l'immagine di copertina è di Giancarlo Montelli
dalla
quarta di copertina
Scrittore straordinariamente prolifico, Mario Lunetta (1934-2017) ha lasciato un’opera complessiva “enorme” che tocca tutti i generi letterari possibili, principalmente la poesia, ma in abbondante misura il romanzo e il racconto, e poi il teatro, la critica (anche d’arte), la saggistica, l’aforisma, le antologie, le introduzioni e presentazioni di altri autori. E tutte queste varie modalità le ha affrontate come campi di battaglia, in cui riversare insieme una continua sperimentazione formale e una forte carica etica e politica. Anche negli anni della regressione letteraria verso narrazioni semplificate e versificazioni autobiografiche, Lunetta ha confermato il progetto di una “scrittura materialistica”, rivolta a demistificare l’“orrore” del mondo mercificato.
Questo libro si propone di costituire la base delle ricerche future su questo autore di così ampie e sfaccettate dimensioni (è stato anche un importante organizzatore culturale): come punto di partenza intende ripercorrere l’itinerario intellettuale ed artistico lunettiano nel contesto delle vicende del dibattito teorico-letterario che lo ha visto spesso protagonista con lucidità, generosità e vis polemica. Ne esce il profilo tagliente di uno scrittore all’opposizione, seguito passo passo nella sua rigorosa coerenza e nell’aspra ripulsa delle soluzioni di comodo e delle mode di volta in volta dominanti.
Francesco Muzzioli, insegna Critica letteraria e teoria della letteratura presso l’università “La Sapienza” di Roma. Attivo inizialmente con il gruppo “Quaderni di critica”, ha lavorato nel corso degli anni soprattutto su due direttrici, da un lato la storia e le problematiche delle avanguardie europee, dall’altro la discussione teorico-metodologica sulla critica letteraria, in polemica con le derive postmoderniste. Tra i suoi contributi: Le teorie letterarie contemporanee (Carocci, 2000), Quelli a cui non piace (Meltemi, 2008), Letteratura come produzione (Guida, 2010), Piccolo dizionario dell’alternativa letteraria (ABEditore, 2014).
Per l’editore Odradek ha pubblicato Il gruppo ’63. Istruzioni per la lettura (2013); Un colpo di pistola nel concerto. Il dibattito su politica e letteratura tra il ’17 e il ’68 (2016) e curato, con Mario Lunetta, i quattro Almanacchi Odradek usciti tra il 2003 e il 2007.
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INDICE
IL PUNTO DI PARTENZA
PARTE I
IL PERCORSO POETICO
ANNI SETTANTA: COME POLITICIZZARE L’AVANGUARDIA
ANNI OTTANTA: LA RESISTENZA DELLA CONTRADDIZIONE
ANNI NOVANTA: POESIE CIVILI PER LA SOCIETÀ DELL’ORRORE
ANNI ZERO: CON IL MILLENNIO SI RIAPRE LA STORIA, MA
CAMBIA MOLTO POCO
ANNI DIECI: FINALE DI PARTITA
PARTE II
IL CONFLITTO SI DICE IN MOLTI MODI
PROVE DI SCRITTURA ECFRASTICA
NEL CAMPO DELLA NARRATIVA
TEATRO AD OLTRANZA
DI LIBRI ECCENTRICI ECCELLENTI
PARTE III
PICCOLA ANTOLOGIA DELLA CRITICA ATTRAVERSO LE PREFAZIONI
GIANNI TOTI, prefazione a Tredici falchi (1970)
GIULIANO GRAMIGNA, prefazione a La presa di Palermo (1979)
CESARE MILANESE, introduzione a Flea market (1983)
FILIPPO BETTINI, introduzione a Autoritratto con acrostici (1987)
FRANCESCO PAOLO MEMMO, prefazione a Catastrofette (1997)
MARCELLO CARLINO, prefazione a Lettera morta (2000)
ALDO MASTROPASQUA, prefazione a Roulette occidentale (2000)
STEFANO LANUZZA, postfazione a Identificazione biometrica (2011)
CIRO VITIELLO, Pensiero politico e ironia critica nella poesia di Mario Lunetta, postfazione a Campo di carne (2014)
GIORGIO PATRIZI, introduzione a L’allenamento è finito (2016)
La prima recensione a 'Mario Lunetta, la scrittura all’opposizione' di Francesco Muzzioli.
Entusiastica, conoscendo l’algido estensore.
