizi
pratici)
Modulo 4 : Corso di cucina
Livello 1 (principianti): gli elettrodomestici:
ON acceso
OFF spento
Livello 2 (avanzato): la mia prima quick soup senza bruciare
la pentola.
Esercizi pratici: far bollire l'acqua prima di aggiungere
gli spaghetti.
TEMI DI APPROFONDIMENTO
A causa della complessità e difficoltà di comprensione
dei temi trattati i corsi
avranno un massimo di 8 iscritti.
TEMA 1: Il ferro da stiro: dalla lavatrice all'armadio, questo
processo
misterioso.
TEMA 2: I rischi di riempire il portacubetti di ghiaccio.
(dimostrazione con supporto di diapositive)
TEMA 3: Tu e l'elettricità: vantaggi economici del
contattare un tecnico
competente per le riparazioni (anche le più elementari).
TEMA 4: Ultima scoperta scientifica: cucinare e buttare la
spazzatura
NON provoca né impotenza ne tetraplegia (pratica in
laboratorio).
TEMA 5: Perché non è reato regalarle fiori anche
se sei già sposato con lei.
TEMA 6: Il rullo di carta igienica: "Nasce la carta igienica
nel
portarullo?"
(Esposizioni sul tema della generazione spontanea)
TEMA 7: Come abbassare la tavoletta del bagno passo passo.
(Teleconferenza con l'università di Harvard)
TEMA 8: Perché non è necessario agitare le lenzuola
dopo aver emesso gas intestinali.
(esercizi di riflessione in coppia)
TEMA 9: "Gli uomini che guidano possono chiedere informazioni
ai passanti quando si perdono,
senza il rischio di sembrare impotenti?"
(Testimonianze)
TEMA 10: I detersivi: dosi, consumi, applicazioni pratiche
per evitare danni irreparabili
alla casa.
TEMA 11: La lavatrice: questa grande sconosciuta.
TEMA 12: Differenze fondamentali tra il cesto della roba sporca
e il suolo.
(esercizi in laboratori di musicoterapia)
TEMA 13: L'uomo nel posto del passeggero:
"E' geneticamente possibile non parlare o agitarsi convulsamente
mentre lei parcheggia?"
TEMA 14: La tazza della colazione: lievita [leggi: lèvita]
da sé fino al lavandino?
(Esercizi diretti da David Copperfield [che infatti non è
un cuoco])
TEMA 15: Comunicazione extrasensoriale:
Esercizi mentali in modo che quando gli si dice che qualcosa
è nel cassetto dell'armadio
non domandi: "in quale cassetto e di quale armadio?"
Invito a considerare lelaborato come una proiezione
al fine di risalire alla figura sociale chiamiamola
così che lha ispirato. Non penseranno
mica le signore di cavarsela dicendo che era uno scherzo.
Se lo scherzo è un momento della negatività,
la negatività da cui risulta è particolarmente
deteriore, ma soprattutto residuale e scarsamente significativa,
se non in qualche piega della società. Basta andare
al mercato o aggirarsi tra bagno e cucina per sapere che linadeguatezza
è trasversale tra i sessi.
La prima notazione è che, ormai, la politica si fa
sghignazzando, e ridono, ridono sperando che le loro risate
seppelliscano qualcuno. Gli opinion maker più
accreditati sono i fratelli Guzzanti figli di Paolo
, tale Vargassola e cento altri di cui non so il nome.
Ah, la Littizzetto so chi è, e le signore vi si ispirano,
credo. Ogni canale televisivo ha la sua trasmissione di satira.
E Pippo Franco sarà senatore. Orbene, la mia generazione
aveva imboccato, magari controvoglia, la strada angusta e
mortificante del politically correct, così che
anche molti fascisti sono stati indotti a non ridere più
in pubblico di ebrei, negri, pazzi e donne. Nemmeno la vicenda
delle vignette su Maometto sembra aver insegnato qualcosa.
Nella fattispecie, che dovrebbero fare gli uomini che dovessero
leggere il testo sopra riportato? Ingegnarsi a compilarne
uno corrispondente? Non è difficile immaginarsene uno,
o cento.
La seconda è che la tragica incomponibilità
dei generi che la lotta di classe ha disvelato e che
solo grazie ad essa può trovare un progressivo e storico
superamento in virtù dellautonomizzazione
dei generi così concepita e perseguita da Cris e Linda,
degrada in macchiettismo, in giustapposizione di espèces,
in bovarismo politico. Una piccola borghesia egemone e asfissiante,
querula e petulante, compiaciuta della propria medietà,
rassicurata da qualcuno sul fatto che le classi non esisterebbero
più, si autopromuove a classe generale
e dichiara la guerra tra i sessi. Non in mio nome.
Bachemaster, 1° aprile 2006.
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IL
CAIMANO
Né dannoso, né utile
alla campagna elettorale della sinistra, che è inesistente
nel film appena uscito nelle sale italiane, Il Caimano
è un film coraggioso, ma riuscito a metà. Una
buona regia, infatti, non riesce a recuperare i tanti, troppi
limiti che la pellicola presenta. Anzitutto, manca una vera
storia. I protagonisti sono Silvio Orlando, produttore di
film apprezzati negli anni settanta in Italia dai fascisti
e riproposti con successo solo nella Polonia del post-comunismo,
dove è giunto il peggio della cultura occidentale;
Margherita Buy, sua moglie, per alcuni anni attrice in quegli
stessi film, quindi tornata alla prima passione, la lirica.
Una giovane regista, Jasmine Trinca, autrice della sceneggiatura
del Caimano, il film su Berlusconi, che è
lesbica e con una figlia concepita in Olanda, tutte notizie
che nelleconomia della pellicola non hanno alcuna utilità.
