***
A proposito dell'"attentato"
di Tartaglia a Berlusconi, avevamo scritto, il 18 dicembre
2009: «Alta
chirurgia o spessa cosmesi? O acqua e sapone?
Profezia: non ci sarà
mai un processo. Un misericordioso perdono renderà
inutile la lettura in aula dei referti ospedalieri».
Il processo
effettivamente non ci sarà perché il PM di
Milano, Armando Spataro – ma non era una toga
rossa? –, ha chiesto l'assoluzione perchè
il fatto è stato commesso da "persona non imputabile
per incapacità di intendere e volere al momento del
fatto". Non sapremo mai se e come il proietto raggiunse
l'augusto grugno. O.,
2 giugno
***
Crollo
- New York Times
e Der Spiegel stanno chiedendo le dimissioni dell'attuale
sommo pontefice. La Chiesa cattolica è al collasso.
Il genere prossimo è la caduta del muro di Berlino.
Ma la portata è di molto superiore. Non ce la fa,
non ce la può fare a convivere con gli Stati moderni.
Deve tornare ad essere la sètta che era. Il problema,
con ogni evidenza, non è la pedofilìa, ma,
come scrive lucidamente don Enzo Mazzi sul manifesto
di sabato 26 marzo, il pervicace sottrarsi alla legge in
virtù del secretum pontificium, imposto
dall'allora cardinale Ratzinger ai religiosi di tutto il
mondo nell'Epistola de delictis gravioribus (18
maggio 2001).
I libri che sicuramente abbiamo letto sono quelli che abbiamo
pubblicato. Il
cattolicesimo reale di Walter
Peruzzi ci conforta in questo giudizio. Non sappiamo
se don Mazzi possa davvero sperare in una rinascita del
cristianesimo, fatto sta che una gerarchia infallibile che
si rifugia nel segreto, in questi tempi, non può
durare. Amen.
O., 26 marzo
2010
***
Classe dirigente
Un direttore di telegiornale viene convocato
da un giudice che gli deve chiedere come abbia saputo di
un’indagine su carte di credito riciclate di cui si
sta occupando. Gli chiede anche se per caso abbia subito
pressioni da qualche pubblico ufficiale su come deve dare
le notizie, a chi dare ragione torto, chi censurare e chi
mettere in prima pagina. Quello si preoccupa di affermare
che «sono un professionista indipendente», in
cuor suo pensando a come tener fuori il suo adorato premier
da questi fangosi sospetti, e non fa troppo caso al fatto
che il giudice, per potergli fare quelle domande, qualche
cosa la deve sapere già. In qualche modo, il giudice
lo stava mettendo a conoscenza del fatto che le sue chiacchierate
per telefono non sono proprio un segreto di stato.
Siccome è un giudice che conosce le regole, prima
di mandarlo via gli rammenta – a un giornalista professionista
e per di più direttore dovrebbe essere superfluo
– che la deposizione fa parte di un atto istruttorio,
coperto da segreto fino alla consegna degli atti alle parti
in causa e che, quindi, il giornalista «indipendente»
non deve farne menzione con nessuno.
E il «Minzo» che fa? Ancora sul portone del
tribunale prende il telefono in mano e chiama il Cavaliere
(o un suo sanciopanza) per informarlo di tutto quello che
il giudice gli ha chiesto. Mettendo ancor più nei
guai il suo datore di poltrona.
Manco l’ultimo dei ladri sarebbe stato così
imbranato.
Casimiro,
16 marzo 2010
***
Napoleone
versus Carlomagno
ovvero
Da Tartaglia a Carlomagno: quando un premier in crisi e
ormai in mutande diventa una calamita per picchiatelli.
Viviamo tempi tragici scanditi con metro
comico. Abbiamo un presidente del consiglio che si compra
– pare – un letto di Napoleone,
viene colpito da un Duomo maneggiato da un Capitan Tartaglia
e maramaldeggia con un tale che si chiama nientepopodimeno
che Carlomagno.
La vertigine può cogliere l'incauto che si avventuri
in questo assurdo intreccio tra nomi altisonanti di epoche
scomparse e misere cose del caravanserraglio presente.
Sta di fatto che, mercoledì 10 marzo, il premier
Berlusconi sia uscito dai gangheri perché ruvidamente
interrogato da tale Rocco Carlomagno, autoqualificatosi
giornalista free lance. Insomma: uno che nessuno
tiene a stipendio. Per sovrappiù, addirittura un
ministro della difesa – al secolo Ignazio
La Russa – si è lanciato sul malcapitato.
Non si è capito bene se per fargli sentire il peso
delle istituzioni democratiche, l'antico afrore dell'olio
di ricino o – più modestamente – per
acquisire punti agli occhi del Gran Capo.
Sta di fatto che l'innocuo Carlomagno del terzo millennio
non è un giornalista, né un “contestatore”,
né una figura di benché minimo rilievo. Nel
giro delle redazioni giornalistiche romane è relativamente
noto per l'assillo con cui accompagna improbabili proposte
fondate sul nulla. Per la logorrea incontenibile priva di
un centro comprensibile. Per l'abitudine a interloquire
su cose che non lo riguardano, di cui non ha competenza
alcuna, finché non viene allontanato. Con modi urbani,
in genere, perché il personaggio è fastidioso
– sì – ma evidentemente non in possesso
delle facoltà di medio intelletto proprie di un giornalista,
foss'anche professionista. L'unico suo divertimento personale,
simile in questo ai Paolini o altri anonimi
aspiranti all'inquadratura televisiva posteggiati spesso
dietro questo o quell' "inviato sul campo", sta
nell'alzarsi in conferenza stampa e fare domande “scomode”
al protagonista della session.
Qualche mese fa fece lo stesso con Guglielmo Epifani,
in piazza del Popolo, chiedendogli addirittura se non ritenesse
giusto – per alleviare la povertà dei lavoratori
– alienare buona parte del patrimonio immobiliare
della Cgil. Ricevette una risposta sorridente e ironica
(i balzani si vedono da lontano, se uno è minimamente
lucido), e si acquietò sulla sedia, un po' frastornato.
Sta di fatto che questo ometto non fortunato, arrivato per
evidente innocuità a sedersi tra i giornalisti davanti
al premier (la cui “vigilanza armata”, tra una
D'Addario e un Tartaglia,
mostra ben più di una smagliatura), è diventato
per avventura “hero, just for one day”.
Il problema, sia chiaro, non è lui. Il problema è
un paese che ha per leader e ministro della difesa due uomini
così fuori di testa da non vedere una minorità
che tutti vedono. E che riescono a nobilitare la mattata
di un dropout mettendo se stessi al di sotto di
quel livello.
Che non siano capaci di presentare in tempo una lista perché
dietro le quinte si stavano scannando su chi far fuori (tra
quelli della propria banda), può essere quasi comprensibile.
Che si faccia di un Carlomagno, nel 2010, il Cristo di un'opposizione
demoniaca, sembra davvero eccessivo. Ma forse persino appropriato...
Casimiro,
10 marzo 2010
***
CUSTODI
– Non è la prima volta che accade. E ogni volta
che accade può esser l'ultima. Basterebbe che ci
fossero popoli in grado di ricordare. Ma anche questo
non è più dato. La scuola non si occupa di
memoria, al massimo di propaganda per conto del governo
in carica (la propaganda è mutevole, quanto al contenuto,
non alla forma). E l'informazione dipende dal denaro.
Già una volta abbiamo visto le forze della reazione
attaccare apertamente la Costituzione. Anche quella volta,
a difenderla, era rimasto un Custode. E nient'altro.
Allora cedette il passo, e si chiamava Hindemburg. Oggi
si chiama Napolitano. Ma si è dimostrato della stessa
pasta. Frolla.
casimiro,
6 marzo 2010
***
AUTOGOLPE
– Quello che non è
riuscito al comandante Borghese nel 1970, ai generali e
ammiragli della Rosa dei Venti in precedenza, ai tintinnatori
di sciabole nel 1973, tutta gente rigorosamente munita almeno
di una maglia della salute nera, è potuto accadere
in una stupida notte di marzo del 2010 nelle stanze del
colle più alto, grazie alla firma di un ex comunista,
che nel 1956 aveva appoggiato i carri armati sovietici a
Budapest, nel 1969 radiò dal Pci Pintor e la Rossanda,
nel 1978 appoggiò la linea della non trattativa con
i sequestratori di Aldo Moro e dopo la morte di Berlinguer
contribuì al tramonto di quel partito dentro il quale
aveva militato per circa mezzo secolo. Ora passerà
alla storia come il becchino della democrazia. Anche lui
vestito di nero, come gli altri, infine.
MC, 6 marzo 2010
Eh,
sì. Viene in mente che Oscar
Luigi Scalfaro, magistrato e partigiano, nonché
cattolico praticante e un po' beghino, non lo avrebbe mai
fatto. O.
***Todos
caballeros!
Prima che si scateni
l'Armageddon, è utile ricondurre i casi di Formigoni
e Polverini alla crisi dei partiti e, in ultima istanza,
alla crisi della Costituzione, che sui partiti poggia. Senza
funzionari, burocrati quanto si vuole, il partito non esiste,
come non esistono eserciti senza sottufficiali. Te lo do
io il partito leggero... Però, continuano imperterriti
ad usare le loro ridicole metafore belliche: militanti,
battaglie, tattiche, strategia... senza sottufficiali.
Ne so qualcosa per essere stato iscritto per più
di dieci anni al Partito della Rifondazione comunista -
ne sono uscito accostando la porta, ho preso a camminare
lentamente per non dare nell'occhio, poi con passo sempre
più spedito, fino a correre a perdifiato. La gestione
dell'infausto Bertinotti, puntando su travestiti, ragazzotti
di periferia svelti ad allungare la mano, signore con uso
di salotto, ha marcato un punto di non ritorno. Nei vecchi
partiti, qualche bravo funzionario veniva promosso deputato,
poi sono stati i deputati a sostituire i funzionari. Paolo
Ferrero, per risparmiare, ha licenziato gli ultimi, tenendosi
stretti i maneggioni a titolo personale, uomini politici
in sedicesimo, amministratori di infime clientele. Il risultato
è che nessuno conosce le procedure della democrazia,
come si raccolgono le firme,... il regolamento.
Un conto è l'antipolitica,
altro conto è constatare la fine della politica.
Angosciante torna alla memoria la battuta di Antonio Scannagatti
(Totò) all'onorevole Cosimo Trombetta (Mario Castellani)
- «Lei onorevole? Ma mi faccia il piacere, mi faccia!».
In un'altra versione dello sketch, all'onorevole che propone:
«Ma se non vi riesce di chiamarmi Trombetta... chiamatemi
Onorevole...», Totò risponde: «Non posso...
La mia coscienza... non me lo permette!».
Debbo confessare che non ho mai riso a questa battuta, riconoscendovi
l'anima profonda della piccola borghesia eversiva e qualunquista.
Ma ormai ci siamo. Il populismo ha tracimato. L'elettore
vota sereno riconoscendosi negli osceni grugni che ammiccano
dai manifesti in un rincorrersi di rispecchiamenti mutui,
progressivi e inarrestabili. E i partiti, anziché
selezionare e cooptare, aprono le cateratte e permettono
le autocandidature. Come Alfredo Milioni, l'idealtipo di
funzionario mancato, promosso a presidente di municipio
e autopercepitosi come uomo politico.
Morale: Costituzione formale e costituzione materiale hanno
finito di confliggere: non hanno più nulla in comune,
nemmeno le minime regole per la presentazione delle liste
elettorali.
O., 3 marzo
2010
Un
illustre collaboratore ci fa notare:
Il tema è quello lì e l'analisi precisa. La
rivalutazione di Totò, però, si è fermata
a metà e la cosa non mi è piaciuta. Quando
dice «la mia coscienza non me lo permette»,
non c'entra il qualunquismo. Totò non ce l'ha con
l'istituzione parlamentare o con "gli onorevoli",
anzi, ce l'ha solo con l'onorevole Trombetta. Prima gli
dà del tu e gli dice «ma diamoci del tu, ...
sono democratico, democrazia!». Ma quando Trombetta
ha una posa alla Mussolini con le mani sui fianchi, Totò
gli infila un braccio dentro. Non crede che sia onorevole,
anzi all'inizio aveva paura che fosse un ladro. Infine,
nella versione in bianco e nero, lo prende in giro perché
secondo lui non lo fanno entrare alla Camera, dove ci sono
i deputati "veri" e, quando vuole parlare, «il
presidente prende il campanello e lo ferma». MC,
5 marzo 2010
Il discorso – su Totò –
resta aperto, ma la precisazione sembra decisiva. Trattandosi
dell'unico Principe che NON
ci siamo meritato, pretende attenzione e rispetto.
***
CONTR'ORDINE - Massimo
Gramellini, nel commentare i noti fatti che vertono intorno
alla Protezione Civile Spa, osserva sulla "Stampa"
del 13 febbraio che "un sistema in cui le persone che
ricoprono ruoli di responsabilità dedicano le migliori
energie alle relazioni invece che ai prodotti è superficiale
e mediocre". Siamo d'accordo e comprendiamo che sul
giornale del prodotto-Italia per eccellenza, l'auto, si
possano prendere con decisione le distanze dai tanti furbetti
che ormai sono usciti dal quartierino e dilagano per il
paese. Ciò che, al contrario, non è accettabile
è la conclusione: "superficiale e mediocre:
due aggettivi che ben si adattano, purtroppo, alla civiltà
dei consumi". Caro Gramellini, abbiamo da poco ricordato
il ventennale della caduta del muro. Quella società,
che non era dei consumi, era "sbagliata". Lo si
è detto e scritto ovunque, e si era quasi
tutti d'accordo. Per prendere le distanze dai corrotti in
denaro e sesso, vogliamo bloccare la ripresa dei consumi?
Che abbiamo combattuto a fare?
MC,
14 febbraio
***
Gli
avvenimenti di ROSARNO
permettono finalmente una riflessione di massa sulla differenza
tra SCHIAVI (non
raffig.) E SERVI.
