Il Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup), la sua Organizzazione Militare, le sue strutture clandestine e le migliaia di donne e uomini che aderirono, operarono e sostennero l'azione dei socialisti a Roma, hanno rappresentato un fattore storico fondamentale della Resistenza durante i 271 giorni di occupazione nazifascista della città. Il contributo del Psiup alla Lotta di Liberazione della Capitale raccontato da Marco Trasciani si configura come un vissuto politico collettivo, capace di andare molto oltre i pur ragguardevoli «numeri» di quella esperienza (509 partigiani, 653 patrioti, 50 caduti, 23 feriti, 111 arrestati e deportati). Ripercorrendo la nascita delle formazioni, dei gruppi e delle cellule clandestine nei territori, nei quartieri popolari, nelle officine, nelle ferrovie e nei depositi tramviari la storia dei socialisti finisce per rispecchiare non solo la vicenda di un grande partito di massa ma la stessa storia di quella parte della città che scelse di condividere, insieme ai dirigenti ed ai quadri del Psiup, solidarietà; rischi e pericoli; idealità politica ed impegno personale.
Divisa in otto zone operative dal Comitato di Liberazione Nazionale all’indomani dell’8 settembre 1943, Roma divenne in ogni quartiere, in ogni borgata ed in ogni strada una «città ribelle».
Nelle motivazioni che nel 2018 accompagnarono l’assegnazione della medaglia d’oro al valor militare conferita dalla Presidenza della Repubblica si legge: «Nella strenua resistenza di civili e militari a Porta San Paolo, nei tragici rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro, nel martirio delle Fosse Ardeatine e di Forte Bravetta, nelle temerarie azioni di guerriglia partigiana, nella stoica sopportazione delle più atroci torture nelle carceri di via Tasso e delle più indiscriminate esecuzioni, nelle gravissime distruzioni subite» Roma «diede inizio alla Resistenza nella sua missione storica di Capitale d’Italia». L’apporto dei socialisti a questa missione storica fu senza dubbio centrale.
Nella puntuale ricostruzione di Trasciani ai nomi di figure straordinarie come Sandro Pertini, Pietro Nenni, Giuliano Vassalli, Giuseppe Gracceva, Piero Boni, Giuliana Lestini, Alfredo Monaco, Marcella Ficca, Bruno Buozzi, Eugenio Colorni, Olga Fera si affiancano donne e uomini «del popolo» spesso misconosciuti dalle retoriche celebrative ufficiali eppure fondamentali nell’alimento di quel conflitto asimmetrico e di quella guerriglia urbana che fecero di Roma la capitale più attiva dell’Europa occupata contro i nazifascisti. Una «Lotta senza quartiere» evocata dai fogli clandestini socialisti e praticata, nel fuoco della guerra totale, tanto dai Gruppi di Azione Patriottica e dalle formazioni combattenti quanto da quella fitta rete di civili che scelsero di farsi «soggetto collettivo» attraverso il Psiup, un partito di operai e intellettuali; artigiani e ferrovieri; donne e giovani che tra grandi slanci, cadute, vittorie e crisi hanno segnato in modo indelebile la vicenda del Paese costruendo e conquistando «sul campo» la cittadinanza repubblicana. |
Marco Trasciani (Roma 1958), ha studiato filosofia e storia, specializzandosi in filosofia pratica. Come consulente filosofico organizza pratiche collettive, soprattutto nell’ambito della memoria storica. Ha curato riviste in campo sindacale e culturale. Con Officine Editoriali ha pubblicato il volume Edgar Morin, Cinema e immaginario. Attualmente è segretario generale dell’ANFIM.
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