Quando si apre la scena, Orlando e Buy sono in crisi senza
un motivo apparente. Poco dopo si separano, ma lo spettatore
continua a restare alloscuro del perché. I figli,
di nove e sette anni, non sono sconvolti più di tanto
dalla notizia, che non li cambia affatto. Si tratta forse
dellincomunicabilità di questa Italia berlusconiana?
Siamo in piena sociologia, ma possibile che in un paese nel
quale si fa tanto ciarlare, spesso inutilmente, non ci sia
nulla da dire su una separazione? Ma, colpo di scena, è
solo grazie alle conseguenze della separazione che Orlando
riesce a trovare i soldi necessari alla produzione del film
sulluomo di Arcore. La separazione appare necessaria
non in funzione della coppia (del primo film), ma di Berlusconi-Caimano
(il film nel film); la separazione è il vero deus ex-machina.
Geniale, sebbene molto forzato.
Berlusconi, dal canto suo, è il deus ex-machina di
Orlando-produttore. Grazie alla sceneggiatura del Caimano,
infatti, avviene la palingenesi del personaggio che, fallito
nella vita e nel lavoro, diventa lunico produttore,
in Italia, che ha il coraggio di un lungometraggio sul presidente
del consiglio.
Ma che pellicola è, Il Caimano-film nel
film? Da una parte è la vera storia del nostro presidente
del consiglio, fedelmente raccontata grazie alla lettura filologica
del berlusconismo (citazioni tratte da suoi discorsi, interventi
parlamentari, dichiarazioni di fronte ai giudici), dallaltra
è lipotesi di un colpo di stato nel caso di una
sua condanna da parte del Tribunale di Milano, lunico
oppositore vero del berlusconismo nel vuoto lasciato dalla
sinistra in fuga.
La storia e la realtà si intrecciano con la fantasia,
i fatti sono distorti da unipotesi e il film, che non
è un documentario, non ascende pienamente alla categoria
di cinema dautore.
Eppure, pur non essendo un grande film, resterà una
delle più importanti testimonianze dellera che
stiamo vivendo. Unera nella quale lopposizione,
abbandonata sullasfalto, è stata raccolta da
un cineasta.
Il 10 aprile forse avremo un nuovo governo. Immeritatamente.
MC, Cosenza.
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MEMORANDUM
tratto
da
www.adolgiso.it
Conflitto
dinteressi.
Ecco alcune leggi che lo hanno favorito sul piano giudiziario
e lo hanno reso più ricco.
Legge sulle rogatorie internazionali che le rende più
complesse;
Depenalizzazione del falso in bilancio nella disciplina
dei mercati finanziari;
Legge Cirami sul legittimo sospetto;
Lodo Schifani sulla sospensione dei processi ad alte
cariche dello Stato;
Legge Frattini sul conflitto dinteressi;
Legge ex Cirielli che accorcia i termini di prescrizione
di molti reati;
Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento;
Abolizione della tassa di successione e donazione per
i grandi patrimoni;
Scudo fiscale;
Condono fiscale;
Decreto spalma-debiti per le società sportive;
Legge Gasparri di riforma del sistema radiotelevisivo
nazionale;
Decreto Salva Rete4;
Norme sul digitale terrestre che finanziano la vendita
di decoder.
Dati.
Alcuni dati raffrontati fra il 2001 (anno della vittoria di
Berlusconi) e lanno 2005.
Pil: 2001 = + 1,7%; nel 2005 = 0,0% (Fonte Istat)
Produzione industriale: 2001 = - 0,6; nel 2005 = -
1,8 (Istat)
Occupazione: 2001 = + 2%; nel 2005 = + 0,9% (Fonte
Eurostat)
Occupazione al sud: 2001 = + 2,3%; nel 2005 = - 0,3%
(Eurostat)
Competitività dellItalia: 2001 = 32°
posto; nel 2005 = 53° (Fonte Word Economic Forum)
Saldo bilancia commerciale: 2001 = + 9.233 mln. _;
nel 2005 = -1o368 mln _ ( Istat)
Delitti denunciati: 2001 = 2.163.826; nel 2005 = 2.415.023
(Istat)
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Antiamericani?
Perbacco, e perché mai?
Che cosa cè dietro il rettangolo che abbiamo
posto a nascondere il soggetto della foto, insomma la foto
intera, lo si può trovare su www.carmillaonline.com,
sito da cui labbiamo ripresa, e che a sua volta l'ha
ripresa da Fucked Up, a cura di Gianluigi Ricuperati,
postfazione di Marco Belpoliti, edizione BUR.
Proviamo a dirlo: il genere prossimo sono i cadaveri fotografati
allinterno dei Lager, la differenza specifica è
la partecipazione dei soldati dellesercito degli
Stati uniti, il loro coinvolgimento attivo. Nella foto si
vede una testa mozzata che guarda, sì guarda, un arto
con tanto di scarpa e calzino e un avambraccio disposto accanto,
mentre una mano, distaccata anchessa, indica non si
sa cosa. Guarda, la testa, perché è costretta
a guardare: una mano guantata di soldato la volge; oppure
la sta disponendo opportunamente per costruire una originalissima
natura morta, o still life come amano dire nella
loro lingua.
Credevamo di aver raggiunto il fondo con il nazismo. Lorrore
è appena cominciato. Più di ieri, meno di domani.
Ma sì, un nazista potrebbe proporre ai consumatori
una pubblicità comparativa mostrando congiuntamente
una qualsiasi delle tante foto di cadaveri riprese in uno
dei tanti Lager.
Da una parte, lorganizzazione dellorrore, la banalità
del male amministrato da incoscienti ed efficienti ragionieri,
senza partecipazione. Dallaltra, giovani con alle spalle
migliaia di ore di film nei quali il corpo umano non è
altro che un insieme di pezzi pronti a distaccarsene per dar
vita a composizioni sempre nuove, ancorché cromaticamente
povere.
Se qualche embedded eccepisse che forse si tratta dei
resti di qualche resistente che si è fatto saltare
in aria, ebbene non coglierebbe, lembedded, la
mancanza di pietas, e comunque di rispetto e nel contempo
la familiarità con lassenza di limiti. Se
questo è un uomo.