Magari
a partire da questa provocazione
di Ennio Abate. Anche se ormai l'attenzione si è
spostata su Haiti.
foto
la Repubblica
La
carne da macello è la stessa, povera e negra,
ma la produzione mediatica è statunitense. Su questo
sito non abbiamo mosso un muscolo per Barack Obama, nonostante
gli sdilinquimenti più sinistri. Per noi il presidente
degli Stati uniti è sempre il portavoce di un comitato
d'affari. La sua politica è preconcordata, sovradeterminata
e viene da lontano. Specialmente se riguarda il continente
americano, e in particolare Haiti. Cosa loro,
a far tempo dai Duvalier e i Tonton Macoutes, passando
per i due golpe contro Jean Bertrand Aristide. La qual cosa
è ben rappresentata dalla foto che ritrae Obama tra
Clinton e Bush jr, chiamati a raccogliere e coordinare gli
aiuti, una volta estromesse l'Onu e la Francia. Poi è
arrivata - per ribadire la continuità - Hillary Clinton,
bolsa e trucida, a chiedere il coprifuoco garantito
dai Marines. Nessuno che abbia eccepito: coprifuoco?
in un territorio in cui tutte le case sono crollate?! cdb-gennaio
2010
* * *
***
Ineffabili misirizzi della sinistra
immortale Oggi Rossana Rossanda sul manifesto
scrive un articolo contro il suo giornale perché
rileva una qualche equidistanza nei confronti del vaudeville
pugliese - in realtà l'equidistanza riproduce la
spaccatura della redazione politica, 60% PD, 40% SeL. En
passant, si dispiace che D'Alema non sia andato a fare
il ministro degli esteri in Europa, perché solo così
avrebbe allentato la presa sulla politica italiana: questo
sì che è disprezzo per le istituzioni europee.
Rossanda si guarda bene dal ricordare che Vendola - e il
suo suggeritore Bertinotti - è il massimo responsabile
dell'assenza di una sinistra in Parlamento. Un evento devastante,
checché ne pensino gli estremisti in servizio permanente.
E questo in virtù di sporchi traffici - con Mussi
e non so chi altro - del suddetto Vendola finalizzati a
fare da sponda al PD. Se ora i ladri di Pisa litigano a
livello locale si vorrebbe che l'elettorato di sinistra,
in Italia, prendesse partito. Tra Vendola e D'Alema.
Maddài. O.,
6 gennaio
p.s.
all'indomani della vittoria di Vendola alle primarie
pugliesi, permangono alcune certezze. 1. l'ottusa ferocia
di D'Alema non fa diventare un poeta, sia pure immaginifico
- insomma uno che sceglie con cura gli aggettivi, considerando
optional i sostantivi - un generale; 2. la Puglia - struttura
produttiva, composizione di classe, rapporti tra i partiti
- non rappresenta il resto del paese. E allora? O.,
24 gennaio
***
La
cura Tartaglia
foto
Corriere della sera
Alta
chirurgia o spessa cosmesi?
O
acqua e sapone?
Profezia:
non ci sarà mai un processo. Un misericordioso perdono
renderà inutile la lettura in aula dei referti ospedalieri.
*
* *
Intanto
le ipotesi si sprecano. Dopo quelle di MC e FA,
(vedi)
ecco quella di Paola Z. A Pittsburg, fa il numero
di Totò con Mina:
–
Piacenza!
Secondo
Paola Z., a qualcuno non è piaciuto.
***
La Bella Statuina
Finalmente abbiamo il colpevole, l'istigatore
d'odio, il mandante del folle
gesto di Piazza Duomo. E chi si ferma agli anni Settanta
sbaglia. La storia è molto più lunga. Nell'inverno
del 1943 circa 80.000 italiani caddero prigioneri dei sovietici
dopo la rottura del fronte a Stalingrado e l'inizio della
ritirata dell'Asse dalla Russia. Di questi ne sopravvissero
circa 10.000. Nell'Ottobre del 1943, nel tentativo di aprire
con essi un dialogo, i vertici dell'Armata Rossa chiesero
a Togliatti, già importantissimo
dirigente del Comintern, di organizzare un giornale per
i prigionieri di guerra italiani, sulla base di analoghe
esperienze fatte con soldati di altre nazionalità.
Il giornale fu organizzato e venne chiamato "l'Alba".
Accanto a notizie dal fronte e dall'Italia, proprio per
far sentire più vicini a casa quei soldati, Togliatti
fece pubblicare le fotografie dei maggiori monumenti italiani
e la prima fu proprio quella del Duomo di Milano.
Da allora qualche comunista ha visto in esso non solo il
simbolo di Milano, ma anche uno dei simboli, un po' ambigui
certo, del comunismo. MC,
18 dicembre
Togliatti
1943? Di più: Tartaglia 1554!! Che
nelle locali Questure e che nei Servizi vi siano state inadempienze
e gravi superficialità che possono anche indurre
a più gravi sospetti è evidente. Come minimo,
nel piano di prevenzione, è stato omesso quanto segue.
Nel 1554 – si noti la data, non l’altro ieri,
nel 1554 – Niccolò Tartaglia
(1499-1557) – si noti il cognome, nemmeno al dr. Watson
sarebbe sfuggito – pubblicò Quesiti et
inventioni diverse – si noti l’oggetto
del saggio, “invenzioni”, c’è della
tenacia nel modo in cui si ripete la storia. Orbene, se
loro eccellenze fossero state morse dal sacro zelo che occorre
per badare davvero alla Massima Dignità di chi volere
o volare ci rappresenta, si sarebbero accorte che nel primo
libro di detta opera si tratta “delli tiri &
effetti delle artegliarie, secondo le sue varie elleuationi,
& secondo la uaria position delle mire con altri suoi
strani accidenti”.
Inutile dire che un buon piano di prevenzione avrebbe dovuto
da ciò prender le mosse onde mettere chi di dovere
nelle più opportune condizioni di non nuocere prima
che abbia nuociuto. FA,
20 dicembre
***
La Polonia e il comunismo
- Il senato polacco ha approvato una legge che equipara
i simboli del comunismo a quelli del nazismo e che prevede
forti multe, sino a due anni di carcere, per detiene o acquista
simboli comunisti. L’uso della falce e martello è
permesso solo a scopi educativi, artistici e per collezionismo.
La Polonia si affianca così alla Repubblica Ceca,
dove è reato negare i crimini del comunismo. L’Europa
sta morendo. La governano tanti uomini che recriminano sul
passato, respingono le responsabilità e sono alla
ricerca del nemico interno.
Vive, invece, l’America Latina. Dopo Lula, Chavez
e Morales, ci regala la giornata più bella: José
Alberto Mujica Cordano, detto El Pepe, 74 anni, ex guerrigliero
Tupamaro, è stato eletto presidente dell’Uruguay;
«Popolo – ha detto - dovresti essere tu qua
sopra, e noi li sotto ad applaudirti». Lasciamo la
Polonia ai polacchi. La storia non è finita. MC,
1 dicembre 2009
***
quello 'stronzo' di Fini
Era rimasto il vero tabù, scatologicamente parlando.
A "merda" aveva provveduto
il generale Cambronne - nemmeno Trapattoni aveva osato tanto,
preferendo la sua traduzione maccheronica: Strunz.
Chi usa più pène, o gònadi? Con tanti
derivati in giro? Per non parlare di "vagina".
Sdoganato lo stronzo - corsi e ricorsi storici:
lo sdoganato, sdogana - sono saltati i tombini. Calderoli
non aspettava altro: a Storace, Gasparri, La Rutta e er
Pecora - da cui" pecoreccio" - si dischiude la
coprolettica. La prossima pandemia sarà
il turpiloquio generalizzato, e Cencio alla parolaccia
diventerà una catena internazionale, proprio come
Mac Donald. Il "laboratorio degli orrori" - l'Italia,
s'intende - è sempre all'opera. Il privato è
politico, anche per la terza carica dello Stato: solo
che è diventato "parla come mangi". Ne
ha fatta di strada il '68. Mavaffanculo!, verrebbe di concludere.
O.,
22 novembre
***
Saviano, un colpo di Stato, nel suo piccolo
Roberto
Saviano scrive una lettera aperta a Berlusconi e la
Repubblica on line raccoglie le firme in suo sostegno.
Il documento non è banale, come invece sono spesso
gli scritti di Saviano; esso apre una nuova pagina in questo
martoriato paese, perché riconosce implicitamente
a Berlusconi la qualifica di primus super pares
(per dirla come i sostenitori del Lodo Alfano) o di monarca,
mentre Saviano è il suddito che lo prega
di non esercitare il suo potere assoluto in tutta la sua
potenza. Saviano, e con lui La Repubblica, sconvolgono
i ruoli: scavalcano il presidente della Repubblica, al quale
spetta la competenza di apporre la firma su un provvedimento
di legge emanato dalle Camere e svuota le Camere della loro
funzione legislativa. Il suo è un "colpo di
Stato dell'opposizione contro se stessa", operato con
argomentazioni vuote, tanto che lo stesso autore ammette:
"Non è una questione di destra o sinistra. Non
è una questione politica. Non è una questione
ideologica".
Le
lettere e gli appelli che i sudditi russi scrivevano allo
zar provenivano da gente semplice, che non aveva studiato
e che credeva nel monarca-piccolo padre buono, circondato
da nobili serpenti. Un intellettuale difficilmente cadeva
nell'equivoco. Preferiva la prigione, l'esilio interno o
la fuga all'estero, da dove continuava a occuparsi del suo
paese. Saviano, mai perseguitato dal potere e protetto dal
nostro Stato con una scorta, con il suo appello suggella
la stagione di antipolitica condotta da la Repubblica
dall'aprile scorso. E lo fa nel modo peggiore: senza
incidere, senza assumersi un rischio, senza un minimo di
coscienza di classe, privo di qualsiasi senso civico. Si
tratta solo di una quarantina di righe scritte in attesa
dell'applauso. E niente più.
MC,
14 novembre 2009
Santo
subito!
«Non mi stupisco più di niente» è
un intercalare ormai vanamente propiziatorio. In realtà,
lo stupore è n+1, più di ieri meno di domani.
Veniamo a sapere che questo testo di MC ha suscitato scandalo
tra i suoi colleghi, e qualcuno gli ha tolto il saluto.
Intanto, la repubblica computa in duecentomila
le adesioni alla lettera di Saviano [sono arrivate a
oltre quattrocentomila]. Una firma, un logo, che viene
dal nulla. Cinquecentomila furono le firme all'appello di
tre stimati giuristi, in punto di diritto: ma l'ordine di
grandezza è lo stesso della supplica di Saviano.
La democrazia diretta si manifesta ormai nelle forme accelerate
della rete: dalla democrazia cantonale a quella retale.
Tutti a ignorare allegramente la Costituzione, tanto c'è
Vespa, tanto c'è Santoro. Troppa partecipazione?
Ora basta un click su Saviano, e la democrazia
è salva.
O.,
17 novembre
2009
***due
pezzi facili
Dal
covo all'alcova
Il
pubblico televisivo degli anni ’70 era abituato al
volto e alle cronache di Giuseppe Marrazzo, giornalista
del Tg2 (altra cosa rispetto ad ora…). Gran conoscitore
delle storie di mafia e camorra, venne dirottato ad un certo
punto alla cronaca antiterrorismo. Non era un “dietrologo”
e ciò torna a suo onore. Era uno che sapeva distinguere
tra cose che spesso vengono amalgamate alla rinfusa, con
professionale malizia e intenzionale disordine. Ciò
nondimeno, fu costretto a trattare “misteri”,
citando docce rotte, tavolini tremanti agitati da spiriti,
prigioni improbabili.
Il figlio, italianamente avviato alla stessa carriera e
nella stessa azienda del padre, ha respirato l’aria
non salubre di quei tempi, restandone forse “democraticamente”
affascinato soprattutto dal lato misteriosofico, immaginando
perversioni là dove fischiavano più prosaiche
pallottole. Per questo forse, più ancora che per
il sesso incerto delle sue attribuite frequentazioni, deve
essere entrato tutto eccitato – ovviamente sotto il
controllo degli amati carabinieri - in un portone della
mitica via Gradoli.
Casimiro
Gli
avvenimenti storici, diceva Hegel, si presentano sempre
due volte; Marx, nel 18 Brumaio di Napoleone III
aggiunse: la prima volta come tragedia e la seconda come
farsa. Questa massima si attaglia perfettamente all'indirizzo
di via Gradoli 96, dove nel 1978 dormiva Mario Moretti nei
giorni del sequestro Moro e dove nel 2009 un ometto ex presentatore
televisivo, passato poi alla Politica nella grande famiglia
dei DS-PD, si incontrava con trans e veniva inconsapevolmente
filmato. Dal covo all'alcova di via Gradoli.
MC
***
Tornando
da piazza del Popolo...
Ma sì, la voglia di cachinno e sberleffo
viene. E molti sono accorsi con cartelli con su slogan e
vignette. L'osceno Priapo impotente, il presidente Pierino,
l'Alvaro Vitali della scena politica ne dà occasione
ogni giorno, soprattutto da qualche tempo, da quando il
giocattolo s'è rotto. Ma l'enumerazione non è
il concetto, e fare il contrappunto a un simile individuo
risulta ormai deprimente, avvilente e frustrante. Per non
parlare della circostanza, altrettanto ripugnante, di ritrovarsi
in piazza con una simile opposizione, con quel Pd che si
è ben guardato dal far cadere il governo, facendo
disertare la votazione sullo scudo fiscale a un ben calcolato
numero di suoi parlamentari. Questi: Ileana Argentin,
Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra,
Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Antonio
Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi,
Antonio La Forgia, Marianna Madia, Margherita Mastromauro,
Massimo Pompili, Fabio Porta, Giamomo Portas, Sergio D'Antoni,
Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli. Nell'Udc
gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe
Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri.
Nell'Idv, Aurelio Misiti.
Giunge
a proposito questa nota di Casimiro:
Lo
sceriffo di Nottingham veste Prada
L'Italia è una paese meraviglioso. Governato da un
vecchio piduista affetto da satiriasi, ma padrone di televisioni
e quindi di carriere. Dove l'opposizione residua è
affidata a sciamani ahinoi altrettanto televisivi. Con una
novità: non si era mai visto che qualcuno trascinasse
in piazza qualche migliaio di precari per garantire il rinnovo
del contratto a un Santoro.
casimiro,
3 ottobre
***
Epilogo annunciato
Forse
siamo giunti a una svolta, perché lo scandalo Noemi
rischia di travolgere Berlusconi. “Repubblica”
sta svolgendo un lavoro giornalisticamente perfetto e non
molla la presa. Ma non possiamo essere contenti. Che la
nostra politica sia malata è noto a tutti, e non
da oggi. Ma non dobbiamo cadere nella tentazione di attribuire
tutti i mali a un solo uomo. Se tra le candidature per le
Europee ci sono le veline e come ministre delle amanti,
a sinistra troviamo l’altra faccia della medaglia:
alcuni candidati, come De Magistris, sono “le vittime”
del sistema Berlusconi. In Italia oggi basta dare del puffo
a Berlusconi o tirargli un treppiedi per ottenere notorietà,
quindi diventare una vittima, poi un candidato e infine
un deputato. Perché l’uomo di Arcore è
davvero re Mida, e quello che tocca trasforma in oro, velina
o toga rossa che sia. Fino a che dura.