« Ho letto il libro che Muzzioli ha dedicato a Lunetta e mi è sembrato ottima cosa. Molto ben calibrato, con quell'attenzione politica che sarebbe di fondamentale importanza venisse focalizzata su qualsiasi scrittore. Anche l'idea della raccolta di paratesti conclusiva mi sembra che concorra intelligentemente al risultato complessivo. F.A. »
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Così inizia la bella recensione di Antonino Contiliano
« Un poligrafo alchimista e proliferante. Una vita e una parola oppositiva, l’opera di Mario Lunetta. Una scrittura anti-sistema-mondo variamente proposta ma sempre nell’ottica di una espressione polisemica e plurilinguistica aggressiva. Una lotta materialista e una sottrazione engagé – giocate tra denuncia e demistificazioni, autoironia, ironia e sarcasmo (troskianamente permanente, direi) – che, nonostante il degrado invadente e pervasivo del sistema-mondo e della stessa “Forma Italia” (sventrata e sminuzzata dal capitalismo globalizzato dell’impresa finanziarizzata) mai sono dimentiche della possibilità antagonista-alternativa: hasta la vista, “il giovanissimo nome di comunismo”. Una scelta e un “fine vita” che Mario Lunetta (caro il caravaggesco moto “Senza Speranza. Senza Paura”) affida ai versi dell’opera “L’allenamento è finito” (Robin, Torino, 2016) e che Francesco Muzzioli richiama a chiusura della prima parte – “Il percorso poetico” – dello studio monografico (p. 65) che gli dedica.»
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su OBLIO VIII, numero 32
Elisa Caporiccio
Francesco Muzzioli
Mario Lunetta. La scrittura all’opposizione
Roma
Odradek Edizioni
2018
ISBN: 978-88-96487-67-9
«Mario Lunetta ci ha lasciati, ma è come se fosse ancora con noi». La recente monografia che
Francesco Muzzioli ha dedicato allo scrittore e amico da poco scomparso si apre nel segno del
ricordo, con la consapevolezza della necessità, ora, di riprendere in mano i suoi testi e promuoverne
un’attenta riscoperta, chiarendo «il significato e il senso di un percorso letterario che ha segnato la
seconda metà del Novecento e l’inizio del XXI secolo». Preso atto delle non poche difficoltà che
s’incontrano nell’accostarsi con la dovuta attenzione critica a questa «figura fondamentale
scarsamente riconosciuta dalle parti della cultura ufficiale» – dall’inventario di tutte le
pubblicazioni, al recupero degli scritti inediti o dispersi nelle varie riviste, alla possibile costituzione
di un’antologia dei suoi scritti –, Muzzioli decide di aprire la strada agli studi e alle iniziative future,
offrendo come «punto di partenza» (così si intitola, non a caso, l’introduzione al volume) «una
monografia che si provi a percorrere l’itinerario dell’autore», proponendone «una prima rilettura,
ancora incompleta per forza di cose, ma costellata di campionature essenziali, per dare l’idea della
direzione dei testi» (p. 7).
Il profilo tratteggiato nel volume prende le mosse dalla ricostruzione dell’esperienza poetica di
Lunetta, campo d’azione dichiaratamente privilegiato da Muzzioli in questa sede. La prima parte
dello studio monografico, snodandosi secondo un ordine cronologico, segue dunque passo passo le
tappe del corpus poetico lunettiano, mostrando costanti ed evoluzioni di un’opera che si estende
dagli anni settanta del Novecento (con le primissime raccolte Tredici Falchi, Torino, Geiger, 1970,
e Lo stuzzicadenti di Jarry, Torino, Geiger, 1972) sino al primo quindicennio del Duemila (e si
conclude con le «poesie postreme» di L’allenamento è finito, Torino, Robin, 2016).
L’analisi condotta da Muzzioli in questa prima sezione consente di rilevare alcune linee tematiche
d’importanza fondamentale nell’intero percorso letterario di Lunetta: la denuncia e demistificazione
del crescente degrado della cultura italiota, mirabilmente stigmatizzata nelle raccolte che
compongono la trilogia La forma dell’Italia («la forma dell’Italia / vive soltanto ormai delle sue /
deformazioni progressive», Magnificat, Pescara, Tracce, 2013, p. 93); il rapporto «di corpo a
corpo» nei confronti della città di Roma, «amata & insopportabile», degradata ad «una campana
stonata una brocca fessa» (Saldi di fine stagione, Roma, Fermenti, 1992, p. 57), ed assunta nelle
poesie più tarde ad emblema della città globale («Sempre più stridula voce / della città che è Roma
& Nairobi, Brazzaville, Gibuti, Tripoli […]», Mappamondo, Paisan di Prato, Campanotto, 2006,
p. 34); il processo di autocritica e «autoscoronamento» cui è sistematicamente sottoposto l’io
poetico, travolto in «un gioco crudele di apoteosi e rovina» che alternativamente lo trascina «dalla
rivendicazione iperbolica al crollo e all’abbattimento» (p. 13), oscillando tra l’apice
dell’«immortale sottoscritto» (L’allenamento è finito, cit.) a quello, capovolto di segno, dell’«umile
scriba» o dell’«io sherpa» (Sherpa, in Cadavre exquis, Roma, Rossi & Spera, 1985, p. 12).