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I
polli e Giordano Bruno
Il 17 febbraio scorso a Roma, sotto la statua di Giordano
Bruno, la mattina
durante il mercato mentre una quindicina di persone deponevano
fiori al
monumento, si e' avvicinata una intervistatrice della Rai,
seguita da una telecamera,
con un microfono in una mano e un pollo di plastica molliccia
nell'altra.
Voleva intervistare i presenti per sapere se mangiassero polli,
ancora prima
di informarsi su chi fossero.
Mentre l'aiutante si informava su cosa significasse Gamadi
[Gruppo Atei Materialisti Dialettici], il sottoscritto ha
dichiarato che gli atei mangiano tutto
perché non hanno regole alimentari, un altro ha osservato
che l'accostamento
del pollo arrosto con il rogo di Bruno era un ottimo scoop,
e la presidente
dell'associazione ha dichiarato che non intendeva parlare
con la Rai. Sono
fuggiti a gambe levate e non sono tornati piu'.
F.R.,
2 marzo
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Secondo lanci di agenzia, pare che il pur
insipido Boselli abbia dichiarato:
«Noi non ci siamo fatti promotori di una campagna
per togliere i crocifissi perché riteniamo che la questione
debba prima
maturare nelle coscienze del Paese al fine di evitare che
possa essere
fraintesa come una sorta di campagna a favore dell'ateismo
di massa...
Mi ha fatto una certa impressione che l'onorevole Bertinotti,
un libertario
che non si proclama liberale, abbia sostenuto che non va tolto
il crocifisso
ma vanno aggiunti altri simboli religiosi
L'incongruenza
di questa affermazione
dovrebbe apparire evidente. Innanzitutto, per quanti simboli
si vogliano aggiungere non si riuscirà mai a soddisfare
la totalità dei cittadini, considerando anche che
vi sono persone che non hanno alcun culto religioso. Al fondo
di questa
presa di posizione, io rintraccio una vera e propria adesione
ideologica
allo Stato pluriconfessionale, invece che allo Stato laico
Da ciò discende la conseguenza che per assicurare la
libertà di insegnamento non bisognerebbe difendere
la centralità della scuola pubblica ma ed è
un po' come quando si vorrebbero allineati tanti simboli religiosi
avere tante scuole di confessioni diverse».
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da il manifesto del 30 ottobre2005
L'orizzonte
limitato del petrolio
Geologi contro economisti e ingegneri al convegno sulle
priorità energetiche globali da sottoporre alle scelte
dei "decisori politici". Ma il futuro è grigio
FRANCESCO PICCIONI
INVIATO A RIMINI
Dove diavolo andremo a finire, tutti noi? Il paradiso è
fatto di business as usual, consumi crescenti, aumento della
produzione di combustibili fossili ed emissione di gas serra
in quantità devastanti. L'inferno, al contrario, ha
il volto della carenza di energia, che si porta dietro la
decrescita economica, la crisi, le guerre per il controllo
delle riserve, la disoccupazione di massa e la fame. Punti
di vista opposti, incompatibili, ma, al dunque, in qualche
misura catastroficamente sovrapponibili. Che si sono trovati
per la prima volta riuniti intorno allo stesso tavolo - in
Italia, almeno - al convegno mondiale in corso a Rimini, promosso
dal Centro Pio Manzù. Questa è la novità
principale. Fin qui, infatti, nel dibattito italiano aveva
vissuto una sola posizione: il petrolio non mancherà
mai, o almeno non per i prossimi 40 anni. Quella opposta aveva
trovato spazio solo in ristretti circoli scientifici e su
pochi giornali (il manifesto, più recentemente Liberazione,
qualche articolo sparso). Il tabù è stato rotto.
Ora si può - si deve - prendere in seria considerazione
l'ipotesi, calcolabile, che i combustibili fossili stiano
arrivando molto vicini al "picco" della loro produzione.
Che non significa "fine", ma solo "massimo
della produzione possibile". Ed è la situazione
che sembra in atto sui mercati petroliferi, dove -ormai da
mesi - "la produzione non riesce più a tener dietro
alla domanda". Facendo così salire il prezzo del
greggio alle stelle.
Hermann Franssen, presidente dell'International Energy Associates,
ex economista capo della Iea (Ocse), ha fatto da mediatore
tra le previsioni opposte di Colin Campbell - geologo, per
40 anni al lavoro con Texaco, Bp, Amoco, Fina, ora responsabile
dell'Association for the Study of the Peak Oil (Aspo) - e
altri esperti di assoluto valore, come Marcello Colitti, per
cui invece "è solo questione di prezzo e di investimenti".
La posta in gioco è orientare le scelte dei "decisori
politici": le immense risorse finanziarie che possono
essere investite per soddisfare il crescente bisogno di energia,
come vanno investite? Esponenti di entrambe le tendenze -
a riprova del fatto che la divisione non corrisponde a quella
politica fra destra e sinistra) hanno rispolverato l'opzione
nucleare. Anche perché le "fonti rinnovabili"
sono un po' da tutti considerate belle, ma ancora "troppo
costose" e comunque "con un rendimento troppo basso"
perché possano sostituire fossili o nucleare. Su tutta
la discussione, però, pesa l'inconoscibilità
del dato fondamentale: quanto petrolio è rimasto sottoterra?
E in che proporzione è con la quantità che abbiamo
già consumato? Paesi produttori e compagnie petrolifere,
sul punto, custodiscono i dati come un segreto militare. Anche
se ora, dice Campbell, alcune delle prime, cominciano a rilasciare
"dati veri". Per niente allegri.
Ma non è stato affrontato solo l'aspetto" fisico".
anche economia e finanza hanno avuto il loro palcoscenico,
soprattutto in veste di imputati. In primo luogo, per il peso
della "speculazione"; ma soprattutto per la noncuranza
della teoria economica nei confronti dei "limiti"
fisici di un pianeta che tutto è fuori che "infinito".