Perché sento un sinistro tintinnio di monetine, che
mi porta addirittura a rimpiangere quello delle spade. Si
sta preparando la resa dell’invenduto e presto assisteremo
a un nuovo Hotel Rafael, quando ci fu la prima uscita pubblica
dei deleteri girotondini. Perché presto il mostro
cadrà, e io andrò a soccorrerlo, porgendogli
una mano. Per quella pietas che egli non ha mai dimostrato
di avere, come nel caso di Eluana, ma anche perché
diffido di chi prima l’ha usato, anche dai banchi
dell’opposizione, e quindi lo rinnega. Vedremo allora
l’affanno di quanti cercheranno una nuova collocazione
in attesa di ricominciare con un nuovo padrone. Vedremo
il sudore di quanti negheranno di avere mai partecipato
ai baccanali sardi di fine anno, e i giornalisti ora a servizio
plaudire a Veronica. Vedremo ad Anno Zero la sfilata dei
vincitori con gli occhi lucidi, non tanto perché
hanno sconfitto la Bestia, ma perché la ex minorenne
responsabile di questa catastrofe può ora entrare
in politica con tutti gli onori, lei, povera ingenua vittima
di un sistema che tutti rinnegano ma dove tutti trovano
il loro posto al sole, come in una soap senza fine. Ma,
allora, conviene proprio che Berlusconi cada? No, ma è
nelle cose.
Marco Clementi,
24 maggio
***
Siamo a un momento di svolta. Mi ricorda, per importanza,
la crisi del 1924-1925 legata al delitto Matteotti, quando
Mussolini rischiò di perdere per sempre il potere.
Sappiamo com'è andata. Ebbene, Berlusconi non aveva
mai affrontato una crisi come questa. Molti media stranieri
lo accusano di essere un pericolo per la democrazia, la
sua credibilità conosce un freno, qualcuno, specie
se cattolico, si chiede se davvero sia pensabile lasciare
educare i propri figli da uno così.
Qualche giorno fa pensavo che fosse l'inizio della fine.
Lo può ancora essere, ma esiste una variabile, in
Italia, che ora mi preoccupa. Sono gli italiani, anzi, più
precisamente, gli elettori.
La formazione delle "libere opinioni individuali"
è infatti gravemente compromessa sia dalla prevalenza,
a questo fine, dei mezzi televisivi, sia dall'impoverimento
inarrestabile degli strumenti critici, sia dalla pervasività
delle relazioni clientelari e servili (o mafiose in senso
lato).
Se Berlusconi supera il 40% dei voti alle prossime Europee
supererà la crisi di volata e probabilmente gli si
apriranno le porte della presidenza della Repubblica.
E sarà spietato con i suoi nemici, che proprio oggi
ha elencato: magistrati, giornalisti e delinquenti. Tra
questi ultimi, evidentemente, saremo in tanti. MC,
28 maggio
Io
la mano al porco non la porgo ovvero
Bastonare il cane che affoga
Non
so se è nelle cose, ma lo sapremo presto. I giochi
Usa-Russia si fanno in Germania sui gasdotti e sulla Opel.
E non è detto che l'amico Putin non lo scarichi.
La geopolitica è tutto, le minorenni niente. In effetti,
sembra avviato verso Giulino di Mezzegra con il suo caravanserraglio
di amanti che brandiscono siringhe di Caverject, con i fidi
Fede, Bondi e Minchiolini "ultima raffica" e le
borse colme di book fotografici di ville e veline. Ma nessuna
pietà, ora come allora. Se in questo paese un grassatore
e un corruttore può essere cacciato solo con metodi
extraparlamentari, e grazie a una ben orchestrata campagna
di stampa con l'aiuto di consorterie internazionali, il
giudizio più benevolo rimane quello della moglie:
un malato bisognoso di cure. Il cittadino non può
far altro che mettersi a calcolare i danni. Il danno maggiore
è quello causato a livello internazionale, pagato
da ciascun contribuente-consumatore: che il Tragico Pagliaccio
sia diventato la barzelletta di mezzo mondo e dell'intero
mondo diplomatico non è che sia stato senza conseguenze
nella valutazione delle istanze e nella spartizione delle
risorse. Che il Priapo Impotente abbia piazzato tre ben
note ministresse nel Governo, chissenefrega del Turismo
alla Brambilla e delle Pari opportunità alla Carfagna,
ma scuola, università e ricerca alla Gelmini non
si potranno più riprendere. L'Anatra Zoppa ha poi
intrigato l'Opposizione, i cui strateghi per troppo tempo
hanno pensato di tenerlo in pugno. Il Presidente Operaio
infine è andato a farsi osannare dal parterre di
Confindustria per le sue battute populiste e cesariste.
Nessuna pietà a chi ci lascia questa opposizione,
questo padronato, questa scuola e questa stampa. O.
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Iniezioni
di ottimismo
Dice il Tragico Pagliaccio: «la crisi è
una questione psicologica». E tutti a ridere, o peggio
a indignarsi. Sbagliando. La crisi è una
questione psicologica. C'è stata una carestia? La
siccità? Un terremoto che ha scosso l'intero globo?
No. Tralasciando le cause della crisi, sulle quali si discuterà
a lungo, non c'è alcun dubbio che se da domani tutto
il mondo riprendesse a spendere come nel 2006, la ripresa
inizierebbe dopodomani. Dunque, cosa trattiene questo miliardo
di imbecilli dal fare le file nei negozi pagando anche a
rate merci di cui non hanno bisogno? Ovviamente la psicologia.
Forse è stata una modifica del tasso di sconto soggettivo
dell'utilità futura – quanto preferisco una
gallina domani a un'uovo oggi? È presto per dirlo,
ma di fatto il TP ha ragione: è tutta una questione
psicologica. Il problema è che lo dice come se non
fosse una cosa grave. Avete mai provato a dire «sù,
esci un pò e goditi la vita» a un depresso,
oppure «no, non c'è nessun ragno gigante nel
frigorifero» a uno schizofrenico? Sorge il dubbio
che il TP confonda lo stato mentale delle masse con lo stato
della sua esuberanza artificialmente indotta.
brambilla,
17 maggio
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Problemi
politici
Ero nello spogliatoio della palestra, tra italiani (maschi)
assolutamente nella media. Bla-bla su calcio, carriera e
donne.
Mi distraggo quanto basta per fare la doccia e rivestirmi
senza interloquire (come fai a destrutturare un "senso
comune" in poche battute frettolose?).
Poi sento uno insinuare un po' di ammirazione per il Priapo
Impotente, Berlusconi, che una ne dice e cento (donne,
ovviamente) se ne fa. Mi scappa, non faccio apposta. Senza
alzarmi, gli chiedo: "Ma se un vecchio di settantatré
anni avvicinasse tua figlia diciassettenne, tu che fai?
Lo mandi affanculo o a palazzo Chigi?".
Ho una certa età e il gelo non lo sopporto più
tanto. Sono uscito che ancora aspettavo una risposta. Gli
altri (maschi e padri) ruggivano dentro. La voglia di sciupar
bambine, per incanto, era scomparsa.
Datevi da fare, gente. Tornate a parlare in pubblico. Si
può fare qualcosa di meglio di Veltroni.
Casimiro, 12 maggio
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respingimenti e appiattimenti
Il voto degli operai non è altro che una piccola
parte di quella grande sconfitta storica patita dalla sinistra
italiana in questi anni. Le radici sono lontane nel tempo,
ma quello che si dovrebbe sottolineare è l’uso
della terminologia politica, che mai come in questi mesi
si deve solo ed esclusivamente alla destra. “Respingimenti”
è l’ultima di una serie di espressioni e locuzioni
che sono entrate nel gergo non solo degli italiani, ma dei
politici dell’opposizione, i quali evidentemente non
sono più in grado di contrapporne di proprie. Non
farò l’elenco delle locuzioni, "mi si
consenta". Tutti le conosciamo, "meno male che
la televisione c'è". Mi interessa, invece, notare
che l’opposizione non può contrapporre una
propria determinazione della realtà, perché
un neologismo non si inventa a tavolino, ma è l’espressione
finale di un predominio culturale, di una egemonia che in
questo momento è della destra. Sono miseramente falliti
i think tank dei vari Veltroni, D’Alema, Rutelli ecc.,
i “rosso”, i “red” e altri esperimenti
similari. Non è certo “Repubblica” a
resistere al degrado e ormai non passa giorno che non ci
sia un fondo su Berlusconi. Il quale è riuscito a
monopolizzare tutta l'informazione, controllata e non, in
campagna elettorale. Nel bene, come nel male, il popolo
si dividerà tra berlusconiani e veronichiani,
tra Arcore e Macherio. A questo proposito, la polemica di
Di Pietro sul ruolo degli intellettuali italiani è
curiosa nei termini in cui è stata posta, ma inquadra
il problema, e la risposta, per esempio, di una come Rina
Gagliardi, che si autodefinisce “intellettuale comunista”,
fa sorridere di tristezza: “Di Pietro non ha alcuna
autorità culturale per giudicare gli intellettuali
di questo Paese”. La solita risposta di chi guarda
il dito e non la luna. La Gagliardi, che
ha frequentato le redazioni di tutti i giornali di sinistra,
dal Manifesto fino a Liberazione, ora scrive su un giornale
nato per morire presto, già dal nome, “l’Altro”.
Fondato da sansonetti, che evidentemente se non fa il direttore
si sente poco bene, sembra la sintesi di un triangolo amoroso.
Ebbene, per restare ai quotidiani di sinistra, l’unico
esempio vero di ricerca seria di una "nuova" via
è quella che ci offre ogni mattina “il Riformista”,
giornale influente e che fa opinione, sebbene sia letto
da ottomila persone. “Il Riformista” è
la sinistra berlusconiana. Sostiene ormai da tempo
i provvedimenti di questo governo, ma da sinistra, con dei
distinguo; ce li spiega, ce li rende commestibili, usando
il lessico della destra che ineluttabile ci penetra di nuovo.
È un piano realizzato, un progetto molto avanzato,
che viaggia spedito sull’olio, e senza alcun respingimento
all’orizzonte.
Marco Clementi,
15 maggio
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Gli equiparatori, una ne
fanno e cento ne pensano.
Il 9 maggio è il giorno della memoria
delle vittime del terrorismo in Italia. Di tutte le vittime,
senza distinzione di matrice, tipologia di attentato, obiettivo.
Per l'occasione, la vedova Pinelli è stata invitata
al Quirinale, dove ha incontrato la vedova Calabresi e la
vedova Tobagi ("il giornalista ucciso dalle Br",
secondo Il Sole24ore).
L'iperbole è complessa, ma va analizzata e spiegata.
Da tempo, ormai, il calendario italiano si è riempito
di giorni della memoria e da tempo si cerca di far passare
tacitamente che la memoria e la storia
siano coincidenti, anzi, che la memoria abbia maggiore dignità
della storia. Forse perché la memoria appartiene
alle vittime, mentre la storia ai vincitori. In realtà
non è così. La memoria appartiene alla sfera
privata, mentre la storia è pubblica. La memoria
non si può verificare, mentre la storia attende il
riscontro di altri studiosi. La memoria non sostituisce
la storia, né si affianca ad essa, ma le offre delle
fonti, tutte da verificare. Non vale di più della
firma di un ambasciatore sotto a una nota scritta per il
suo ministero. Solo in un contesto di memoria può
avere luogo un incontro tra la vedova Pinelli e la vedova
Calabresi. Perché nella memoria si perdono i ruoli
e Pinelli e Calabresi sono visti semplicemente come vittime.
Nella storia, però, è ben chiaro che Pinelli
è stato ucciso alla Questura di Milano e che solo
dopo alcuni anni da quella morte qualcuno ha sparato a Calabresi.
Non sono due vittime sullo stesso piano. L'assassinio di
Pinelli è stato perpetrato all'interno di una struttura
dello Stato nel corso di un'indagine surreale sulla prima
strage di Stato fatta in Italia. Pinelli è un martire
della libertà e una vittima di quella strage. Calabresi
è, per l'appunto, un servitore di quello Stato e
non è morto per la nostra libertà. Il suo
assassinio rientra in un contesto diverso e qualcuno che
potrebbe spiegarcelo non vuole farlo. Nella storia, due
vedove non si incontrano e, per la storia, non sono state
le Br ad uccidere Tobagi.
Marco Clementi,
11 maggio
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Attricette
e puttanieri
I
giornalisti e la famiglia Berlusconi
La
stupidità e una evidente dose di malafede hanno
reso una bega di famiglia un nuovo caso nazionale.
Il risultato di tutto questo è che per un'altra
interminabile giornata l'Italia non ha parlato di
altro, se non di Berlusconi e consorte. Ora credo
che sia giunto il momento di dire chiaramente alcune
cose a questa specie di oche starnazzanti che osano
ancora farsi chiamare opposizione. Le dico in ordine
sparso, ma cercando di dare una certa gerarchia alle
stesse. Un regime esiste non perché una persona
lo crea, ma perché il popolo gliene dà
la possibilità. Fare di ogni problema personale
di qualcuno un caso nazionale significa contribuire
in maniera determinante a creare le condizioni per
un regime, che sia culturale, politico, mediatico
o tutto questo insieme.
In una democrazia ogni partito è libero di
candidare chi si ritiene opportuno. Criticare le candidature
di un partito sulla stampa per giorni e giorni o,
addirittura, dalle segreterie di altri partiti è
qualcosa di abberrante, fuorviante, malfatto. In democrazia
ognuno, per giunta, è libero di votare chi
vuole. Se viene eletta una velina non vedo il problema
in termini generali.
In una democrazia seria, i partiti di opposizione
si sarebbero voltati dall'altra parte, stufi e schifati
da un tale modo di incedere, da un tale approccio
da tabloid alla questione e non avrebbero neanche
commentato, per misura, continenza e rispetto della
Res Pubblica.
Questi leader, questi "giornalisti", questa
sinistra salottiera e impasticcata di se stessa, tutti
costoro presi insieme non solo non vinceranno mai,
ma porteranno il paese verso lo sfascio, molto più
di quanto non stia facendo l'attuale governo.
Sono loro i primi, veri e forse unici nemici della
nostra democrazia.
MC |
Gli
intellettuali e Alvaro Vitali
Mi
affianco a un intervento decisamente distaccato,
lunare, british addirittura, con la reazione
viscerale di chi, avendo smesso da tempo l'esercizio
dell'indignazione, non riesce tuttavia a perdere
di vista l'escrescenza, la neoformazione rappresentata
dall'Osceno di Arcore, dal Tragico Pagliaccio, dal
Re Buffone che non si appaga a nominare senatore
un cavallo - pur sempre una elegante operazione
simbolica - ma fa eleggere deputati i suoi legali
e i suoi commercialisti, il suo medico personale
e - la notizia è di oggi - la propria massaggiatrice,
nonché nominare ministre ragazzotte svelte
di lingua.
