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"Anche il metallo della pistola è infuocato, di
un calore innaturale. Già di mattina l'afa sembra opprimente
come un incubo bianco e piatto. Alvaro si veste in fretta, furibondo,
ma il contatto con la pistola è troppo sgradevole. Il
sudore opprime i sensi; neanche il tempo per una doccia. Contrariamente
alle sue abitudini, si infila una canottiera di quelle da stupido,
di vecchio tipo. Sopra di nuovo la maglietta scura, quella un
po' larga, che nessuno veda l'arma." |
6 racconti di ordinario horror urbano,
splatter della coscienza, in cui la modalità di scrittura
privilegia il ritmo sincopato delle sceneggiature cinematografiche.
Racconti di strisciante guerra civile, di passione politica
virata al nero e dispersa nei brandelli di una realtà
ottusa, a tratti feroce, indifferente o sottilmente persecutoria;
un mondo stremato e straziato nel quale si può uccidere
e morire per un motivo spietato e insensato, in una periferia
metropolitana inginocchiata, gravata da una cappa, che non è
solo quella atmosferica a cui fa riferimento il titolo.
Una sorta di spossatezza interiore
ottunde i sensi e stordisce o esaspera la capacità di
reazione. Un brulicare di persone che si smarriscono quotidianamente
nei loro faticosi percorsi urbani, scolpite dai dolori, costrette
a trovarsi pelle a pelle - coro di condannati senza solidarietà
- e a condividere oscuri segreti e congiure di sopravvivenza.
Una realtà che pur nella sua torpida banalità
rigurgita presagi e minacce striscianti e perturbanti. Si può
trattare di un fetore ripugnante (Inquilini), che si
macera misteriosamente nell'androne di un palazzo producendo
reazioni sconnesse e concitate, un miasma soffocante che porta
con sé l'odore acido dell'intolleranza, della persecuzione,
della morte.
Oppure ci si può trovare inconsapevoli vittime della
clemenza di una imperscrutabile corte di giustizia (La favola
del condannato), in un gioco di ribaltamenti secondo il
quale la peggior condanna risulta poi proprio quella di dover
vivere la propria vita di sempre, la fuga una dimostrazione
di innocenza, il carcere un auspicato sollievo, il caos l'unica
contromisura al caos.
A volte si vorrebbe con le parole fermare le cose o addirittura
cambiarle; questa è forse la vera missione dei poeti.
"Alcuni graffiano il muro dell'infamia con un segno, lanciano
un grido, mordono la mano che li percuote... Ma non a tutti
è dato: decifrare il giusto e l'ingiusto è difficile
come segnare nuovi confini sul suolo": sono le parole del
Maestro di scrittura, protagonista di uno dei racconti. In uno
scenario di guerra civile questa decifrazione avviene nel sangue
e col sangue. Al poeta che soffre si affianca il poeta combattente;
a tenerne insieme le anime rimane il maestro, osservatore e
testimone più del passato che del presente.
Resta la sorpresa di un autore che sa affiancare alla capacità
mimetica - rispetto alle modalità di espressione della
più desolata periferia urbana - una straordinaria capacità
di evocare immagini che scalfiscono non superficialmente il
muro, giocando sui diversi registri del linguaggio metropolitano,
senza divenire vittima di nessuno di essi. |
Una
recensione di David Frati. Sta in:
http://www.lettera.com/libri/libro.jsp?id=5664
Sei
racconti. In una torrida giornata dagosto, Alvaro cerca
la sua amante Marina per ucciderla, perché gli ha rubato
una grossa cifra per acquistare cocaina; un condominio viene
sconvolto da unorribile e persistente puzza che invade
la tromba delle scale; in una cittadina assediata un ragazzo
frequenta una scuola di scrittura creativa; un tribunale condanna
un uomo ad una pena davvero insolita: vivere la propria vita;
uno scrittore osserva i suoi compagni di viaggio su un affollato
autobus cittadino; una ragazza sogna ad occhi aperti in un
bar durante la pausa-pranzo...
Afa: Kafka al capolinea del 719
Alla fine del mese, come era venuto, lodore sparì
nella notte come un inascoltato presagio.
Un gruppo di figure indistinte, unimmagine distorta
dalle vampate di calore che salgono dallasfalto. Periferia
desolata, sole che brucia, odore di benzina. Cè
un malavitoso di borgata, stretto nella canottiera sudata,
la pistola nella cintola; cè una donna senza
tetto, che parla da sola e si guarda intorno con circospezione,
circondata da chissà quali incubi; cè
un gruppo di condomini inferociti, lo stesso sguardo del branco
di contadini armati di torce e forconi che assediano il mostro
in fuga nel finale di Frankenstein; cè una contadina
cinese, calli alle mani e sguardo metà saggio metà
animale. I protagonisti di racconti di ordinario terrore urbano,
le vittime di unafa che non è solo barometrica
ma anche spirituale: una spada di Damocle, un peso sullo stomaco,
una zavorra dellanima, una museruola. Lesordiente
Alessandro Pera si presenta con unantologia di racconti
(selezionata al Premio Strega 2000) emozionante ma un po
troppo eterogenea: il noir metropolitano dei primi racconti
della raccolta, pieno di energia acerba ma sincera, lascia
infatti gradualmente posto ad una vena surreale meno sorprendente
e grintosa, ma comunque in grado di regalare episodi efficaci
come La favola del condannato e Il maestro
di scrittura. Un autore promettente, capace di giocare
sui diversi registri del linguaggio metropolitano senza
divenire vittima di nessuno di essi, come recita correttamente
la quarta di copertina.
David
Frati
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Odradek
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