Per un economista il gioco tra domanda e offerta si risolve
sempre con la produzione "ottimale" di una merce,
specie quando la domanda "tira". Per un fisico,
o un geologo - e comunque nella realtà - la domanda
può "tirare" quanto gli pare; se una fonte
naturale "non riproducibile" finisce, non c'è
nulla che possa rigenerarla.
Un vero capolavoro di critica dell'economia Usa - il baricentro
di quella globale - è venuto inaspettatamente dal banchiere
e ricercatore Chris Sanders, originario di Dallas. "C'è
un'ampia esperienza sull'esaurimento del petrolio. Quando
la produzione interna Usa ha raggiunto il suo picco, nel 1970,
abbiamo avuto come reazione la fine degli accordi di Bretton
Woods e del gold standard. Cioè la fine dello stato
di diritto nella finanza internazionale". E' caduto allora
"il ponte tra oro e dollaro", e "dai vincoli
della trasparenza si è passati all'opacità",
all'"arbitrio" giocato su "regole e regolucce
aggiustabili a seconda delle necessità". In questo
quadro sregolato, la "fine del petrolio a basso costo"
viene vista come l'esito di una scommessa nel gioco d'azzardo:
"è andata male, ora bisogna raddoppiare".
E allora via con le "delocalizzazioni". Ma, si chiede
Sanders e tutti noi con lui: se il prezzo del petrolio crescerà
in modo inarrestabile, a che prezzo dovremo riportarci a casa
le merci prodotte altrove? Ed è solo una delle tante
variabili dell'equazione energetica che pesa sulle prospettive
dell'economia globale.
COLITTI "Speculazione, non scarsità"
Il punto di vista di un dirigente storico di Eni e Agip
FR. PI.
Marcello Colitti ha i tratti del grande vecchio un po' alla
Einstein: abbigliamento "fuori ordinanza", cappello
a larghe tese, un papillon multicolore e un'innata comunicativa
che lo rende immediatamente simpatico. Ha lavorato all'Eni
dal 1956, è stato presidente dell'Enichem e vicepresidente
dell'Agip. E' uno dei consulenti più ascoltati nel
settore del petrolio. I recenti turbamenti del mercato, secondo
lui, dipendono dal "ruolo centrale assunto dai mercati
finanziari" anche nel settore energetico; organismi che
sono solo "alla ricerca dell'utile immediato e che stanno
prendendo il ruolo che prima era dello stato". Fino alla
follia degli analisti che considerano "virtuose"
le società che "con i profitti fatti ricomprano
le proprie azioni per sostenerne i corsi, invece di procedere
con nuovi investimenti produttivi". In tal modo, dice,
"il denaro non va a salari e investimenti, ma al risparmio
finanziario"; così "la produzione e la domanda
ristagnano". Nei mercati "emergenti", ricorda,
sono finiti "310 miliardi di dollari"; ma per "il
75% sono stati investiti in azioni". La speculazione
finanziaria, insomma, ha gonfiato i corsi del mercato petrolifero,
considerato "prima poco redditizio", creando il
paradosso per cui le società che meno investono nella
produzione accumulano ritorni e profitti altissimi. E' "una
situazione che nessuno controlla più, nemmeno gli Usa".
E fa degli esempi chiarissimi. "La British Petroleum
ha nominato un amministratore delegato che viene dai telefoni.
Non sa nulla di petrolio, è evidente, ma decisamente
sa molto di mercati finanziari".
Tuttavia non vede problemi "fisici" sul mercato,
né accetta l'idea che si stia in prossimità
di un "picco" della produzione petrolifera. "E'
solo questione di prezzo e di investimenti", perché
"la produzione è vicina alla capacità massima",
specie se si guarda "alla fase della raffinazione".
Ma su questo versante numerosi altri mutamenti si sono verificati
nel corso degli ultimi 30 anni. I paesi del Golfo prima "investivano
all'estero" (chi ricorda i "petrodollari"?),
mentre ora tendono a investire soprattutto nel proprio territorio.
Un esempio, ancora, è l'Arabia Saudita, passata negli
ultimi 30 anni da 7 a 22 milioni di abitanti; e che ha quadruplicato
l'utilizzo in loco del petrolio (da mezzo a due milioni di
barili al giorno, mbg) senza aumentare davvero la produzione
totale (intorno ai 10 mbg).
Ma il problema, per Colitti, prima ancora che finanziario
"è politico": "chi governa cosa?".
Annuisce con forza quando Franssen ricorda che "se il
barile resta intorno ai 70 dollari, il deficit Usa di parte
corrente salirà presto a un trilione di dollari".
Una cifra "insostenibile, perché gli Usa sono
un acquirente sul lungo termine, e a lungo andare uno degli
equilibri che tengono in piedi questa situazione verrà
a cadere". Ancora più insostenibile è quel
prezzo per i "paesi emergenti": come reagiranno
quando vedranno che non possono più sperare di raggiungere,
causa il prezzo dell'energia, il nostro standard di vita?
Ed è un problema politico anche stabilire con certezza
"quanto petrolio c'è ancora". Per lui, infatti,
esiste soltanto "la difficoltà di fare una mappatura
precisa, perché i governi non accettano di far fare
verifiche indipendenti sulle proprie riserve"; ma "non
c'è un problema di scarsezza". E quando, su nostra
domanda, si arriva a soppesare il valore delle "sabbie
petrolifere", anche qui trova conferma alla sua tesi:
"è una risorsa lenta, ma reale; estrarla è
solo questione di prezzo". Ottimista irriducibile, Colitti
prende in giro tutte le previsioni: "perché, lei
sa quand'è che morirà?". Ma qui non stiamo
parlando delle sorti di un individuo, ma di quantificare la
dimensione di una risorsa fisica. Di limiti, insomma, relativamente
indifferenti alla politica.