Più
di ieri meno di domani, in un crescendo irresistibile,
il capocomico ha sostituito la legge dello spettacolo
allo spettacolo della legge. Fellini lo avrebbe
fatto interpretare da Alvaro Vitali.
Resta
il fatto che non di bega di famiglia si tratta,
ma della ricaduta, di un effetto collaterale, del
collasso costituzionale in atto.
Ed
è significativa la circostanza per la quale
non si riesce a mettere a fuoco l'oggetto, che non
si riesca ad usare le stesse categorie, che non
si riesca ad avere lo stesso atteggiamento, oscillando
tra il distacco unilaterale e la partecipazione
becera nei confronti di ... questo luridissimo porco.
CDB
|
Un nostro
stimatissimo autore ci scrive per dirsi d'accordo con CDB,
e in fiero disaccordo con MC quando individua in «questi
leader, questi "giornalisti", questa sinistra
salottiera e impasticcata di se stessa... i primi, veri
e forse unici nemici della nostra democrazia». Si
dà il caso però che CDB è critico solo
in parte con l'intervento di MC, e comunque più per
il tono che per la sostanza. E allora?
Partiamo dalla fine. Tal Franceschini – pur sapendo
che il Pd è in caduta di consensi e sul punto di
spaccarsi, e che anche per questo non beneficerà
mai del premio di maggioranza – invita a votare Sì
ai referendum voluti da Mariotto Segni (ne vogliamo parlare?),
proprio come fa Berlusconi che invece accetta graziosamente
l'insperato dono. Confermo quello che ho scritto, rilevando
che, al punto in cui siamo, è molto difficile individuare
un comportamento politico razionale da parte degli elettori
e dei cittadini. Finché questi non si convinceranno
che è il pci-pds-ds-pd – in combutta con il
gruppo repubblica-l'Espresso – il massimo responsabile
del quindicennio berlusconiano, soprattutto per le leggi
non fatte quando potevano essere fatte: conflitto d'interessi
e regolamentazione delle frequenze televisive; e ora per
quelle elettorali che faranno. Il problema sono gli strateghi
che hanno fatto cadere Prodi, puntando tutto su Veltroni
e il pd. La mia viscerale avversione per Berlusconi non
mi acceca a tal punto da farmi dimenticare i veri responsabili
della sua, quella sì, resistibile ascesa. Ne riparleremo
quando sarà riuscito a farsi eleggere presidente
della Repubblica.
Sono d'accordo con Curzio Bettio
che così conclude le sue "considerazioni sui
prossimi referendum" [che abbiamo integralmente riprodotto
nel blog]
contro gli strateghi di cui sopra – D'Alema in particolare:
«Ancora confidano di ribaltare la frittata e di godere
loro dei “premi di maggioranza”: e intanto diventano
partecipi del suicidio dell’assemblea rappresentativa
del Parlamento Italiano, aprendo irreversibilmente le porte
ad un regime di oligarchi autoritari».CDB,
2 maggio
post scriptum – Insisto:
non si tratta di una bega famigliare ma del monstrum
rappresentato da un partito personale: circostanza
che deve essere ricondotta alla mancata regolamentazione
dei partiti e dei sindacati a partire dalla Costituzione.
Se non si legifera sulla base dei rapporti di forza, e nello
spirito del patto costituzionale – per es., l'art.
39 – poi arriva un Sacconi qualsiasi e fa strame dei
diritti acquisiti ma non regolamentati. Analogamente, furbizia
e incuria hanno permesso i partiti-fai-da-te – come
quello di Di Pietro, peraltro – nei quali la conduzione
è legata alla proprietà. Nell'art. 49 si parla
fugacemente di "partiti", non meglio definiti.
Il problema non sono i "partiti della bistecca"
o "delle casalinghe disperate", ma le regole democratiche
del loro funzionamento.
Ecco perché, se il leader può far eleggere
chi vuole, e la moglie del leader eccepisce, non si tratta
di una bega coniugale ma, appunto, di un collasso costituzionale.
O no? CDB,
4 maggio
***
In questo paese ci si spacca su tutto, mai prendendo in
considerazione le alternative che invece la complessità
non cessa di offrire. Anche Scalfari si domandava: È
figlia o amante? E
se fosse tutte e due?
###
Antigone, un mito
infranto
Quando
un mito s'infrange – "un archetipo, una forma
originaria, un'esperienza universale" – una costrizione
millenaria viene meno e i componenti della relazione si
autonomizzano perdendo l'identità coatta perché
un'altra urge.
Il mito infranto è quello che legava Creonte e Antigone
imponendo a ciascuno sottomissione a leggi contrapposte
e incomponibili. L'anfibolia paralizzante e sempre riproducentesi
era quella che opponeva la legge pubblica a quella del sangue,
il bene comune alla legge del cuore, lo Stato alla famiglia,
il generale al particolare, il diritto alla pietas,
il diritto di tutti a quello di ciascuno.
Successivamente queste polarità sono state sempre
meglio rappresentate dallo Stato e dalla religione, segnatamente
da quella cattolica, che ebbe buon gioco a perpetuarsi rappresentando
il sussistere e il persistere delle tradizioni nei confronti
delle leggi dello Stato, storiche, contingenti, transeunti,
talvolta tiranniche, spesso arbitrarie.
Ebbene, un certo giorno, un signore diritto e corretto,
un uomo, un padre, scompiglia questa relazione millenaria
– che tra l'altro imponeva alla donna, e solo a lei,
la cura delle relazioni parentali – e pretende che
sia la legge dello Stato a riconoscere e tutelare la pietas
che, nel frattempo, ha trovato forme più adeguate
al sistema delle mutate relazioni umane. Lo Stato è
stato riluttante nel riconoscere le giuste richieste di
un cittadino, la Chiesa ha perso le staffe e si è
lanciata in una furibonda campagna denigratoria –
il quotidiano dei vescovi ha titolato: "Il padre si
è fatto giudice e boia". La religione ci perde,
ma lo Stato non vuole guadagnarci; mentre la politica e
le arti della mediazione vedono diminuire la propria sfera
d'azione.
Il mito in questione ha certamente permesso all'individuo
di resistere, in passato, al prepotere dello Stato, ma nel
contempo ha sancito la sua minorità, una sua illecita
sopravvivenza nell'ombra di "leggi non scritte".
Il signor Englaro, rifiutando la pratica dell'illecito,
peraltro seguita da tutti coloro che si sono trovati nelle
medesime circostanze, non volendo perdere la sua dignità
di cittadino, ha preteso che lo Stato garantisse l'esercizio
della sua pietas, del suo amore paterno e dei doveri
che esso, a giudizio non solo suo, comporta. Congedando
la Chiesa, una volta per tutte.Claudio
Del Bello, 10 febbraio 2009p.s.-
Vedi su http://cattolicesimo-reale.blogspot.com/
quanto
Walter Peruzzi scriveva lo scorso anno sul
caso di Eluana Englaro.
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SESSO E MONETA Tommaso
de Berlanga, scrivendo la sua pagina di Diario della
crisi, sul manifesto del 3 dicembre, riferisce
di una ricerca fatta in Australia, secondo la quale «la
crisi farà aumentare del 10% il numero di quanti/e
si prostituiscono; le entrate sono però in calo del
5%, ma nei prossimi anni potrebbero crollare del 20%».
Mercato del lavoro senza capitale, braccianti erotici senza
strumenti (Ricardo, al più, parlava di uomo-con-vanga),
specializzazione nessuna, unskilled. Ma soprattutto,
senza produzione di plusvalore.
Già me le sento le truppe cammellate reichiane di
ritorno, i postmodernisti della produzione desiderante,
i giovani queers di rifondazione comunista, i transgender
e gli operaisti, andare in deliquio: abolita la produzione
di merci, pervasività della fabbrica diffusa, abolizione
del capitale fisso... Ci siamo! Il comunismo è a
un passo.
Resta il piccolo particolare della moneta. Lungi dall'essercene
liberati, resterà in eterno lo stigma dei rapporti
umani. In fondo, a quanto pare, nemmeno il sesso riesce
a sostituirla. Anzi...claus
g. dekodra, 14 dicembre
###b/n.
Un nero entra sorridente alla Casa bianca. Un bianco ne
esce incazzato nero. Antonio A.
diavoli di americani. Dopo Osama, ora provano
con Obama. M.C.
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CAMORRA,
GOMORRA E SAVIANO - Se
qualcuno dei camorristi vuole uccidere lo scrittore napoletano
Saviano, si tratta di un problema serio: Saviano va protetto
dallo Stato, a lui deve andare la solidarietà di
tutti e la lotta alla camorra va condotta anche perché
nessuno possa, né oggi, né in futuro, minacciare
di morte qualcuno solo perché abbia scritto. Saviano
deve poter vivere da uomo libero in una società libera.
Se ciò fosse realizzato, potrei forse argomentare
con più serenità quello che sto per scrivere
e che non posso, nonostante il momento, anzi, proprio per
il momento, non dire. Saviano scrittore e il fenomeno Saviano
non mi piacciono.
I motivi sono tre: il primo riguarda proprio la lotta alla
camorra. Ridurla a Saviano, identificarla con il giovane
scrittore napoletano, significa rischiarne il discredito
qualora il libro “Gomorra” fosse discreditato
o il personaggio Saviano perdesse di veridicità e
dunque di stima generale.
Il secondo motivo è più propriamente pertinente
al suo mestiere. Non mi piace come scrive e non mi piace
il libro “Gomorra”. Non è un romanzo,
ma non è neanche un saggio. È un saggio in
fiction dove i fatti vengono raccontati per sentito dire
o per averli visti di persona. Si ha l’impressione
che lo scrittore abbia frequentato gli stessi ambienti dei
camorristi, non come un alieno, bensì dal di dentro,
pur ovviamente non essendo mai stato un camorrista. Era
lì, osservava. Lo conoscevano, lo lasciavano osservare.
Poi, ha scritto il libro. Perché dovrei fidarmi?
Perché dovrei identificare veridicità e verità?
Solo perché si tratta della camorra, che è
il male. Non può bastare e a me, che faccio lo storico,
non basta. Dunque, “Gomorra” non aggiunge nulla
di nuovo a quello che già conoscevo. Lo fa di più
una sentenza di un tribunale di Napoli.
E, infine, il terzo motivo. Da quando è uscito il
libro Saviano ripete sempre le stesse cose. Da un lato afferma
che lo si vuole uccidere non per lo scrittore in sé,
ma per il libro, perché la camorra avrebbe paura
della pubblicità. Un lettore, afferma in ogni occasione,
prende coscienza e se tutti avessero coscienza la camorra
non potrebbe più continuare a fare le sue operazione
nel silenzio. In due anni non è mutata la situazione?
E comunque, non tornano i conti. Perché se egli avesse
ragione, ucciderlo significherebbe dare il massimo di pubblicità
al suo libro.MARCO
CLEMENTI, 16 ottobre 2008
###Cari
di Odradek, voglio mettervi a parte di una acquisizione
abbastanza certa dopo aver interpellato filologi, latinisti,
storici antichi e studiosi di diritto romano. È da
escludere, e comunque non esistono registrazioni in proposito,
che Caligola abbia fatto senatore il suo cavallo Incitatus
come ricompensa per prestazioni sessuali di tipo orale.
Manco a dirlo, non ha senso domandarsi se tali prestazioni
fossero di tipo attivo o passivo. Saluti.
C.G. Dekodra, ottobre 2008
###
TeleKabul Ricordate
TeleKabul? Il Tg3 accusato di essere filosovietico
ai tempi della "gloriosa" guerriglia talebana
in Afghanistan? La globalizzazione non risparmia niente
e nessuno. Stando in zona, si è diversificata in
TeleTblisi
e TeleLhasa.
Dall'Ossetia, per TeleTblisi, due giovanotti in
quota AN, zoomando nelle cucine e nei sottoscala, vanno
interrogando quasi sempre gli stessi profughi sulle nefandezze
dell'esercito russo, ma sempre tacendo sulla dinamica degli
avvenimenti, e sulle responsabilità georgiane. Allineati
e coperti. Da Pechino, la corrispondente di TeleLhasa,
tale Maria Cuffaro - nota più o meno per aver esclamato
"porca puttana" in diretta da Nassirja, mentre
scoppiava un qualche ordigno Usa lì vicino - fa il
contrappunto alle gare sportive con interviste ai dissidenti
incentrate sui lesi diritti umani. Si suppone che i primi
passi li abbia fatti a TelePietralata, con la sua
voce greve, gutturale, ormonica, più che armonica.
Dovrebbe diventare un cult la sua intervista a
una facoltosa rockstar cinese, la quale lamentava che il
Partito gli avesse contestato che in una sua canzone venisse
pronunciata una quarantina di volte la parola "Io".
La critica - da parte di un partito che invita a coniugare
in tutti i modi i verbi "accumulo" e "sfrutto",
meglio se in prima persona singolare - è con ogni
evidenza stilistico-letteraria. Più che di deviazionismo
ideologico, il Partito si preoccupava della patologia del
linguaggio: egolalia. c.g.dekodra,
19 agosto
###
Questioni di lingua - L'Italia
goliardica e postribolare, del fescennino e dell'avanspettacolo
è in festa. Se si digita "Carfagna" + "pompinara"
escono 808 occorrenze. Un tripudio. E l'osceno massone di
Arcore gongola. Ma perché - è una questione
di lingua, dopo tutto - il romanesco pompinara
e non già il più italiano pompinaia?
Lo chiedo al motore di ricerca, ma lui, che conosce le frequenze,
mi domanda suadente: «Forse cercavi: pompinara».
Non replico, ma tento il più austero pompinista:
tre sole occorrenze. Suona bene, e così mi distinguo
quando mi riferisco alla «ministra pompinista».
cdb
-
Zante, 14 luglio. Gara di sesso orale sulla spiaggia, arrestate
nove aspiranti (è il caso di dire) ministre.
-
Cari Odradekki, allora, vi prego di rendere pubblico questo
mio dubbio chiastico: «Aspiranti ministre o ministre
aspiranti»? Grazie, Claus G. Dekodra
Sì,
sì, tutti a parlare delle ministre pompinare, ma
degli squadristi ministri nessuno parla.
###
Se non ora, quando? -
Una
risata li seppellirà! Questo futile
slogan, ripetuto come un broccardo, o come un mantra, ci
accompagna da quarant'anni. Questa è l'ora.
