Autore:
Davide Vender (1966) storico, ha curato Una sparatoria tranquilla. Per una storia orale del ’77, Odradek (1997).
Titolo:
PICCOLA BORGHESIA TRA SOCIALISMO E FASCISMO
Dopo tanti libri sul fascismo in generale, questo analizza le sue originarie componenti di classe, focalizzando in particolare la piccola borghesia agraria. In un Paese come l’Italia dove la marginalità della borghesia produttiva e intellettuale ha sempre caratterizzato la vita civile, è stata la piccola borghesia a farsi portavoce dell’istanza di una «nuova politica» e soprattutto della necessità storica della costruzione dello Stato in assenza di classi dirigenti borghesi.
È attorno al sistema economico composto dall’intersezione organica di profitto, rendita e salario (tenuti insieme dalla figura del piccolo proprietario terriero) che si trova una radice del fascismo come fattore organizzativo e d’azione regolato sul modello squadrista dalla reazione agraria in chiave anti-socialista.
Di fronte alla crisi dello Stato liberale e al «pericolo comunista» non solo i grandi ceti proprietari dirigenti ma soprattutto la piccola e media borghesia agraria rispose dapprima componendo una classe nuova e poi assumendo un protagonismo attivo.
Nel comporre una linea di sviluppo basata su una «arcaica modernità», i ceti medi contadini definirono, dunque, i tratti originari della modernizzazione autoritaria di cui la dittatura fu interprete.
Una lettura originale della nascita e dell’avvento del fascismo offre lo spunto di riflessione sulla nostra modernità e sulle linee di faglia che la attraversano.
Ambito:
Storia contemporanea.
Destinatari:
Studiosi di Storia e Politica. Giovani.
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