CAMPBELL
"Il picco si sta verificando ora"
La produzione è ormai vicina al suo limite massimo
FR. PI.
Colin Campbell, geologo irlandese da sempre nel settore petrolifero,
ha la pazienza di chi crede senza mediazione "nei fatti"
ed è abituato da anni a veder sbeffeggiate le proprie
previsioni dagli economisti e "dagli ingegneri petroliferi".
Salvo poi prendersi grandi soddisfazioni, come quando un altro
professore, nella sala del Teatro Novelli, si alza per ricordare
che "nel 1996 lei disse che nel 2005 il prezzo del greggio
sarebbe arrivato tra i 70 e i 100 dollari". Come sappiamo,
è arrivato a 71 un mese fa. Non è l'unica, e
ricorda quando, da giovane "esploratore" per conto
della Bp, trovò una promettente area all'interno della
Colombia; la compagnia preferì investire per cercare
il greggio in zone più vicine al mare a ai porti, senza
trovarne. 25 anni dopo, un'altra società scavò
dove lui aveva detto, con grande successo. E' per questo che
la mette giù dura: "i re ascolteranno adesso i
navigatori (gli scienziati, ndr) o ancora i monaci (ingegneri
ed economisti che `hanno fede' nell'inesauribilità
a medio termine del petrolio, ndr)?". Così come
quando, alla fine del Medioevo, si discuteva ancora se la
terra fosse piatta o tonda.
Se la prende con gli economisti, incapaci a suo giudizio di
accettare o concepire la "finitezza" delle risorse
non riproducibili; cita Adelman, che avrebbe scritto "i
minerali sono inesauribili". Nel tentativo di spiegare
gli alti prezzi del greggio, per esempio, "il geologo
dice che sono stati violati dei limiti fisici", mentre
"l'economista dice una volta che mancano gli investimenti,
un'altra che c'è la guerra, un'altra ancora che è
colpa degli uragani". Riassume il tutto in un concetto:
"è una diatriba tra dottori e guaritori. Da chi
vi fareste curare?".
I suoi dati sono impietosi. Le "stime sulle riserve"
fornite dai paesi produttori sono "gonfiate" a partire
dalla metà degli anni '80, con improvvisi aumenti non
corroborati da nessuna scoperta di nuovi giacimenti di grandi
dimensioni. La "fede" nelle capacità taumaturgiche
delle "nuove tecniche di estrazione" è immotivata,
perché "tecniche più efficienti aumentano
la produzione entro una certa quantità di tempo, e
quindi esauriscono più velocemente i giacimenti".
La "fede" in "altri 40 anni di petrolio"
è dovuta a un calcolo elementare che le compagnie propongono
al pubblico: dividono le "riserve stimate" (gonfiate)
per il consumo annuo attuale. Un doppio errore, perché
con la crescita economica aumentano anche i consumi di greggio;
e perché nessun giacimento può mai essere sfruttato
"fino all'ultima goccia". Buona parte rimane irrangiungibile,
sotto terra. Invita a guardare ai tassi di scoperta di nuovi
giacimenti: il "picco", qui, c'è stato alla
fine degli anni '60; da allora se ne scopre sempre meno. Dall'inizio
degli anni '80 la quantità dei consumi è superiore
a quella delle scoperte.
E' il fondatore e coordinatore dell'Aspo, l'associazione che
studia il "picco" della produzione petrolifera,
e quindi è obbligato a rispondere alla domanda che
un po' tutti gli fanno: "quando ci sarà il picco?".
La risposta non piacerà a nessuno: "quest'anno".
Come se ne esce, se ha ragione? "Si tratta di una condizione
senza precedenti", perché "davanti al declino
di una risorsa per la prima volta non ne abbiamo una migliore
a disposizione". Per questo propone una serie di misure
chiamate "Il protocollo di Rimini", secondo cui
bisognerebbe tagliare le importazioni di greggio al tasso
del 2,6% l'anno, convincere i produttori ad accettare verifiche
scientifiche sulle proprie riserve, investire in altre fonti
energetiche (anche lui cita il nucleare). Altrimenti "rischiamo
di prendere anche noi posto nella serie delle specie fossili
per eccesso di adattamento all'era del petrolio". Pure
ironico, l'irlandese.
da
il manifesto del 14 ottobre
Atenei
in offerta speciale
Studenti contro il "tre più due", le tasse
alte e una formazione ormai svilita FRANCESCO
PICCIONI
Aria nuova, comunque sia. Arrivi tra questi
nuovi studenti e molti degli schemi mentali che ti porti dietro
risultano abbastanza fuori luogo. Non è il `68, tantomeno
il `77, e pure la Pantera sembra un film d'altri tempi. Di
prima mattina c'è chi dipinge striscioni all'ultimo
minuto, discutendo in circolo cosa metterci sopra. Più
in là un ricercatore precario ha portato una lavagna
sulla scalinata del Rettorato e tiene lezione a una sessantina
di ragazzi; un insieme molto variegato. Parla di struttura
ed età media dei docenti (alta), trova l'applauso con
una notazione che sembra banalmente giovanilista ("si
capisce che a volte vi annoiate"). Poi butta lì
le date in cui la metà dell'attuale corpo docente andrà
in pensione (per il 2017) e svela il nocciolo segreto, il
vero buco nero, della lunga riforma dell'università
da Berlinguer-Zecchino a Moratti: "come si fa a sostituire
un'intera classe docente?". Perché "qui si
spezzerà la catena del sapere per una
generazione, ma l'effetto prodotto durerà per un numero
imprecisato di generazioni". Semplice, vero, drammatico.
Pensiero da far volare alto, non si sorride più tanto.