Si concéntrino, elàborino, combìnino
i tanti elementi che si vanno aggiungendo. Muovere al riso
è pur sempre la costruzione di un meccanismo, di
un congegno che integra automatismi. Per es., il tragico
pagliaccio porta i tacchi, e siccome i cavalieri
lo fanno in piedi con le mani sui fianchi, l'altezza di
detti tacchi sarà da porre in relazione col busto
delle dame con l'aggiunta della lunghezza della
tibia, a meno del riporto di un cuscino; ricostruire la
prestazione ove avvenga con ministra accovacciata al riparo
di un podio durante un discorso, con susseguente malore;
diversificare le "suzioni ambientali" [un calco
da "dazioni ambientali" di dipietriana memoria]
a partire dalla dislocazione istituzionale: ministre, sottosegretarie,
fino alle sotto-segretarie... -
Notizia di oggi. Rocco Siffredi vuole la sottosegretaria
Brambilla come sua partner in un film dei suoi.-
Cari Odradekki, mi pare di capire che state proponendo La
grande succhiatrice come riedizione de Il grande
dittatore. È già una diminutio,
un sequel. Ma mentre Adenoid Hinkel era la riduzione
in farsa di Hitler, Bonito Napoloni vi era già farsa
di suo. Qui siamo alla parodia della parodia della parodia.
C.G.Dekodra
###
Questione di stile «La
cloaca del Csm», così ha voluto esprimersi
il senatore Gasparri, tradendo così la sua formazione
elitaria, fatta di frequentazioni esclusive: sale biliardo,
il Bagaglino, la curva dello stadio, il salotto di donna
Assunta. Non potendo sostenere di essere stato frainteso,
ha dichiarato: «Non volevo denigrare». La formula
di questa neodiplomazia potrebbe essere quel colloquiale
insulto romanesco che suona: «A fijo de na mignotta,
salvando tu madre».
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Il quotidiano della borghesia legaiola ha invitato i suoi
degni lettori a rispondere sul suo sito alla domanda: «Prendere
le impronte ai bimbi rom: siete d'accordo?».Nonostante
l'ammiccante "bimbi", il 63,7% ha risposto SI'.Vedrete,
domani Claudio Magris scriverà un toccante articolo
riparatore.cdb,
28 giugno (Sbagliato. Passano
i giorni, ma l'articolo riparatore non compare)
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Dopo le elezioni, nella tribù delle scimmie c'è
stata grande agitazione, culminata nella folgorante parola
d'ordine: "Allora, facciamo come la Lega!", visto
che all'apparenza "gli" operai votano Lega. Occorre
che qualcuno glielo spieghi alle scimmie: non sono gli operai
a votare Lega, sono alcuni legaioli che vanno a lavorare
in fabbrica. D
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Allegre brigate. Sconti per comitiveRoma,
13 giugno 2008.
FELICE PER RISULTATO VITTORIA DEL NO A REFERENDUM
IN IRLANDA, SALUTO COMPAGNI SIN FEIN. Paolo
Ferrero, esponente Prc ed ex ministro alla
Solidarietà Sociale.
"I Giovani padani stanno già organizzando
per l'estate un viaggio in Irlanda". Paolo
Grimoldi deputato leghista.MILANO
(ANSA) - Con in mano lattine di Guinness, la caratteristica
birra scura di Dublino, alcuni esponenti della Lega Nord
hanno brindato stamani a Milano, davanti alla sede di rappresentanza
della Commissione Europea, per festeggiare l'esito del referendum
con cui l'Irlanda ha bocciato il Trattato di Lisbona.
ROMA (ANSA) - UE: TRATTATO; CAPEZZONE, ORA RAFFORZARE
LEGAMI CON USA. Daniele
Capezzone, portavoce di Fi, sollecita un
rafforzamento dei legami transatlantici, in particolare
con gli Usa. «Troppe volte - spiega 'Bruxelles' è
divenuta sinonimo di vincoli, di gravami burocratici, di
appesantimento, di procedure farraginose, con scarsa verificabilità
democratica e ancora minore comprensibilità immediata
da parte dei cittadini. Ecco perchè serviranno più
coraggio e innovazione per rilanciare la costruzione europea:
e la prima cosa da fare è rafforzare i legami transatlantici,
in primo luogo con gli Usa». Poi
ci sono altri "radicali", quelli delle "radici
cristiane", che non mancano di alzarsi in volo:Città
del Vaticano 15 giugno (Agr) - Monsignor Aldo Giordano,
osservatore permanente della Santa Sede al Consiglio d'Europa
di Strasburgo, ha commentato l'esito del referendum in Irlanda
definendolo "un segnale da cogliere". "L'Europa
- ha detto in un'intervista a Radio Vaticana - deve ritrovare
i suoi fondamenti, le sue radici. Deve trovare il fondamento
dei valori". Poi
c'è Kaczynski1
luglio PARIGI (Reuters) - Il presidente polacco Lech Kaczynski,
nel primo giorno della presidenza di turno francese, ha
detto oggi che non ha intenzione di firmare per ora il Trattato
di Lisbona che riforma il blocco. Non
stupisce, ma è da rimarcare, la consonante esultanza
di questi signori. Che cosa accomuna Ferrero e la lega?
- lasciamo perdere Capezzone, le cui motivazioni sono profumatamente
condizionate.
Facciamo seguire queste
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Riflessioni
eterodosse su capitalismo, globalizzazione ed Europa.La
bocciatura dei (pochi) elettori irlandesi all'adesione al
trattato di Lisbona è un evento che non deve sorprendere
affatto. Esso va inquadrato in una fase storica del capitalismo,
non nuova ma ciclica, meglio conosciuta col termine giornalistico
"globalizzazione". La sinistra mondiale ha tentato
di analizzare questo fenomeno in modo del tutto miope, ragionando
con categorie a-marxiane e pregiudizi di maniera. L'utilizzo
manieristico della categoria di multinazionale (brutta e
cattiva), che schiavizza i poveri lavoratori dei paesi sottosviluppati,
ha infatti impedito di capire quale fosse la reale portata
dello scambio internazionale delle merci e dei fattori produttivi.
Tralasciando il fatto che tale sinistra sia assolutamente
marginale e non rappresentativa del panorama mondiale, l'atteggiamento
"radical scic" di empatia nei confronti dei "poveri
sfruttati" ha impedito di capire l'entità spaventosa
della vera rivoluzione portata dalla globalizzazione: il
raddoppio in pochi anni della forza lavoro mondiale. E soprattutto
non ci si è affatto interrogati sugli effetti che
questo processo sta avendo sulle remunerazioni dei fattori
produttivi (salario, profitto e rendita), che dovrebbero
invece essere centrali in una analisi che si voglia definire
comunista, antagonista, marxista, o come diavolo si voglia
chiamare.
Prescindendo da Marx, l'economia borghese (negli anni trenta
e quaranta, non ieri) arriva a delle conclusioni interessanti.
Il modello Hecksher-Ohlin, reso dinamico da Stolper e Samuelson,
in breve, teorizza che i paesi relativamente abbondanti
di disponibilità di lavoro, tenderanno a specializzarsi
nella produzione di beni che richiedono una alta intensità
di lavoro (ad esempio produzione di scarpe: un uomo, una
macchina da cucire, 30 tomaie al giorno), mentre i paesi
ad alta disponibilità di capitale si specializzeranno
nella produzione di beni che richiedono molto capitale (un
uomo al computer, venti macchine controllate dal computer,
un laser ad alta precisione). Questo perché i prezzi
dei fattori sono diversi: sia il lavoro che il capitale
costeranno relativamente meno dove sono relativamente abbondanti.
Ciò avviene in un mondo statico. In un mondo dinamico,
nel tempo cambiano le remunerazioni dei fattori. Nel paese
abbondante di lavoro aumenteranno i salari, mentre nel paese
abbondante di capitali, diminuiranno. In breve, i prezzi
relativi dei fattori, tenderanno ad essere uguali in tutto
il mondo. Tale tendenza è sotto gli occhi di tutti,
e spiega sia la vittoria dell'asse Tremonti-Lega, sia il
revival della parola "protezionismo" nella campagna
elettorale americana, sia il voto irlandese (e prima ancora
francese e olandese). E specularmente spiega anche l'amore
dei paesi emergenti per il libero commercio.
Secondo una recente ricerca, da prendere con le molle ma
interessantissima, nei sondaggi di opinione, il giudizio
sul libero commercio e la globalizzazione stanno cambiando
proprio in questa direzione. In occidente la percentuale
di "favorevoli" alla globalizzazione è
diminuita, mentre è aumentata in oriente e nei PVS
(Paesi in via di sviluppo). Chi dovesse interpretare questo
sondaggio con l'aumento della sensibilizzazione delle masse
europee verso lo sfruttamento dei paesi poveri, è
meglio che abbandoni il campo al più presto.
Molti economisti (guarda caso la maggioranza sono cinesi
e indiani), contestano questa impostazione, mostrando, a
ragione, come in realtà i salari reali in occidente
non siano diminuiti affatto. Anzi, sarebbero aumentati di
molto, per il lavoro specializzato, e di pochissimo per
il lavoro non specializzato. Ma in ogni caso sono aumentati.
La spiegazione più ovvia a tutto questo è
che la tecnologia evolve, aumentando la produttività
del lavoro e quindi i salari. Ma ciò non cancella
la tendenza di fondo. I salari reali dei paesi emergenti
crescono infatti proporzionalmente di più di quanto
non lo facciano i salari occidentali.
Ovviamente non tutti i salari sono direttamente influenzati
dal commercio internazionale, ma di fatto lo sono indirettamente.
Se infatti i produttori di beni e servizi commerciabili,
non specializzati, vedono una depressione salariale, tale
depressione toccherà anche i produttori di beni non
commerciabili internazionalmente (barbiere, baretto sotto
casa, organizzatore di eventi), non specializzati anche
essi. Insomma, se le classi in occidente sono diventate
via via sempre più spurie, non c'è da stupirsi
del fatto che l'operaio voti come il bottegaio e il padroncino,
ovvero voti per l'asse Tremonti-Lega. Dopo tutto, i loro
salari sono legati a filo doppio. Questo in Italia, ma nel
resto delle nazioni non è affatto diverso. Tremonti
e la Lega assumono nomi differenti. Nei paesi emergenti
intanto se ne fregano, e sognano solamente i livelli di
consumo occidentali, che vedono sempre più a portata
di mano e di portafoglio.
Cosa vuole quindi questo nuovo asse di interessi convergenti
neo-mercantilisti, di cui i "no-global" di sinistra
sono inconsapevoli supporters, grazie alle loro sviste sentimentali?
Semplice: provare a tutelare gli interessi (reazionari)
di questa nuova piccolo-borghesia spuria , minacciata nel
reddito dal commercio estero e dalla mobilità del
lavoro (l'immigrazione è solo un altro canale che
va a deprimere le remunerazioni del lavoro non specializzato).
Senza contare che già è tardi: il tessile
del Guangdong è strategico per la Cina come il distretto
calzaturiero di Barletta lo è per l'Italia. Alla
competizione fra capitali internazionali (brutti, sporchi
e cattivi), sono quindi tutti d'accordo nel preferire la
competizione fra stati nazione (belli, e romantici), come
se non avessero già coinciso, nel corso della storia,
come entità. Ma come competono gli stati? Barriere
doganali, svalutazione del cambio, imperialismo. Guerra.
"Arricchire" a spese del vicino, mors tua vita
mea, eccetera. Proprio ciò che l'Europa di Lisbona,
"liberista e amica dei banchieri" non vuole. Non
per cattiveria o ideologia, ma perché sarebbero misure
pericolose e inutili.
Tutto ovviamente già visto e già sentito.
Sembra già di vedere le folle acclamanti intorno
ai treni dei militari in partenza. Che schifo, la Lisbona
"dei banchieri", molto meglio Sarajevo. O Danzica.
brambilla,
14 giugno 2008
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Eutanasia
della gauche
Questi
signori – un miscuglio di dottori, studenti e socialisti
accademici – che sotto il profilo teorico sono degli
zeri e che praticamente non servono a niente, vogliono spezzare
i denti al socialismo (che è da loro concepito secondo
la ricetta universitaria) e illuminare i lavoratori o, come
essi dicono, inculcare in essi "elementi di istruzione",
mentre essi stessi hanno solo nozioni molto confuse. Costoro,
con questo incarognimento della teoria e del partito, si
propongono anzitutto di innalzare il significato del partito
agli occhi della piccola borghesia. Insomma, sono soltanto
dei miseri chiacchieroni controrivoluzionari, già
a tal punto toccati dal cretinismo parlamentare che credono
di trovarsi al di sopra della critica, respingendola come
reato di lesa maestà. [Karl
Marx, Lettera a Sorge (19 settembre 1879)].
In questo sito la campagna elettorale è
stata ignorata. A risultati conclamati, vale la pena commentarli
recuperando questa icastica citazione, per cogliervi quell'«inculcare
elementi di istruzione» ai lavoratori come elemento
caratterizzante la politica quotidiana degli appena scomparsi
rappresentanti del popolo: richiama la fatua rivendicazione
dei Dico mentre, loro al governo, aumentavano le morti sul
lavoro; la richiesta a gran voce dei diritti per i transessuali
(operazioni di chirurgia plastica gratuite) mentre l'impoverimento
dilaga.
Nessuna prece.
Resta il fatto che un parlamento che non riproduce la realtà
politica e sociale è un'aula sorda e vuota, bivacco
per cameramen.Come
è vero. Mi riferiscono che un'operaia abbia detto
in assemblea che, a lei, l'impianto non sapeva bene di che
cosa, perché una manager quarantenne potesse figliare,
non interessava minimamente. Fatto sta che al momento del
voto operaie e manageresse non hanno fatto massa
critica.G.C.
Dekodra
***
Bastonare il travestito che affoga!
Pare
che tale Piero Cassonetti, direttore di un giornale
free press distribuito ai semafori da strilloni extracomunitari,
abbia lanciato un appello per la grazia ad Anna Maria Franzoni
con queste parole: «Noi non sappiamo se Anna Maria
è colpevole o innocente, ma ora dovrebbe prevalere
un sentimento di pietà, di solidarietà. Non
è un sentimento ignobile, anche se negli ultimi anni,
mesi e giorni, tutti stanno cercando di convincerci di questo».
E tale Russo Spena, che passa per autorevole giurista del
partito di Cassonetti, anziché eccepire che la grazia
può essere concessa solo se a richiederla è
il reo confesso, invoca la compassione contro la vendetta
per "Anna Maria" (non sfugga quel familiare "Anna
Maria" - in quota AN - col quale il lettore viene irretito
con un legame di complicità, talché una via
intitolata a "Giorgio" risulterà oggetto
del prossimo appello di Cassonetti). Ma quale rifondazione?
