Saggi e interventi di: Elisabetta
Galeotti, Massimo Zucchetti, Falco Accame, Valerio Gennaro,
Silvana Salerno, coniugi Garro-Cremona, Alberto Tarozzi, Federica
Alessandrini, Zivkica Nedanovska, Franco Marenco, Mauro Cristaldi,
Nanni Salio, Marco Cervino, Stefano Corradini, Silvio Davolio,
Chiara Cavallaro, Vito Francesco Polcaro, Mario Vadacchino,
Angelo Baracca, Francesco Spinazzola, Monica Zoppè,
Mariella Cao, Maia Maiore, Fabrizio Aumento, Sergio Olivieri,
Francesco Iannuzzelli
Massimo Zucchetti ha curato
anche Contro
le nuove guerre e Giano N.36
sull'uranio impoverito
|
da
il manifesto del 2 luglio 2005
INTERVISTA
di ANGELO MASTRANDREA a MASSIMO
ZUCCHETTI
Porti
militari, città a rischio nucleare
Il prof. Zucchetti: "Pesano il segreto e la discrezionalità
data ai militari di segnalare o no gli incidenti"
"I turisti possono stare tranquilli: alla Maddalena l'acqua
è pulita e la radioattività è solo nelle
alghe. Ma il problema è che le statistiche sugli incidenti
ai sommergibili nucleari sono impressionanti, e i "porti
nucleari" italiani sono troppo vicini a luoghi abitati".
Dunque, nessun problema a fare il bagno, ma attenti a quei
gamberetti che si nutrono proprio di alghe. Massimo Zucchetti,
ordinario di Impianti nucleari al Politecnico di Torino, ha
spiegato nei giorni scorsi alla Commissione d'inchiesta sull'uranio
impoverito i rischi del nucleare militare in Italia. In particolare
quelli dei cosiddetti "porti nucleari", in cui possono
attraccare navi o sommergibili a propulsione atomica. Sono
11, dalla Maddalena a Gaeta passando per Cagliari e Taranto.
Proprio in uno di questi, a La Spezia, Zucchetti è
consulente ("gratuito", precisa) del comune, che
ha predisposto un nuovo piano di emergenza in caso di incidente
nucleare.
Quali sono i rischi di un possibile incidente?
In Italia i porti militari dove attraccano navi e sommergibili
a propulsione nucleare sono tutti in aree in cui vive popolazione
civile. I problemi che pone la presenza di un impianto nucleare
sono molteplici. Pur volendo tralasciare il referendum che
ha abolito il nucleare nel nostro paese, ci raccontano che
queste macchine sono molto sofisticate, mentre se si guarda
nel dettaglio si vede che la statistica degli incidenti negli
ultimi 45 anni è agghiacciante, con dispersione di
materiale radioattivo e irraggiamento di personale. E non
parlo solo dei sottomarini americani o russi, ma anche inglesi
e francesi. Se un'automobile avesse così tanti incidenti,
io non la comprerei. L'ultimo caso conosciuto è avvenuto
a gennaio al largo della base Usa di Guam, dove un sottomarino
ha urtato una roccia e si è sfasciato. Nel 2000 c'è
stato il caso del Tireless inglese, che si dovette rifugiare
a Gibilterra, creando un incidente diplomatico tra Spagna
e Gb. Il pericolo è davvero reale, molto più
che per il nucleare di terra. Considero un'assoluta pazzia
mettere un reattore nucleare a bordo di un sottomarino.
Se è così, perché si continua a farlo?
Il motore atomico ha molti vantaggi: non brucia ossigeno,
per questo un sommergibile può viaggiare anche per
otto anni senza ricambio di combustibile. Ma la safety, la
sicurezza, non è mai stata un obiettivo dei militari.
Quello che conta per loro è la security, il fatto che
funzionino al momento giusto.
Lei è consulente alla Spezia, dove nel 2000 il manifesto
tirò fuori il piano militare che fece conoscere per
la prima volta l'esistenza di questi porti nucleari.
Il piano di emergenza di La Spezia fa accapponare la pelle.
Pensi che a fare le ispezioni sono gli stessi militari, per
via del top secret. Non è ammissibile nell'ambito della
sicurezza nucleare. Anche le procedure sono improbabili. Il
piano dice che nell'arco di un'ora dall'incidente un rimorchiatore
deve portare il sommergibile al largo. Solo in questo caso
la contaminazione non sarà ingente ma comunque rilevante,
al punto da far avviare le procedure di evacuazione della
città e di proibire alcuni alimenti. Ma se confronto
queste norme con il caso della Moby Prince, dove la nave ha
bruciato per 24 ore prima che si capisse cosa fare, o di Chernobyl,
dove l'emergenza è cominciata dopo 36 ore, mi chiedo
com'è possibile che in appena un'ora si capisca cosa
fare.
Il piano militare lasciava decidere ai militari anche se
avvisare o no le autorità civili in caso di incidente.