Sul piano formale, la visione allucinata di un mondo in caduta libera si esprime solitamente nella
misura di «un verso tendente al molto lungo, un verso fluviale informe» (p. 14), animato
dall’oltranza dei procedimenti sperimentali messi in atto da Lunetta – dal ricorso alle maiuscole per
evidenziare determinati vocaboli, all’inizio del periodo con i due punti, all’uso di parentesi su
parentesi o di parentesi non chiuse, alle barre utilizzate come interruzione – in un gioco sfrenato del
significante e nel gusto di una «scrittura anomala» (p. 57) che si differenzia dalla lingua del
consumo. La parola lunettiana si torce sovente nelle forme dell’invettiva sarcastica e del rifiuto
dell’ideologia imperante, si sfaccetta in una pluralità stilistica e linguistica sorprendente, «fune
espressionista / tesa sul vuoto» che «si nutre / d’ira & di dolcezza», «disperato / pallottoliere delle
idee fuori corso» (Mappamondo, cit., p. 36). D’altronde, Lunetta era fermamente convinto, come
avrà a dichiarare nel primo numero dell’Almanacco Odradek di scritture antagoniste, che «solo
nella sperimentazione in controtendenza, nell’azzardo espressivo o spregiudicato, nella tensione
linguistica senza pavori» fosse ancora possibile «costruire oggetti mentali non conformizzati» (Le
forme del conflitto, «Almanacco Odradek», Roma, Odradek, 2003, p. 8).
Proprio allo «spirito conflittuale» di questo scrittore e alle molteplici modalità di intervento da lui
adottate si rivolge la seconda parte della monografia di Muzzioli (Il Conflitto si dice in molti modi),
mantenendo fede all’obiettivo di restituire «il ritratto di uno scrittore a tutto tondo, un poligrafo
davvero insaziabile» (p. 8), che non ha trascurato nessuna forma d’espressione letteraria. Questa
seconda sezione del volume, se pur più breve della precedente, offre una rapida panoramica della
restante produzione dell’autore, presentando gli aspetti fondamentali della narrativa (breve e lunga)
e del teatro lunettiani, e riservando uno spazio a sé stante alle Prove di scrittura ecfrastica e a quei
libri, definiti giustamente «eccentrici» (Di libri eccentrici eccellenti), che esulano dalle
convenzionali definizioni di genere, obbedendo alla prepotente vocazione del nostro ad invadere e
contaminare i più diversi ambiti, a «travalicare gli steccati disciplinari prestabiliti» (p. 82).
La terza sezione, infine, conclude il quadro fin qui delineato con una Piccola antologia della critica
attraverso le prefazioni, concorrendo anche alla finalità di ricostruire la fitta rete di relazioni e
scambi intellettuali intrattenuta da Lunetta. Nel corso del suo studio, Muzzioli non dimentica di
ricordare le numerose iniziative intraprese da Lunetta, instancabile organizzatore e promotore della
vita culturale romana, avendo cura di collegare di volta in volta il suo personale percorso a quello
che era «il clima dell’epoca, la situazione storico-culturale» (pp. 7-8). Vanno intese in questa
prospettiva le raccolte saggistiche dell’autore, così come le antologie da lui curate (AA. VV.,
Poesia italiana oggi, Roma, Newton Compton, 1981; AA. VV., Letteratura degli anni Ottanta,
Foggia, Bastogi, 1985; AA. VV., Poesia italiana della contraddizione, Roma, Newton, 1989),
nonché gli interventi teorici volti a sostenere con decisione, nell’ambito del dibattito critico che
scaturirà nella stesura delle Tesi di Lecce, l’ipotesi di una «scrittura materialistica» e «il tentativo di
ripresa di discorsi letterari alternativi» (p. 23) capaci di opporsi all’imperante situazione di
«riflusso» e regressione verso poetiche di stampo intimistico.
Al termine della lettura di questo primo studio complessivo dell’opera di Mario Lunetta, ciò che
risulta è il «profilo tagliente» (p. 8) di uno scrittore sempre «all’opposizione», il racconto di una
«fermezza» e di un rigore etico e civile mai venuti meno, pur nell’ampiezza cronologica della sua
produzione. Quella elaborata e portata avanti da Lunetta lungo tutto l’arco della sua attività è stata
una scrittura motivata da una forte «coscienza antagonistica» e dalla convinzione dell’intrinseca
politicità e tendenziosità delle arti; una «scrittura dell’orrore», mai dimentica della «fondamentale
dimensione del Negativo» che domina la società «che abbiamo costruito e in cui faticosamente
viviamo», secondo la fondamentale dichiarazione di poetica pronunciata nel 1996 (Scrittura
dell’orrore, in Invasione di campo, Roma, Lithos, 2002, p. 116). Una pratica letteraria che trova il
«suo compito» e «il suo senso residuo» nell’obiettivo di «creare contraddizioni all'interno del senso
comune egemone, di produrre enzimi fantastici indigeribili, di creare sconcerto nei confronti
dell'universale obbedienza», come dichiarerà il nostro in una delle sue più brillanti interviste
(consultabile sul sito http://www.adolgiso.it/enterprise/mario_lunetta.asp). |
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