Trasformismo (à la Fregoli), semmai, travestitismo,
ermafroditismo politico.
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M'hanno rimasto solo, 'sti quattro cornuti!Vittorio
Gassman, L'audace colpo dei soliti ignoti, di Nanni
Loy, 1959
Che
dire? Veramente, noi l'avevamo detto per tempo. In Segnalazioni
[clicca]
si può trovare un'analisi accurata che un "collettivo
di pensiero" aveva fatto del Veltroni-pensiero. Poi
abbiamo pubblicato Modello Roma. L'ambigua modernità,
sulla prassi veltroniana. Tendiamo ad escludere che la nostra
attività editoriale possa avere pesato sugli esiti
elettorali. Ci piace ritenere che le nostre analisi abbiano
còlto la corrispondenza tra il pensiero e la prassi
dell'Insulso capitolino.
###
Secessione e transessualità. Dopo la Kossova,
tocca al Padanio.
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Non chiamateli dottori. Per stare vicini alla ggente,
per coglierne gli umori e i pruriti, non si sono nemmeno
laureati. Niente libri, allora, solo cine e tv. La Storia?
Quale storia? Inutile
chiedere loro chi era Gavrilo Princip.Dekodra,
25 febbraio 2008
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We can, se po' ffa'.
Sfidando
Felice Accame, gran censore di barzellette – e di
chi le racconta – riportiamo quella che racconta di
un vecchio stuntman di Cinecittà ormai ridotto
a passare i pomeriggi al cinema parrocchiale. Durante la
proiezione di un film d'azione particolarmente eccessivo
nella sua inverosimiglianza, un'americanata, al
pubblico che rumoreggiava irridendo le azioni più
assurde, la vecchia comparsa, alzatasi in piedi e rivolta
verso il fondo della sala con un'espressione di sufficienza
e di commiserazione, controllata da una contenuta bonomia,
ripeteva annuendo: "Se po' ffà! Se po' ffà".
Le storielle guai a spiegarle, pretendono di essere ostensive,
icastiche e autosufficienti; gli apologhi invece guai a
non chiuderli con qualche sentenza, che per il momento potrebbe
essere la formula che compare nei titoli di testa (o di
coda) dei film, quella che avverte gl'ignari della circostanza
non banale per la quale "i fatti e i personaggi descritti
sono frutto di fantasia" e che, comunque, sono coperti
da copyright.CDB,15
febbraio 2008
###
Il
quotidiano "comunista" Liberazione ha
proposto un affascinante percorso: dal comunismo
al consumismo. Riportiamo una riflessione di Casimiro.
Viviamo
immersi in un universo di opportunità. Ma "leggero",
depurato di ogni pesantezza implicita del concetto di scelta.
Anzi, questa nozione stessa ha perduto il suo significato
originario, tutto interno al contesto del "tragico".
Lì "scegliere" vuol dire "perdere
molto" perché l'atto stesso del cogliere una
opportunità implica nello stesso momento la rinuncia
a tutte le altre che si pongono come alternative. Si salva
qualcosa pagando prezzo, si ottiene qualcosa pagando prezzo.
Il centro del tragico sta nel prezzo da pagare, nella consapevolezza
dell'unicità irreversibile di quel momento, nell'inevitabilità
delle conseguenze dell'atto che si sta per compiere. E anche
dell'opposto, il non fare la scelta che la vita reale ci
ha posto di fronte. Dire sul serio "ti amo" è
rinunciare a molto e implica conseguenze durature (l'insostenibilità
del rifiuto, l'incendio infinito della corresponsione).
E così il tirare o no uno schiaffo, l'opporsi o no
a un'ingiustizia, frenare o no allo stop. L'agire o no.
La scelta è in questo contesto un investimento ad
alto rischio, ma non evitabile. In cui "si investe"
tutto il capitale. Ossia se stessi. Il bello è che
si sceglie (e si paga) comunque, magari senza accorgersene
("anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso
coinvolti").
Vedo i miei figli crescere e ho paura per loro. Li vedo
intrappolati in una rete invisibile dove "scegliere"
è la frettolosa selezione sugli scaffali del superstore,
ognuno per conto suo. Se poi scopro che non mi piace o non
mi serve, domani torno e prendo un'altra cosa. Non rinuncio
volontariamente a niente. Se ho i soldi in tasca, certo.
Il "prezzo da pagare" c'è scritto sul cartellino.
Ma "il rischio" è tutto sommato piccolo,
misurato, reversibile. L'investimento di sé, zero.
La consapevolezza e la maturazione, conseguente. Non scegliendo
mai, perdo me stesso.
Qualcuno potrebbe chiamare questa condizione consumismo
e persino definirla il campo di gioco da cui la politica
deve ripartire, anziché - come in realtà è
- l'approdo terminale in cui la politica (a suo modo un'arte
delle scelte "tragiche", ossia gravide di conseguenze
quasi sempre irreversibili) non ha letteralmente più
nulla da dire.
La realizzazione di sé attraverso i consumi è
una vecchia e remunerativa idea che sta alla base dell'industria
della pubblicità. E bisogna avere una ben misera
considerazione della natura umana (e una altrettanto indecente
dell'agire pubblico) per assumere questa idea come un "punto
di partenza" per una "nuova politica". Il
campo di esercizio del consumo è infatti il campo
dei prodotti, del "già fatto". Realizzare
se stessi - la nostra individuale, seppur piccola, unicità
- attraverso il rimasticato industriale è come credere
di essere artisti nutrendosi di immaginario invece che mettendo
all'opera l'immaginazione. E non è neppure una pensata
innovativa: l'ha già fatto Berlusconi, trasformando
un'impresa di raccolta pubblicitaria (Publitalia) in un
partito col nome di uno slogan da curva.
Stiamo allevando - come "occidentali capitalistizzati"
- generazioni per cui tutto è teoricamente possibile.
Persino "un altro mondo" (basta non essere troppo
precisi o troppo critici). Generazioni che annegano nella
precarietà contrattuale ed esistenziale, esposte
alle sirene assassine che ti presentano l'instabilità
come "opportunità", sottacendone accuratamente
la sostanza pratica minacciosa e annichilente. Non mancano
gli esempi per indorare la pillola (fare sesso invece di
fare coppia, che figata! non si paga e non ci si lega! Fino
a che non arriva un figlio, e allora…). Pubblicità,
nulla di più.
Generazioni, voglio dire, per cui tutto è possibile
ma niente è fattibile. Le vedo smarrire i migliori
anni in questa attesa fremente di momenti ognuno insignificante,
scambiabile con ogni altro; così come lo è
un "lavoretto". Private della possibilità
di fare scelte. A cominciare da quella della ribellione,
of course. Private della possibilità di sapere che
una scelta vera ti mette davanti all'irreversibile. Dove
il prezzo da pagare è il senso e il modo di una vita:
la tua. E la domanda è una sola: la investi o la
consumi?Casimiro,
28 10 2007
###Lavoratori
veri Anche a sessantanni si può non
sentire la fatica.
E' proprio vero. Perché andare in pensione a sessantanni?
Specie quando tutti concordano nel giudizio: Lui è
il migliore. Anche i giovani
rampanti lo guardano dal basso in alto. Sono passati decenni,
un diluvio di nuove tecnologie ha scavato nel terreno delle
sue specialità. Ma non lo hanno superato. E' uno
preciso, sembra ancora fatto a mano (ed è anche vero,
a volte si vede). Ed è indifferente al clima: regge
con
disinvoltura polvere, pioggia, fango, temperature tropicali
e tormente siberiane. Nemmeno il capitalismo lo ha reso
più efficiente.
E dire che è nato al tempo dell'«uomo di marmo»
e dello stakhanovismo.
Perciò gli saranno dati tutti gli incentivi che servono
per mantenerlo in attività. Nonostante non sia propriamente
un pacifista. Del resto, è
pur sempre il Kalashnikov.fucik
###
a
proposito di modello Roma«le
proteste devono essere misurate rispetto ai disagi che si
ripercuotono nei confronti dei cittadini. Bisogna trovare
il modo per protestare che sia meno insopportabile per la
vita dei cittadini» W. Veltroni, 25 giugno, a proposito
dei pendolari alla stazione Tiburtina che protestavano per
l'aumento del biglietto ferroviario, più che raddoppiatopresto
diventerà modello Italia
###
Chi è sicuramente impresentabile è
proprio Bertinotti, indipendentemente dal capitalismo
italiano - "Quando
figure di primissimo piano delle istituzioni - sostiene
Montezemolo - si spingono a dipingere come 'impresentabile'
il capitalismo italiano, senza che si alzi una sola voce
dal mondo della politica a smentire una autentica falsità",
il mondo industriale "deve rivendicare a viso aperto
capacità di saper fare il proprio mestiere".
(ANSA, 24 maggio 2007)
Per carità, la logica del patron dei
padroni è risibilmente tautologica, ma nel febbraio
dello scorso anno, in questo Zibaldone (vedi sotto),
avevamo rilevato un gioco a parti rovesciate:
#
L'opposizione di sua maestà(II). “Dal
Corriere della sera, 7 febbraio, p. 31, apprendiamo
che il lieve Bertinotti, ospite de Il Sole-24ore,
si è lasciato andare a una stupefacente e sconveniente
difesa del capitalismo italiano; secondo colui che vuole
diventare presidente della Camera «non è straccione»
e non c'è «una condizione genetica di inferiorità
della nostra borghesia imprenditoriale». È
toccato al liberista Francesco Giavazzi ristabilire un po'
di decenza ricordando che «in Italia molti imprenditori
non innovano più perché lavorano in settori
protetti».
###
Meglio
due Inquisizioni che nessuna
– Dall'alto prima fisico e poi morale della sua rubrica
sul "Corriere della Sera", Ernesto Galli Della
Loggia porta giorno dopo giorno il suo sassolino alla pietraia
dell'oscurantismo reazionario. Sabato, 10 marzo scorso,
ce l'aveva con Piergiorgio Odifreddi in quanto "star
dell'ateismo italiano". Dall'ultimo libro di costui,
Perchè non possiamo essere cristiani (e meno
che mai cattolici), Galli Della Loggia ha colto affermazioni
come quella che "lo stesso termine cretino deriva da
cristiano" o quella relativa al fatto che "se
Gesù fosse risorto ad Haiti non sarebbe altro che
un letterale Zombie". Invece di provarsi a dimostrarne
l'infondatezza, Galli Della Loggia le definisce "battute
da trivio" e, già che c'è, va oltre -
impegnando tutto il suo senso civico per impedire che l'Odifreddi
possa continuare a nuocere. S'indigna del fatto che gli
sia stata affidata la direzione scientifica di un imminente
"Festival della Matematica" di cui non specifica
se condotto da Pippo Baudo o no, e pone al sindaco di Roma,
tal Veltroni, una domanda cospicuamente retorica: avrebb'egli
affidato a Qualcuno tale prestigioso incarico se questo
Qualcuno, invece che a proposito del cristianesimo (che
lui scrive con la maiuscola, lo sa Dio perché), avesse
parlato a proposito dell'Islam?
Ovviamente no, è la risposta implicita. E allora?
Del perché non si cura. Implicita è anche
la certezza che contestare la religione islamica sia pericoloso,
mentre contestare il cristianesimo sia facile e gratuito.
E invece di chiamare a gran voce tutta l'umanità
ragionevole e sensata perchè si unisca per garantire
libertà di opinione per tutti, l'intellettuale Galli
Della Loggia si accontenterebbe di privarne almeno uno -
uno dei pochi - della libertà della sua opinione.
Meglio due Inquisizioni che nessuna - è
il suo motto.Felice
Accame, 11 marzo 2007
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Una
gioia violata - Antonio Carioti, sul Corriere
della sera di oggi, firma una recensione a La gioia
violata di Federica Saini Fasanotti, libro che tratta
dei - state bene attenti - «crimini subiti dagli italiani
durante il secondo conflitto mondiale per mano di forze
della coalizione antifascista». Quando? Nel 1944.
Dove? In Grecia. A ridosso del "giorno della memoria",
il Carioti così rincara la dose: «I partigiani
greci, nazionalisti o comunisti, non furono inferiori per
determinazione e ferocia a quelli di Tito nel combattere
le truppe del regio esercito che occupavano il loro paese».
Dove sta la notizia? La solita, feroce, iniqua, trasversale
e popolare resistenza all'invasore. Ogni commento sarebbe
sproporzionato alla miseria della circostanza: un giornalista
che deve scrivere il suo pezzullo nel giorno in cui si celebrano
gli "Italiani brava gente". Rimane, lancinante,
la domanda relativa al titolo del libro: "Gioia violata",
quella degli aggressori?Dekodra,
9 febbraio
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Servitori - La morte dell’ispettore
Raciti avvenuta venerdì scorso nell’ospedale
di Catania è una di quelle morti che pesano, al punto
di essere riuscita a fermare una delle maggiori industrie
italiane, la calcistica, che ha un giro d’affari pari
a circa mezzo punto di Pil. Una settimana prima, in un oscuro
campetto di periferia della periferia d’Italia, la
Calabria, era morto un dirigente di una squadra di terza
categoria. Aveva pesato meno, non si era fermato il calcio,
ma aveva suscitato scalpore e un certo sdegno. Non mi interessa
qui “misurare” i due episodi, che un certo collegamento
ce l’hanno e forse qualche riflessione in tal senso
potrebbero anche indurla, ma mi vorrei soffermare sul significato
politico del primo e del perché il secondo è
apparso subito più leggero. La risposta è
ovvia: nel primo caso è morto un servitore dello
Stato, nel secondo un cittadino qualunque.
Servitore dello Stato: quante volte si è usata questa
locuzione sui media e nei discorsi dei politici? Da Calipari
a Dalla Chiesa, da Calabresi a Falcone e Borsellino, si
è sempre usata questa espressione per volerne sottolineare
una qualità, metterne in evidenza la caratteristica
pubblica più evidente, più facilmente comprensibile
per l’opinione pubblica. Ma cosa dice davvero questa
espressione, che negli anni Settanta veniva addirittura
storpiata, ma dunque accettata, in servo dello Stato? Cosa
cela dentro di sé? Un baco? Se sì, di che
tipo?
