il manifesto è stato negli anni della Repubblica molte cose. Dapprima un’area culturale eterodossa all’interno del Partito comunista italiano all’epoca del «centralismo democratico». Poi un collettivo di politici e intellettuali che scelse di «farsi partito» dopo la radiazione dal Pci del novembre 1969.
Erano gli anni della contestazione giovanile e dell’autunno caldo operaio, dell’invasione sovietica di Praga e della crisi del mondo comunista. Poche settimane dopo, avrebbe preso avvio con la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, la «strategia della tensione» che comunicava esplicitamente alle nuove generazioni di operai e studenti che avevano fatto la loro entrata nell’agone pubblica, il carattere della «democrazia bloccata» italiana.
Figlio del «lungo ’68», il manifesto oggi è un giornale libero e per questo sempre in lotta per la difesa della sua identità e della stessa sua sopravvivenza.
Questo libro racconta la sua storia. Dalle origini del gruppo di Rossanda, Pintor, Magri, Parlato e Natoli al transito nei movimenti degli anni Settanta, fino all’approdo nell’era post-ideologica successiva alla caduta del muro di Berlino.
A cinquant’anni dalla sua nascita, attraverso documenti, testimonianze e scritti d’epoca, rievocare le ragioni che portarono al formarsi di quella che è stata la riconosciuta coscienza critica della sinistra richiama la necessità di interrogarsi sulla centralità dell’esercizio della libertà di pensiero e azione nella politica e sul significato che ciò assume nella società contemporanea.
La storia de il manifesto non si riduce quindi alla vicenda di un gruppo «frazionista», raccoglitore di esigui consensi elettorali, ma finisce per rappresentare uno spaccato della vita pubblica e politica del Paese.
Un punto di osservazione originale e mai scontato della vicenda dell’Italia repubblicana.
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