Altro giro, altra facoltà. Due ragazzi sull'ingresso,
dreadlocks e "cannone" in mano, parlano nel megafono
soprattutto delle tasse alte, della necessità di finanziare
l'università, dei "ritmi assurdi tra lezioni ed
esami". Parecchi ragazzi tirano dritto, qualcuno afferra
il volantino. Altri si fermano, si conoscono già. Sulla
scalinata di Geologia trovi ragazzi che vanno più lontano:
"sì, i ritmi sono a volte pazzeschi, ma alla fine
scopri che non hai imparato niente". Il discorso centra
"lo svilimento della formazione", perché
"col `3 + 2' ti può capitare di arrivare al diploma
senza aver mai visto un libro, ma solo
dispense e appunti". Una critica studentesca del "sapere
bignamesco", devo dire, non me l'aspettavo.
Fisica e Matematica hanno aperto la mobilitazione, raccontano.
Lì la "dequalificazione" è stata notata
prima. Sono passati anni dall'introduzione del "nuovo
ordinamento", ma solo ora si è riusciti a capire
che prometteva cose impossibili e "realizza soltanto
un sapere precario". Un ragazzo è drastico: "Fisica
non si può fare con la `formazione professionalizzante'".
Ti chiedi se è un problema sentito solo nelle facoltà
scientifiche, ma un ragazzo ti stoppa subito: "sono arrivato
al quarto anno di filosofia e non ho ancora letto un libro
di un filosofo; solo appunti, paragrafi, capitoletti o citazioni".
Dà l'idea di un sapere che dovrebbe fissarsi nelle
teste senza avere una struttura, un patchwork dall'esistenza
breve. Ricercatori e professori entrano ed escono dai capannelli,
alcuni sono guardati come "leader" naturali della
protesta. E anche questa è una novità. Le divisioni
nel nascente "movimento" non sembrano passare tra
i ruoli all'interno dell'"industria della conoscenza",
ma nel modo di
concepire l'"utilizzabilità" a breve e lungo
termine della conoscenza. "In molte facoltà -
rivela un ricercatore - si sta pensando di tornare al vecchio
ordinamento". Anche perché, interrompe una studentessa,
"i professori all'esame ti devono chiedere se sei col
`vecchio' o col nuovo ordinamento; a seconda della risposta
l'esame diventa approfondito oppure qualche domanda buttata
là, come nei quiz". Un gruppo arriva al grido
di "rompiamo tutto", si piazza dietro il camion
col sound-system e quando parte la musica si mette a ballare.
Altri gruppi si mettono più dietro, con striscioni
anche diversi ("Nessuno difende l'università,
la difendiamo noi"), c'è chi scuote la
testa. Anime differenti che vivono nello stesso luogo la stessa
condizione. Uno della Digos, mezz'età, mentre con i
fotografi siamo fermi a un incrocio, ci butta lì "ah,
i cortei di una volta, tutta un'altra cosa...". Ci sono
occhi che l'aria nuova, per ora, non riescono a vederla.
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Romanzo
(davvero) criminale
Potrebbe
avere ragione Lucarelli, che sul "Manifesto" di
domenica 2 ottobre difende il film di Placido "Romanzo
Criminale" dall'accusa di essere un attacco alla sinistra.
Le polemiche, lo si sa, in Italia durano il tempo di un colpo
di tosse, e questo è un male, almeno in certi casi.
E nel film dura come un colpo di tosse la frase che non va
giù alla sinistra, quella nota
biografica secondo la quale un ragioniere al servizio degli
stragisti di Stato era stato nel movimento studentesco del
1968. Ma, accidenti, nel film c'è ben altro! Anzitutto
un bel cartello come incipit che avverte lo spettatore: nella
pellicola troverà fatti reali. Quindi, in modo
cinematograficamente riuscito, l'intreccio della vicenda "criminale",
con avvenimenti storici non solo, "criminali": il
rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, la strage di Bologna
del 2 agosto 1980, l'attentato a Giovanni Paolo II, la caduta
del muro di Berlino. Ed è con la vicenda Moro che ci
troviamo di fronte a un attacco alla sinistra italiana; la
sinistra rivoluzionaria, violenta, delle fughe in avanti,
ma pur sempre sinistra.
Secondo "Romanzo Criminale", infatti, la banda della
Magliana viene incaricata da un ufficio, (ovviamente non meglio
identificato, probabilmente dello Stato, capite, è
tutto sul "si dice", "sembra che", "il
nome lo dia lo spettatore" ecc.) di trovare la prigione
in cui le Br tengono il presidente della Democrazia Cristiana.
Perché lo si chiede proprio a questi criminali?
Perché allora lo si chiese a tutti? Perché Moro,
si seppe poi, stava alla Magliana? Non ci è dato di
sapere. Comunque, non si sa come, questi trovano l'appartamento
di via Montalcini, e lo comunicano al referente: "Il
mobile che cercate sta dalle parti della Portuense".
Senza ulteriori spiegazioni,
però, l'operazione di liberazione di Moro viene fermata.
Accidenti, viene da pensare, lo Stato sapeva, la Banda della
Magliana sapeva, e nessuno ha fatto nulla, anzi, lo hanno
fatto morire. E le Br (la sinistra rivoluzionaria)?
Semplici manichini. Eppure, a rigor di logica (interna al
film), qualcosa non torna; anzi, non torna nulla. Se, infatti,
la banda della Magliana è incaricata di trovare la
prigione, vuol dire che la stessa non è nota. Ne deriva
che le Br agiscono da sole. Vengono, però, scoperte
(incaute, neanche se ne accorgono), ma poi nessuno agisce.
Lo spettatore capisce: volevano
Moro morto, dunque chi sa non lo libera. Ma se si voleva Moro
morto (sempre secondo il film), perché rischiare di
vederlo comparire di nuovo in Piazza del Gesù, liberato
dai suoi sequestratori? Non era più sicuro fare irruzione
nella base-prigione e far cadere l'ostaggio, colpito per errore
durante il conflitto a fuoco? Ma la logica non conta, in certi
casi.