Ebbene, l’espressione è un ossimoro, un controsenso,
un falso. Lo Stato è la mediazione del complesso
di molteplici interessi di varia natura. È lo Stato
che serve affinché queste contraddittorie tensioni
si tengano assieme. Chi lavora per lo Stato, nell’interesse
dello Stato, non difende un’idea astratta, ma un preciso
patto che serve alla conservazione, al mantenimento e alla
proliferazione di un determinato interesse specifico di
classe. Carlo Giuliani durante il G8 di Genova stava difendendo,
quando venne assassinato, uno specifico interesse di classe
opponendosi alla violazione dei diritti civili perpetrata
in quel momento più in generale dagli otto governi
riuniti nella illegale zona rossa e, in particolare, proprio
dalle forze dell’ordine che proditoriamente avevano
attaccato una dimostrazione pacifica interrompendo le garanzie
costituzionali. In quel momento, in quel dato contesto,
se si vuole parlare con le parole di cui si tratta in questo
pezzo, essi non erano servitori dello Stato, mentre lo era
Carlo. Ma, in realtà, non lo era neppure Carlo, in
quanto lo Stato non prevede per sé dei servitori.
I servitori sono previsti solo se si parla di potere. Le
forze dell’ordine erano, a Genova, servitori del potere
in assenza dello Stato. L’espressione servitore dello
Stato, in realtà, significa proprio questo: si è
servitori di un determinato potere in uno specifico contesto,
quando il potere non è più mediazione di interessi
diversi ma rappresentazione violenta di un solo interesse
particolare. Ed ecco che la differenza tra servitore del
potere e servo del potere decade nel senso che il potere
vuole solo accoliti.
Morire per una partita di pallone, invece, c’entra
poco con il senso del dovere e dello Stato. È una
morte inutile, stupida, tragica. È un nuovo tassello
della guerra civile globale, un terminale di questa società
che non è tenuta assieme ormai più da niente
e che si sgretola in ogni occasione nella quale potrebbe
perdere il suo equilibrio. È la rappresentazione
dell’altra faccia del potere, ossia dell’assenza
dello Stato. Lo si è visto nelle reazioni del dopo
Catania. I nostri politici lasciano che si arrivi al parossismo
per poi cercare di governare l’emergenza. Nessun progetto
per il paese. Totale assenza.
L’ispettore Raciti faceva parte delle guardie d’onore
della famiglia sabauda, quelle che si vedono dentro al Pantheon
in un giorno qualsiasi mentre fanno il picchetto d’onore
alle tombe dei nostri re. Dove c’è uno Stato
questo non è strano. A Istanbul (Turchia) le tombe
di alcuni sultani e della loro discendenza sono un monumento
nazionale. È il passato, concluso, al quale si è
riconoscenti se ha reso prestigioso lo Stato. Da noi, invece,
il passato non passa mai. I Savoia non sono morti e far
parte del picchetto d’onore a quelle tombe ha un significato
politico, perché i Savoia rappresentano ancora un
potere, che si contrappone a un altro potere. Che ci fa
un poliziotto tra quei volontari? Di chi è servitore,
quando osserva i turisti dalla tomba di Umberto I, ucciso
dal compagno Gaetano Bresci nel 1900 a Monza?
MC, 8 febbraio
2007
###
Mercoledì
31 gennaio 2007, il quotidiano della borghesia riflessiva
pubblica con grande evidenza lo sfogo di una casalinga frustrata
nei confronti del marito che la trascura e che rientra a
tarda notte appagato da incontri galanti. La sera stessa,
Rai1, Rai3, Canale5 e La7 dedicano al fatto la seconda serata.
Domani il paese-Paese non parlerà d’altro.
Cercando di interpretare il più autentico pensiero
del filosofo Massimo Cacciari, ci domandiamo: «Perché
la donnetta non si è limitata ad aspettarlo con i
bigodini in testa e il matterello in mano?».O.,
31 gennaioUn
lettore protesta: «Eh, no, cari Odradekki, il minipezzosfogo
è una caduta. Le riflessioni erano altre, ghiotte,
preoccupanti. Salvo solo l'incipit, come ai vecchi tempi:
"il quotidiano della borghesia..."».
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La
memoria, la memoria, la memoria... e la logica?È
vero che molti antisemiti sono anche antisionisti. Ma siccome
ci sono antisionisti che non sono antisemiti, mentre si
sono dati i casi di sionisti antisemiti e soprattutto di
semiti antisionisti, NON si può concludere che tutti
gli antisionisti sono antisemiti. Non si può.
Aridatece Ciampi! (e due)
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La
irragionevole fermezza e la guerra civile globale
La conclusione della vita di Piergiorgio Welby ha dimostrato
in modo drammatico una continuità storica nelle posizioni
della classe politica italiana, capace di ripetere medesime
strategie a distanza di decenni. Come nel caso di Aldo Moro
nel 1978, infatti, anche oggi il parlamento italiano, il
governo e le istituzioni sono rimaste ferme nel non decidere,
mistificando nel contempo lo stato delle cose attraverso
un uso mirato di una terminologia ambigua. Questa classe
politica, in altre parole, ha dimostrato la propria trasversale
inadeguatezza a misurarsi, in un paese in cui spesso si
discute di futilità, con i grandi temi del nostro
tempo, che riguardano anche il rapporto tra l’uomo
e la vita. In Italia ogni passo in avanti sul piano sociale
e civile è costato lacrime e sangue, defaticanti
battaglie parlamentari e referendarie perché una
sacca molto ampia di inetti ricattabili inseriti all’interno
di un sistema di potere consolidato da decenni non si cura
degli interessi della comunità che purtroppo rappresenta.
È questo che i radicali italiani, che in diverse
occasioni si sono battuti anche con coraggio per l’affermazione
del diritto in questo paese, non hanno ancora compreso.
La società civile, infatti, non ha nulla da chiedere
a questo governo e a questo parlamento. In nome di cosa
dovrebbe? Di una legalità che esiste solo nella mente
di chi la propone, vista l’impossibilità oggettiva
di coniugare in modo adeguato le decine di migliaia di leggi
che sono oggi in vigore? Non è un caso, del resto,
che la gestione del caso Welby abbia aperto una serie di
importanti contraddizioni all’interno del potere,
scoprendo proprio dicotomie legislative, vuoti normativi
e conflitti di competenze che hanno finito per coinvolgere
anche la Chiesa la quale, venendo meno alla ragione stessa
della propria esistenza, quella della misericordia, ha negato
il funerale religioso a Welby. Si tratta di un fatto inaudito,
che per la sua gravità è indice di quanto
il potere si regga su un ampio patto che presenta, visti
gli innumerevoli interessi in campo, sensibili lacune. Solo
la magistratura, come tradizionalmente è accaduto
anche in passato, ha cercato di mantenere un equilibrio,
nonostante le spinte centrifughe e a volte eversive della
politica; con la quale, è evidente, non si può
dialogare e alla quale, lo ripeto, non si può chiedere
nulla. La società civile deve continuare a provocare
contraddizioni, allargare le falle dove queste si aprono,
ma smettere di attendersi dai notabili di regime qualcosa
che essi, per la loro stessa natura, non possono dare al
paese. Siamo su due piani differenti, è bene rendersene
conto. La guerra civile globale continua.
MC, 23 dic. 06
Fila
liscia l'argomentazione di MC. Troppo. Si salverebbe la
magistratura, e addirittura i radicali! Non sequitur.
La democrazia parlamentare non si è certo giovata
dell'azione dei radicali. Mandarono Cicciolina e Toni Negri
in Parlamento, e volevano candidare anche Licio Gelli e
Pasquale Barra detto "'o animale". Con le loro
raffiche di referendum, mentre contribuivano a delegittimare
il Parlamento, avviavano un processo di populismo istituzionale,
una democrazia just do it e in presa diretta in
cui le decisioni vengono prese sotto pressione emotiva e
dopo che le questioni siano state convenientemente drammatizzate
e spettacolarizzate: legislazione ad hoc e ad
personam. Legiferare in queste condizioni non si può
e non si deve. Questa classe politica fa ribrezzo (vedi
qui sotto), ma dopo di essa ci sono le squadracce, le ronde
padane e la guerra civile, appunto. Z.
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Il
feroce comunista ha gettato la maschera
Alle
20:31 di lunedì 18 dicembre le agenzie hanno battuto
la notizia secondo la quale Bertinotti avrebbe dichiarato:
«I poveri hanno diritto alla
solidarietà umana». Dopo il liberismo compassionevole,
ecco a voi il comunismo solidaristico! Il punto
vero non sta tanto nella personale interpretazione che si
dà del comunismo. Poco male, rimanendo il comunismo
- scientifico o meno che lo si voglia - pur sempre un'istanza,
e innumerevoli marxismi si sono avvicendati a modulare il
concetto proponendo rappresentazioni largamente incompatibili
tra loro. La gravità dell'affermazione sta nel significato
che surrettiziamente viene offerto del concetto di DIRITTO.
C'è stato accordo, negli ultimi duecento anni, sul
fatto che le leggi e le norme che regolano la vita sociale
dipendono da una stipulazione e rappresentano i rapporti
di forza, risultando il diritto, anche quello soggettivo,
la misura della dignità e dell'identità, comunque
raggiunto in un conflitto, e quindi strappato alla controparte.
Gesticolando e avvotando la evve, Bertinotti - cioè
la terza carica della Repubblica - s'inventa i "poveri",
li enuclea dal proletariato e li priva di ogni diritto,
se non quello di aspettarsi una qualche elemosina. Bush
e i teocon sono molto più seri.cdb,
19 dicembre
Quella
dei "poveri" è l'ultima spiaggia. Se non
ci riattestiamo sulla linea dello sfruttamento,
magari pronti a ripiegare su quella dell'emarginazione-disoccupazione,
la prossima battaglia sarà contro lo scempio che
faranno dei loro cadaveri, e a favore di una dignitosa sepoltura
nelle fosse comuni. No caterpillar! Z.
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Sempre
in culo all'ortolanoIl
Corriere della sera di mercoledì 13 dicembre
pubblica con molto risalto e una certa compunzione i risultati
di un sondaggio tra gli studenti delle scuole milanesi,
secondo il 43% dei quali sarebbero state le Brigate rosse
a mettere la bomba alla Banca dell'agricoltura. Nell'articolo
di p.25 («Sono state le Br, o la Mafia») si
dà conto della giustificazione addotta da una "liceale
del Parini": «A scuola non si parla mai della
storia degli anni Settanta!». Eh, no, stronzetta.
Non con la scuola te la devi prendere, ma con la famiglia,
e magari con la tua in particolare, perché certe
notizie si apprendono a casa, tra un boccone e l'altro.
Lasciate stare la scuola. Delle due l'una: o l'informazione
viene direttamente da papà e mammà, o dal
sistema dei media, che di guerra ai terroristi
campa da trent'anni e che continua a sbattere mostri
in prima pagina. Come Azouz Marzouk, sospettato di strage,
perché tunisino e uscito per indulto.
cdb,
15 dicembre
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Ogni
caduta è buona
Rispetto
al passato tristemente noto, la nostra epoca sa proporci
anche casi di caduti pronti a ricominciare.
Domenica 29 ottobre, Valentino Rossi cade nel Gran Premio
di Valencia e perde il titolo mondiale. Lunedì 30
ottobre "La Gazzetta dello Sport" annuncia in
prima pagina il fatto e vari articoli di commento. Tra questi,
uno in particolare sfrutta con consapevole disinvoltura
le potenzialità metaforiche del fatto incorporando
indistricabilmente commento e commentatore. "Benvenuto
tra noi mortali" a firma di Lapo Elkann. Cocaina
e transessuali - categorizzati come "caduta" metaforica
(non dico la prima, ma almeno i secondi farebbero bene ad
adontarsene) - autorizzano competenze in materia di cadute
dalla motocicletta - a condizione, s'intende, che la classe
sociale o, meglio, la "famiglia" sia quella giusta.
E' così che l'ex giovane "in cerca di se stesso
ma che intanto trova qualcos'altro" produce letteratura
socialmente edificante, permettendosi di schiacciare a più
riprese sul pedale metaforico - "la vita è come
un 'circuito' con cadute e trionfi", dice Lapo, e "la
mia esperienza personale mi dà la certezza che, quando
gli obiettivi sono forti e giusti e quando il 'team' è
combattivo e leale, si può ricominciare immediatamente".
Tutte brutte notizie, peraltro, per il suo entourage.
F.A., 30 ottobre#
Lonorevole
stupefatto
Sosteneva Edgar Allan Poe (Suggestions, IX) che ci
sono pochi uomini, fra coloro che risultano provvisti di
quella sensibilità particolare che è la radice
del genio, "che non abbiano, nella loro prima giovinezza,
profusa molta della loro energia mentale vivendo,
come si suol dire, troppo presto". Più
tardi, in costoro, "sopravviene il desiderio di spronare
limmaginazione fino al punto verso il quale non si
dovrebbe normalmente arrivare in una vita comune e ben regolata".
Loscuro desiderio di stimolanti artificiali può
allora essere riguardato come un bisogno o come una necessità
fisica un conato per ritrovare ciò che fu
perduto, una battaglia dellanima per riafferrare la
posizione che, in altre circostanze, gli sarebbe stata dovuta".
Poe non aveva in mente i membri del parlamento italiano.
Quale che sia lidea che ciascuno di noi si può
esser fatta della genialità tocco divino,
tara genetica, psicopatologia sessuale, privilegio biologico
o sociale -, in nessun caso saremmo propensi ad individuarla
in un membro del nostro parlamento anche se, a onor
del vero, se si pensa allincredibile capacità
di qualcuno di loro di essersela cavata nella vita, e cavata
lautamente, cè davvero da fargli tanto di cappello.
Quel loro consumo di droghe che pare accertato in questi
giorni andrà spiegato diversamente e comunque
incoraggiato, se volessimo proprio pensare al nostro tornaconto,
perché uneventuale loro tossicodipendenza non
ci costerebbe mai quanto una spedizione militare nel Libano,
un traforo del Brennero, un ponte sullo stretto di Messina
o una Tav.
Tuttavia, incocciando prontamente nellaffettuosa comprensione
di un Garante della loro privacy una privacy che,
comè noto, se non altro già per il potere
dacquisto è molto diversa dalla nostra
sono riusciti ad ottenere un velo pietoso sugli schermi
televisivi. Il che, a dire il vero, potrebbe sovvertire
tutte le nostre certezze, perché sempre a
parere di Edgar Allan Poe (Marginalia, XLIII)
"il vero genio rabbrividisce alla manchevolezza
allimperfezione e di solito preferisce il silenzio
al dire qualcosa che non è tutto ciò che dovrebbe
dirsi". Perché mi permetto di aggiungere
, se si potesse dir tutto ma proprio tutto di chi
ci dovrebbe rappresentare in parlamento, questa debolezza
risulterebbe forse il male minore.
Nota
Per le citazioni di Poe, cfr. Marginalia, Mondadori,
Verona 1949, pagg. 219 e 63.
