dalla
quarta di copertina
Risultato di più di vent’anni di riflessioni sul linguaggio della raffigurazione pittorica, l’interesse è qui centrato sulla singolarità di un gruppo di artisti in cui persiste, sì una forma raffigurativa, in un’epoca che tende senza troppi complimenti a ignorarla e liquidarla, ma caratterizzata da modalità che oltrepassano la semplice ‘mimesi’, per cogliere dietro la realtà aspetti che le stanno oltre o dentro e che richiedono per questo anche soluzioni compositive nuove: la pittura cosiddetta raffigurativa è insomma tutt’altro che finita.
Più a fondo (e come conseguenza di quanto detto) l’interesse è orientato su problemi di critica rimasti ancora aperti e per i quali ho ritenuto di doverne forgiare anche strumenti nuovi, per affrontarne il senso. L’approfondimento e l’estensione hanno portato a riprendere concetti fondamentali, come nuove forme della spazialità o della tradizionale analisi ‘materica’, nuovi rapporti sulle interazioni fra semantiche e sintassi, sui problemi dell’intermedialità e soprattutto sulle nuove neuroscienze, alla ricerca di una risposta sulle aree strutturali di questo linguaggio, su quanto S. Pinker e S. Zeki hanno fatto a partire dal lavoro di Chomsky.
Infine, ma pure e più che mai essenziale, la questione del rapporto che le arti possono e sono costrette a intrattenere con la cultura, la società e la politica, prendendo esplicita posizione filosofica sul senso che può mai assumere un’“estetica” oggi e il dilemma immanente tra laicità e utopia.
Questo lavoro, se fortemente organico dal punto di vista di una teoria della critica d’arte, raccoglie soltanto alcuni pittori funzionali allo scopo e direttamente conosciuti e analizzati lungo venti anni di considerazioni e discussioni, per mostrarne la vitalità e insieme la diversità nelle forme della loro mimesis, che segna la distanza loro da indirizzi realistici e neorealistici: Vespignani, per il quale dipingere è sognare e ricordare con le mani per narrare l’anima del mondo attraverso cicli pittorici; e Sughi che, diversamente da Vespignani, vuole raffigurare, come tema, la ‘testimonianza’ stessa, cioè una verità che è dietro l’evento vissuto, la domanda esistenziale; e Calabria con la sua riflessione decisiva sul tema dello spazio e della matericità, dove la manualità è già atto sintattico della forma e non immediato caos, e dove oggetto di mimesi è la riflessione mentale; e poi Gianquinto, che apre al racconto con quella forza lirica dove la mimesi è di figure e di cose che appartengono al sublimato del vissuto, attraverso le griglie dell’immagine e del ricordo. Ma poi anche Bibbò, che scende all’essenza del ricordo, e Cattaneo, che all’attuale ricerca di sempre nuovi e vuoti contenuti, oppone le forme di un’alta letteratura; e Guida poi, dove è tematizzata una implicita riflessione sulla storia; e Moretti ancora, che porta nella pittura il tema del silenzio e l’atmosfera musicale di una pittura di ‘punti meridiani’ e del ‘mistero del mezzogiorno’; e così Mulas, dove la mimesis pittorica si fa metafora di cultura e natura; e Colagrossi, che naviga a vista, senza rotta nella storia. Poi la pittrice Rossi, con il suo ciclo dedicato a Hildegard von Bingen, sui reliquiari della pietra; e l’iraqueno Jaber, in cui la mimesi intreccia colore, come impressione, con l’espressione della forma; infine l’austriaco-italiano Eckard, allievo di Kokoschka, ma anche del barocco romano.
La riflessione si allarga poi ai temi dell’iconologia e dell’iconografia nell’arte contemporanea, della progressività e del paragone delle arti, dell’interazione fra spazi semantici e i tempi della sintassi, così come al tema di una riflessione critica sull’estetica, a fronte delle poetiche degli artisti, e di una pessimistica considerazione sulla possibilità di un senso della storia, che ha già in sé la liquidazione della tradizione iconografica. Altra grave difficoltà nella critica d’arte: l’idea diffusa di una autoreferenzialità nelle arti figurative, che comporta l’identificazione di arte e critica. È la crisi del linguaggio pittorico che consente la generazione di un nuovo mercato dell’arte e il cosiddetto ‘sistema-arte’. L’analisi sulle differenze fra arte astratta, concettuale, informale, mentale ed una riflessione generale sul linguaggio figurativo alla luce delle neuroscienze chiude la riflessione sui problemi teorici della critica contemporanea.
Alberto
Gianquinto (Pirano, 1927) allievo di Ugo Spirito e di Guido Calogero, è stato docente alle Università 1 e 2 di Roma. Ha approfondito studi di economia a Berlino, Otto Suhr Institut. Pubblicazioni principali in campo scientifico: La filosofia analitica, Feltrinelli 1961; Metalogica e calcolo, La Goliardica, Roma 1966; Critica dell'epistemologia. Per una concezione materialistica della scienza, Marsilio, Padova 1971-19802; Il realismo e l'"oggetto" scientifico (con G.I. Giannoli), Roma 1982; Storia e scienza, Milano 1985; Introduzione alle metodologie della scienza (con G.I. Giannoli), 1992; Sul senso della storia, Odradek, 2009. Ha curato inoltre il documentario Renzo Vespignani. Ricordare con le mani (regìa G. Latini). Molta la sua attività in campo artistico-letterario (in proposito vedi), dove ha vinto un premio nazionale di poesia.
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INDICE
LA RAFFIGURAZIONE
Quattro grandi
Renzo Vespignani
Alberto Sughi
Ennio Calabria
Alberto Gianquinto
Altri sei
Nunzio Bibbò
Carlo Cattaneo
Lettera a Gino Guida
Mario Moretti
Franco Mulas
Angelo Colagrossi
E ancora due
Susanna Rossi
Jaber, dalle macerie dell’Iraq
Dalla scuola di Kokoschka
Godwin Ekhard
PROBLEMI DI CRITICA CONTEMPORANEA
FILOSOFIA, SOCIETÀ E POLITICA NELL’ARTE
IMMAGINI
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