Per quanto riguarda Bologna, invece, sarò più
breve: la ricostruzione del film scagiona i neofascisti a
oggi condannati. E tanto basta.
MC, 3 ottobre, Roma.
Romanzieri
criminali
Il cinema italiano ha da tempo perso i maestri dell"impegno
civile", quelli di "Mani sulla città"
e "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto".
Su piazza sono rimasti gli epigoni di quarta fila in cerca
di successo. Gente incapace di fare un film guardabile a partire
da una storia originale o da unopera letteraria. Gente
che perciò raccoglie storie dalla Storia per disporre,
senza troppa fatica, di un canovaccio appetibile, già
"noto alle cronache" e quindi ai potenziali spettatori.
La Storia, però, è un oggetto pesante, spigoloso
e "puntuto", dai bordi taglienti. Difficilmente
si lascia manipolare senza ferire qualcuno. Per gestirlo senza
farsi male i "nostri" debbono avvolgerla in bozzoli
confortevoli, in manicotti di bambagia, edulcorando il giusto
e sacrificando sempre il "fatto" alla fantasia,
il "vero" al "possibile".
La solita accoppiata diessina Rulli e Petraglia
già si era distinta per alcuni feuilleton indigeribili
sullo sfondo degli anni 70 (La meglio gioventù,
per esempio). Stavolta ha tagliato la dose scegliendo un oggetto
che deve essere parso loro più "maneggevole".
Una "bella" banda criminale, decisamente legata
alla destra fascista e largamente disponibile a far manovalanza
per conto dei servizi segreti. Il materiale era già
stato filtrato da un addetto ai lavori al di sopra di ogni
sospetto come il magistrato garantista (talvolta può
non essere un ossimoro) Giancarlo De Cataldo, con un romanzo
asciutto e teso come una cronaca dal vivo. Ma senza troppo
"romanzare", come si suol dire.
Ma il diavolo della pochezza, se ce lhai nella testa
o nel dna, non ti lascia scampo. Potevano farne un film aderente
al romanzo. Ma si sarebbero esposti agli attacchi del centrodestra,
che con quel premier lì controlla pur sempre i canali
determinanti per il successo o il fallimento di un film: il
circuito delle sale, le televisioni e persino (per un periodo,
in comproprietà) la distribuzione su dvd. E allora,
devono essersi detti, mischiamo un po le carte, tiriamo
in ballo un po di "sinistra" di quegli anni,
tanto la minestra labbiamo già scaldata con i
nostri colleghi (Giuseppe Ferrara, per dirne uno). Che problema
cè?
Il gioco sarebbe persino riuscito, se fossero stati più
attenti nel dosaggio. Buttarci dentro le Br e Moro funziona
sempre, il pubblico su questo è ormai mitridatizzato;
ma... Ma la "cottura" è sfuggita al controllo.
Un personaggio di fantasia di troppo (tale Carenza, mai esistito),
per di più con un esibito curriculum di "appartenente
al movimento studentesco" (non si sa se con la maiuscola
o la minuscola), ha fatto saltare il tappo dei complimenti
di prammatica e la coscienza di Roberto Silvestri (il manifesto).
Non è questa la cosa più interessante, ma la
reazione della coppia piovresca: "Carenza è ununione
tra due nostri personaggi, Zeta e Pigreco. E inventato,
ma poteva esserci". "Poteva", dunque cè.
La Storia, in fondo, non è per costoro che un pretesto
per raccontar storie, che è poi il loro ben
remunerato lavoro.
Se cercate di incastrarli con il mancato rispetto del rigore
storico-filologico vi risponderanno che loro sono degli "artisti",
dei "creativi", che non debbono perciò rispettare
la Storia reale.
Se, invece, ne criticate la sciatteria di scrittura cinematografica,
la pallosità infinita dei loro micro-macro-complotti
giallistici in cui anche il più fesso degli spettatori
scopre "lassassino" già alla prima
inquadratura, vi risponderanno che il loro interesse non era
fare unopera "patinata", ma una "denuncia
civile e morale".
Inafferrabili come anguille. Un modo comodo di far soldi senza
faticare troppo, né sul piano storiografico né
su quello cinematografico. Semplicemente geniale! Chi lha
detto che il crimine non paga? Basta rielaborare fantasiosamente
quelli veri, ed ecco un perfetto "romanziere criminale"
lanciato verso il successo "bipartisan". Dubito
che lo scomparso Elio Petri, oppure Ugo Pirro o Francesco
Rosi, possano accettare di essere accomunati a così
ambigua compagnia.
Casimiro, 4 ottobre
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*«VIVA
FIDEL ! VIVA FIDEL !»
I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto da
Milano Luca Telese Il Giornale, 25
settembre 2005
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=31045&START=0
La
scena è di quelle che non si dimenticano: il gigante
nero con la tromba, che poco dopo risulterà rispondere
al nome di Ramon Martinez è lì, sul palco della
festa tricolore, proprio sotto la fiamma del simbolone di
An. Alza il suo strumento al cielo, avvicina la bocca al microfono
e grida: "Vi-va Fidel! Vi-va Fidel!". Possibile?
Castro osannato alla festa di An? Che si tratti di uno scherzo,
o forse della scena di un film girato in piena città?
No, tutto vero.
In una serata con due colpi di scena, il primo è quello
del gigante nero; il secondo quello di Ignazio La Russa, che
un minuto dopo il trombettista, afferra anche lui il microfono
e, a sorpresa, dice.... No. Cosa fa La Russa ve lo diremo
solo alla fine dell'articolo. Infatti, per raccontare le cose
con ordine bisogna partire dall'inizio della serata e dall'equivoco
che la segna. Gli uomini di An hanno invitato a parlare nella
loro festa alcuni dissidenti cubani per un dibattito sulle
libertà negate a Cuba. L'ospite principale è
l'intellettuale Carlos Caballero, occhialini da miope, baffi
e fisico minuto. A seguire - per restare in tema - è
prevista una serata di musica cubana. Per l'occasione gli
organizzatori sono riusciti a ottenere la presenza dei Sabor
Tropical di Santiago de Cuba - trent'anni di storia e note
- una delle migliori orchestre dell'isola caraibica. Solo
che i musicisti non sanno nulla della festa in cui stanno
per suonare, né del dibattito che precede la loro performance.