L'autorità civile deve dotarsi un proprie reti di monitoraggio,
specie per rilevare il rilascio di materiale radioattivo nelle
acque e poter così dare l'allarme, attivando le procedure
di emergenza; perché non possiamo accettare il segreto
militare. Ma in generale credo che la presenza di navi militari
a propulsione nucleare non è ammissibile in porti situati
in zone con presenza di popolazione nel raggio di qualche
chilometro. E nessuno degli attuali "porti nucleari"
italiani ha questi requisiti.
Ci sono dei pericoli solo in caso di incidente o anche in
situazioni "normali"?
Nel normale esercizio non vi sono perdite rilevanti, al massimo
lo scarico di piccole quantità che non è possibile
rilevare. Il problema c'è solo in caso di incidente,
anche perché tutti questi reattori sono privi di contenitore,
come nelle normali centrali su terraferma, pur essendo di
notevole potenza: un terzo dell'impianto di Trino Vercellese.
Anche il cambio del combustibile avviene abbastanza di rado
e nella base madre americana. Tuttavia c'è un progetto
di trasformare la Maddalena in una base per la manutenzione
dei sommergibili. La nave-appoggio che è ormeggiata
lì serve proprio a questo e per altre operazioni che
possono produrre scorie o rilasci nell'ambiente. In realtà,
io dubito che gli americani pensino di fare il cambio di combustibile
in Italia, anche se la presenza di una nave-appoggio non è
rassicurante.
Proprio alla Maddalena un anno e mezzo fa ci fu un incidente
nascosto dai militari.
Quello dell'Hartford non è stato tra gli incidenti
più gravi. Il problema è che è avvenuto
in una riserva naturale e l'avvenimento è stato nascosto
dai militari finché non è venuto fuori del tutto
casualmente. Questo è inaccettabile, noi non possiamo
dipendere da una gestione simile. Nelle alghe della Maddalena
è stata trovata una rilevante presenza di emettitori
alfa. Ora le concentrazioni stanno diminuendo, ma questo è
il segno che qualcosa è accaduto. Ma i turisti possono
stare tranquilli: l'acqua è pulita, il problema riguarda
solo le alghe.
E dunque i pesci che le mangiano.
Ci sono dei gamberetti mangiatori di alghe. Ma il problema
vero è che non dovrebbero esserci basi militari in
posti turistici o di pesca.
sempre
da il manifesto del 2 luglio 2005, una scheda
del libro
Scienziati
che spiegano le conseguenze della guerra
Il professor Zucchetti è anche il curatore di un libro
uscito in questi giorni - Il male invisibile, Odradek
edizioni - scritto da un folto gruppo di "scienziate
e scienziati contro la guerra". Presentato a Torino il
30 giugno, sarà oggetto di discussione anche a Sassari,
la prossima settimana, presso la libreria Odradek; tra gli
invitati anche il presidente della Regione, Renato Soru, e
diversi assessori. Col linguaggio asciutto che meglio si attaglia
alle pubblicazioni scientifiche, i ricercatori danno conto
delle conseguenze materiali, rilevabili e quantificabili,
dell'uso di materiali radioattivi e chimici nelle guerre (e
nelle esercitazioni a fuoco) degli ultimi anni. Non che agli
scienziati faccia difetto la capacità di "indignarsi"
(tema al centro dell'introduzione), ma è certo "far
vedere" cosa succede quando le armi vengono usate è
più efficace di qualsiasi filippica o slogan. Per esempio,
ci sono ancora commentatori e giornalisti che seminano dubbi
sulla pericolosità dell'uranio impoverito (depleted
uranium, Du) per la salute umana. Nel suo saggio Scenari di
esposizione futura in Iraq: convivere con l'uranio impoverito?,
lo stesso Zucchetti dà lo "stato dell'arte"
delle ricerche in materia, ponendo al centro i parametri essenziali
per una discussione seria sul tema: natura del Du, quantità
"sparate", differente esito di proiettili a bersaglio
e fuori bersaglio, ecc. Da segnalare il saggio di Fabrizio
Aumento, che ha condotto una serie di rilevanti sulle "matrici
biologiche" nelle acque della Maddalena dopo l'incidente
al sommergibile Hartford, documentando così l'incremento
della radioattività nelle alghe (una delle basi della
catena alimentare marina). Ma ogni intervento, nel libro,
mette in evidenza almeno un lato di un prisma deformante praticamente
infinito: il segreto militare, spesso invocato anche quando
non esistono reali "ragioni di sicurezza", semplicemente
per nascondere le conseguenze di un'attività militare
per principio irresponsabile. Verso la popolazione civile
e persino nei confronti dei propri stessi uomini in servizio
(come testimoniano i coniugi Garro, genitori di uno dei tanti
soldati morti "misteriosamente" al ritorno dal Kosovo
o dalla Bosnia).
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