F.A., 15 ottobre
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La storia di Vika
Ringraziamo M.C. per questa nota sulla vicenda che ha
visto una bambina bielorussa vittima ignara di un indecente
balletto mediatico e nazionalpopolare.
Una bambina bielorussa di nome Vika (vezzeggiativo di Viktorija),
affidata per un breve periodo allo Stato italiano attraverso
lamministrazione locale di Cogoleto, è stata
ospitata da una famiglia italiana per alcuni giorni. La
stessa lha sottratta, nascondendola per circa tre
settimane e impedendone il rientro in patria fino al suo
ritrovamento da parte della polizia italiana.
Si tratta di una vicenda esemplare, perché in essa
si delineano alcuni tratti, sia dellitalianità,
sia del tempo nel quale viviamo.
Un tratto dellitalianità è il cambio
del nome: da Vika a Maria, che suona certamente più
cristiano. Gli italiani lo hanno fatto spesso in passato:
hanno cambiato in nomi delle strade, delle città
e dei luoghi naturali in Istria, Dalmazia e Suedtirol e
hanno costretto molti di quegli abitanti a "italianizzare"
il proprio cognome.
Per quanto riguarda i tempi che corrono, si noti lincidenza
delliniziativa privatistica a discapito di quella
di uno Stato che dovrebbe essere il garante del diritto.
Esiste, ha detto la mamma di uno dei componenti della coppia,
una legge superiore a quella degli uomini, una legge morale
simile a quella che contrappose Antigone a Creonte. Nulla
di più falso. Anche Creonte evoca la morale e non
giustifica Antigone perché, afferma, i morti non
sono tutti uguali. Chi è morto tradendo non può
aspirare a una degna sepoltura. Antigone, che viola questa
disposizione, VOLUTA dagli dei, si assume però tutta
la responsabilità del suo gesto, e in questo acquista
dignità.
Nel caso di Vika, invece, la coppia di Cogoleto non si è
assunta nulla. Ha sottratto un minore, nascondendolo, non
dandogli la possibilità di parlare e spiegare, ma
svolgendo il ruolo di suo portavoce e arrogandosene un altro,
quello di "genitori affidatari" che non solo i
due non hanno, ma che è stato addirittura distorto
nella sua valenza.
Il parlamento italiano, infatti, ha adottato nel 2001 la
legge 149 con la quale il minore ha acquisito nuovi diritti.
La legge prevede la chiusura degli istituti per i minori
e la loro sostituzione o con case-famiglia e lassegnazione
dei minori a genitori affidatari, cosa assolutamente diversa
dalladozione, direi praticamente opposta. Laffidamento,
infatti, ha come fine ultimo la conservazione della famiglia
di provenienza del minore, che mentre lo stesso si trova
presso unaltra coppia, dovrà essere sostenuta
grazie allintervento dei servizi sociali e degli enti
locali. Laffidamento, dunque, è assolutamente
temporaneo e non recide in alcun modo le radici del minore,
come accade, invece, nel caso delladozione, dove il
bambino diventa, per così dire, "proprietà"
dei nuovi genitori.
Si tratta di una legge innovativa rispetto al passato, perché,
come dice allarticolo 5, il diritto del minore a vivere,
crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è
assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età,
di LINGUA, di RELIGIONE, e nel rispetto della IDENTITA
CULTURALE del minore e comunque non in contrasto con i princìpi
fondamentali dell'ordinamento italiano. La coppia di Cogoleto,
e dietro lei tutto il comune rappresentato dal sindaco,
hanno violato la lettera di questa legge, tentando di sottrarla
al suo retaggio culturale attraverso limpedimento
al ritorno in patria dove, peraltro, vive un fratello.
La risposta dello Stato italiano a questo tentativo è
stata affidata alla sola magistratura, mentre la politica
ha latitato, soprattutto a sinistra (si ricorderà
il caso del piccolo cubano Elìan, riconsegnato infine
al padre a Cuba dopo il tentativo dei parenti di naturizzarlo
statunitense. Le autorità di Washington, alla fine,
decisero. Da noi, nulla. Si è atteso "il ritrovamento").
La magistratura, dal canto suo, ha evitato di procedere
a provvedimenti restrittivi nei confronti della famiglia
autrice del rapimento, quindi ha respinto il loro ricorso
in quanto quei due signori, non essendo neanche "affidatari",
non avevano i titoli per unazione legale, di nessun
tipo. Ciò, però, è accaduto con grave
ritardo, quando già Vika si trovava in Bielorussia.
Il governo di Minsk, con grande dignità, ha reclamato
il ritorno della sua cittadina in patria. "Lultimo
dittatore" Lukashenko, non ha proferito parola al riguardo,
lasciando che fossero i ministeri competenti ad occuparsene.
Che hanno ribadito, ieri, la possibilità che la bambina
possa venire adottata, secondo le procedure previste dalla
legge. Una lezione, lennesima.
MC, 3 ottobre 2006
#
La
morte di Oriana Fallaci tra storia e memoria
Oriana Fallaci ha costituito uno dei maggiori casi letterari
che l'Italia abbia avuto negli ultimi decenni e che dopo
la sua morte è destinato probabilmente a rinnovarsi;
io stesso, che mi ero fermato a "Un uomo", forse
finirò per leggere qualcosa di più rabbioso
e orgoglioso.
Si conosceva bene la giornalista. Essa aveva un ego ragguardevolmente
ipertrofico che le imponeva di dividere con la sua scrittura.
Talentuosa, scrupolosa, concepiva la sua professione come
una missione e si era convinta, specialmente negli ultimi
anni di vita, di essere nel giusto (per inciso ricordo che
ci lascia in eredità una Fallaci con i pantaloni,
Magdi Allam, che ieri difendeva il diritto del papa di dire
quello che gli pare, cosa ovvia - e da ridere detta da un
egiziano, cattolico - se non fosse pericolosa e potenzialmente
tragica). Prigioniera di questa sua convinzione, la Fallaci
ha prodotto molti danni e ha contribuito alla polarizzazione
dell'opinione pubblica italiana in un momento nel quale
sarebbe servito soprattutto ragionare. Si considerava, peraltro,
una storica e non apprezzava gli storici di professione
- gli studiosi, insomma - in quanto, diceva, essi arrivavano
a occuparsi di un avvenimento due o trecento anni dopo e
pretendevano di ritrovare la verità leggendo fonti
scritte da così tanto tempo e probabilmente manipolate
da altri interventi. Il giornalista, invece, che osserva
direttamente i fatti che descrive, è l'unico portatore
di verità e, dunque, non si deve dubitare di ciò
che ci viene detto quando si ascolta la Tv o si legge la
stampa.
Si tratta di una grave mistificazione della realtà.
Il giornalista che racconta un fatto crea nel migliore dei
casi una "Cronaca" (o parte di essa). Quello che
intervista un uomo politico ecc., o compie un'inchiesta,
crea un documento. Sia la Cronaca che l'intervista o l'inchiesta
diventano delle fonti e possono essere usate dallo storico,
che si differenzia dal giornalista e dal cronista proprio
per la possibilità che egli ha, e offre agli altri,
di controllare le fonti non solo in quel momento, ma sempre,
anche a distanza di cento anni da uno storico di un'altra
epoca. Quando non è possibile fare ciò, si
esce dall'ambito scientifico e si entra altrove. Ciò
è dirimente, in quanto è proprio la possibilità
di controllare le fonti (che corrisponde in fisica a quella
di ripetere un esperimento in laboratorio), a fare della
storia una scienza, a differenza del giornalismo, che è
una professione.
I danni provocati dall'esaltazione di certe argomentazioni
della Fallaci, proveniente del resto essenzialmente da suoi
colleghi, contribuisce alla mancanza di chiarezza che contraddistingue
le pagine dei giornali italiani negli ultimi anni sulle
quali, troppo spesso, si parla sempre di "altro".
Da storico ritaglio e conservo i quotidiani, ostinandomi
a non dare retta a Kraus, per il quale il giornale del giorno
prima era buono solo per incartare il pesce. Ma forse aveva
ragione lui.
17 settembre 2006, MC
#
Lessicografia fantastica
Da
oggi puoi apostrofare i tuoi amici con un nuovo termine
positivo:
"zecca", infatti mentre ci siamo distratti è
diventato un complimento.
se hai dubbi infòrmati:
http://it.wikipedia.org/wiki/Zecca_%28stile_di_vita%29
Presto rettificheranno anche altri termini e locuzioni:
olio di ricino: bevanda analcolica, assai gradita
dagli oppositori al
regime fascista che la utilizzavano per fraternizzare con
i loro aguzzini
e brindare al duce
cornuto: complimento rivolto, in senso di rispetto,
dalle mogli e dagli
amici ai mariti, che letteralmente tradotto significa: visto
che già lavori tutto il giorno vuoi faticà
anche di notte?Marco
S.,
8 settembre 2006
#
Notizia di oggi. Facciamoci un Forum6
settembre 2006: Città del Vaticano, 10:35
PAPA: CAPPELLO NUOVO ROSSO A TESA LARGA, LOOK RONCALLI
Un cappello rosso a tesa larga sul capo di
Benedetto XVI, questa mattina, al suo ingresso in piazza
San Pietro per l'udienza generale. Ancora una volta il Papa
sembra richiamarsi al look di Giovanni XXIII, indossando
accessori caduti in disuso nei pontificati degli ultimi
quarant'anni. La spiegazione di queste scelte e ' probabilmente
da ricercare nel fatto che essendo gia' settantanovenne
il Pontefice vuole salvaguardarsi dalle punte di caldo e
di freddo.
Conseguente domanda di Guido Ruzzier, tanto per cominciare:
Con la scusa delle punte
Benedetto fa il retrò;
è una moda transeunte
quel cappello, oppure no?
G.R.,
6 settembre
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Una risata ci seppellirà.
Domenica, inserto culturale del Sole-24ore
ha inaugurato una nuova rubrica, "Caccia alla battuta".
Ne ha diverse, il giornale di Confindustria, di rubriche
scherzose e leggere. Dàgli a spremere umori. Recuperiamo,
così, e riproponiamo il testo auto-critico di Dekodra,
pubblicato in questo Zibaldone il 17 febbraio dellanno
scorso. La battuta, il motto di spirito, il lampo fulminante
che pretende di immortalare il mondo in una sua contorsione,
in caricatura. Con violenza sadica. Gli opinionisti più
ascoltati sono comici e cabarettisti. Ogni canale televisivo
ha la sua trasmissione di satira. Le vignette su Maometto
sono costate svariati morti. O no? Ma non è questo
il punto. Come dice Dekodra, aforismi e battute paralizzano
il pensiero, e la disposizione a ricercarle scarta i temi
che riluttano a farsi ridurre in comico, scansa le argomentazioni
più distese. Cioè il ragionamento. Pensiamoci,
seriamente.
Z., 10 luglio 2006.
* Caro
Zibalmaster, è sera. Anche della mia vita. Le risposte
si assottigliano mentre le domande aumentano. Per es. questa.
Che ci faccio io in questo salotto in cui si affastellano
umori e secrezioni in forma di aforismo? In cui è
germogliata la mala pianta infestante del dialoghetto, filosofico,
per di più [...] "Laforismo è un
calcolo renale". Ecco, vedi?, me ne è scappato
uno anche a me. Un sintomo, se si vuole. E non sarò
certo io a pigliarmela con i sintomi. Certo è che,
fin da giovane, mi sembrava di cogliere, nel genere
in Horkheimer e Adorno, per es. una sorta di commutazione,
uno scarto, un décalage, una scorciatoia, un "vorrei
ma non posso" del pensiero, una sorta di ritirata strategica,
una scelta opportunistica epocale, un "mordi e fuggi",
un "colpiscine uno per educarne cento". Mica vero,
mai stato vero. Poi è arrivato il postmodernismo
e ha fatto di necessità virtù. Ma ormai i
giochi erano fatti. Aforismo? Nichilismo! Amen.
Tuo, G.C. Dekodra, 17 febbraio
2005.
Ha
ragione Dekodra.
Girellando per il vostro sito ho trovato temi importanti,
trattati con intelligenza, ma anche significative omissioni.
Temo abbia ragione. Il motto di spirito, prima di stabilire
se sia simulazione o dissimulazione, è parlar daltro,
è elusione. Ha ragione quando sostiene che, quanto
meno, la forma trasceglie quei temi che si prestano ad essere
tagliati con l'accetta.
Se si tratta di calcio o dei Savoia, dàgli con lumorismo,
ma se loggetto non è politicamente corretto,
lo si ignora, semplicemente. Non sembra anche a voi? Volete
che faccia qualche esempio?
Vostro, S.C., 23 luglio
Inni:
pubblicità comparativaAux
armes, citoyens !
Formez vos bataillons !
Marchons, marchons !
Qu'un sang impur...
Abreuve nos sillons !
La
Marseillaise
Altro
che «calpesti
e derisi... uniti per Dio, chi vincer ci può?»
Fratelli
d'Italiacdb,
14 luglio 2006
Aridàtece
Ciampi!
«Stamani da Umberto Bossi ho ascoltato parole di grande
realismo e responsabilità sui temi delle riforme».
Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
parlando durante la visita alla redazione del Corriere
della Sera del vertice che il capo dello Stato ha avuto
con il leader della Lega a Milano.
cdb, 8 luglio 2006.
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Per
Bruno, medaglia d'oro, sùbito!
Pare
che prima di morire abbia gridato:«Adesso vi faccio
vedere come muore un orso (naturalizzato) italiano».
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B
XVI
Viva il papa neo-teo-con
ch'è un tetesco di Cermania
e rintuzzerà la smania
dei filosofi fellon
che propugnano, i tapini,
il globalrelativismo
e col lor noto cinismo
preferivano Martini.
L'alemannico molosso
cambia il pel, ma non il vizio:
qual novello Torquemada
sarà rigido e ortodosso,
come detta il Sant'Offizio,
bene o male che vi vada.
Guido Ruzzier X
(X =
ICS = Indegno Coglione Schifoso)
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Vittorio
Emanuele, Luciano e Umberto per le rime
Vittorio
Emanuele di Savoia
a settant'anni non frena la sua foia:
Si tromba le puttane,
e paga le mezzane
truccando slotmascìn, quel tal Savoia.
C'è un certo Moggi (di nome fa Luciano)
che afferma di parlar col cuore in mano:
se l'hanno intercettato,
fu il senso equivocato,
perché ce l'han con lui, Moggi Luciano.
Umberto Bossi ha detto che a Pontida
non chiamerà la stirpe sua più fida:
vada la Lega al mare,
ché lui deve pensare.
Il verde stinge al giallo, lì a Pontida.
G.R.,
28 giugno