Quando Caballero inizia a raccontare che Cuba vive sotto una
dittatura, dietro il palco iniziano le prime concitate discussioni.
Forse alcuni musicisti temono la presenza di qualche diplomatico
dell'ambasciata, sicuramente molti di loro sono sinceramente
fidelisti e lo vogliono dire. Discutono animatamente con il
loro manager, decidono che suoneranno solo se potranno dissociarsi
pubblicamente dalle parole dei dissidenti: "Noi siamo
una orchestra con trenta anni di storia, facciamo musica -
dice Martinez a nome degli altri al microfono - ma siamo anche
patrioti, crediamo nelle conquiste della nostra rivoluzione.
Suoneremo lo stesso, ma viva Fidel!". Tutti gli altri
musicisti alzano i loro strumenti e gli fanno il coro: "Vi-va
Fidel! Vi-va Fidel". La platea è gelata, e non
sa cosa fare: difendere i dissidenti? Tacitare i musicisti?
Come conciliare l'ospitalità e l'identità del
partito? Mentre tutti si stanno facendo questa domanda, una
figura piomba sotto il palco con
tempismo impareggiabile. È lui, La Russa. Prende il
microfono e dice con tutto il fiato che ha in corpo: "Questa
è casa nostra, e noi siamo persone corrette non possiamo
nemmeno accettare che si esalti un dittatore! Allora vi ringraziamo,
vi pagheremo lo stesso, ma non vogliamo sentirvi suonare,
qui, stasera!". Boato della platea, facce scure dei musicisti
che scendono
dal palco. Accorre un cordone di agenti, il responsabile delle
forze dell'ordine teme incidenti (che non ci saranno). Civilmente
divisi i due schieramenti si ritirano: i giovani di An a chiacchierare
con gli antifidelisti, i musicisti e le loro famiglie con
il manager, Lucio
Laganà: «Siamo dei musicisti, non dei mercenari
- ripete Martinez - io sono iscritto al partito comunista
cubano da trent'anni, non potevo tacere". Passata la
rabbia e chiarito l'equivoco, in tempi di grandi contestazioni
la soluzione della festa tricolore potrebbe diventare un piccolo
modello: An non accetta il comizio dei suonatori, ma vuole
pagare egualmente; gli oppositori anti-castristi riescono
ad ottenere il massimo della visibilità; i suonatori
castristi hanno difeso le proprie ragioni e anche loro non
hanno accettato il compenso. Potrebbero rifarsi con il marketing
involontario: vuoi vedere che ora li invitano a tutte le feste
di Rifondazione e del Pdci? Sarebbe bello, se accadesse davvero,
che si ricordassero di ringraziare La Russa.
Caro
Bachemaster,
apprendo con piacere, dal sito dell'Odradek, la notizia relativa
alle circostanze in cui, nei pressi di Alleanza Nazionale,
si è diffuso il grido "Viva Fidel" e ne traggo
il destro per una serena riflessione. Una volta tanto, bravi
tutti, o quasi.
Infatti, bravo - dal punto di vista narratologico - è
stato Luca Telese a centellinare l'evento creando attese,
mantenendole vive e soddisfacendole al momento opportuno.
Bravo - dal punto di vista ideologico - è stato La
Russa. Finalmente qualcuno che fa la parte che deve fare,
senza recitare battute altrui a fini di quieto vivere. Leggermente
meno bravo, lo stesso La Russa, dal punto di vista strettamente
grammaticale. Non le sarà sfuggito che ha detto: "Non
possiamo accettare che si esalti un dittatore" e lì,
ahimé, manca qualcosina che gli dobbiamo ascrivere
a demerito. La frase corretta, infatti - ovviamente -, era:
"Non possiamo PIU accettare che si esalti un dittatore".
Bravi - anche loro, dal punto di vista ideologico - i compagni
cubani nel durante e, forse, nel dopo. Leggermente meno bravi
nel prima: Alleanza Nazionale, d'accordo - storia del movimento
operaio alla mano -, è un nome che può ingannare,
ma, volendo, con un granello in più di acume avrebbero
potuto evitare...
Un caro saluto.
Felice
Accame, 3 ottobre 2005
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Queer - Alla festa di Liberazione, lo stand
dei Giovani comunisti si intitola: GC-QUEER.
"Queer" non è parola dellinglese scolastico.
Deve essere slang giovanile, ci siamo detti; una parola scelta
per attirare i giovani. Mah!
A casa, sul dizionario Sansoni, abbiamo trovato per queer,
i seguenti significati:
aggettivo: 1.bizzarro, strano; 2. eccentrico, stravagante;
3. sospetto, dubbio; 4. indisposto; 5. frocio.
sostantivo: 1. frocio, finocchio; 2. lesbica; 3. bisessuale;
4. transessuale.
verbo: rovinare, mandare allaria.
Poi
ci è tornato in mente il seguente dialogo da Full
Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick:
Sgt
- Where in the hell are you from?
Sldr - Sir, Texas, sir!
Sgt - Holy Dogshit, Texas!! Only steers and queers come from
Texas, and
you don't much look like a steer to me, so that narrows it
down!!
[libera
traduzione]
Sergente - Da dove cazzo vieni?
Soldato - Dal Texas, Signore.
Sergente - Cazzo!! Solo tori e checche vengono dal Texas e
tu non mi sembri
proprio un toro, quindi il cerchio si restringe!!
Se
non si tratta del verbo, il cerchio si restringe.
CDB,
17 settembre 2005
>>Bacheca
(pagina 3)
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