Il
Grande terrore, come viene chiamato il periodo repressivo
che tra il 1937 e il 1938 si abbatté sull’Unione
Sovietica, contribuì al consolidamento del regime staliniano
e alla definitiva trasformazione del paese, che negli anni
Trenta si modernizzò, pagando un prezzo molto alto
in termini demografici e sociali. Alla vigilia della seconda
guerra mondiale il regime aveva ormai raggiunto una certa
stabilità, mentre il Partito comunista aveva accolto
una nuova generazione di militanti, divenendo uno strumento
di controllo e di governo nelle mani dell’entourage
di Stalin. Accanto al partito, il GULag giocò un ruolo
importante in questo processo, contribuendo all’estensione
del controllo politico sull’intera società. Al
suo interno finirono per transitare milioni di sovietici e
decine di migliaia di cittadini stranieri, giunti in Russia
per i motivi più diversi, ma uniti dalla comune idea
di poter contribuire alla costruzione del socialismo. Alcuni
di questi esuli, tra cui un centinaio di italiani, pagarono
con la vita le proprie posizioni politiche del passato, che
il commissariato agli Interni sovietico registrava e conservava
con scrupolo. Al contrario di quanto si può comunemente
pensare, però, il terrore non fu diretto in modo particolare
contro il partito e i comunisti “eretici” (o trockisti,
l’accusa allora più comune), ma verso la società
nel suo insieme, eliminando e colpendo cittadini di ogni estrazione
e posizione. Intere famiglie furono così distrutte,
sia fisicamente, sia attraverso gli anni trascorsi nel lager,
ai quali si aggiunse, dopo la liberazione, l’oblio.
Di quelle vicende si tacque per decenni e si sarebbe tornato
a parlarne ufficialmente solo negli anni Ottanta del secolo
scorso, dopo il timido tentativo compiuto all’indomani
XX Congresso del Pcus nel 1956.
Che
cosa, dunque, ha caratterizzato il biennio del Grande terrore,
e qual è oggi lo stato della memoria in Russia? A queste
domande, grazie al contributo di studiosi e studiose italiani
e stranieri, si è cercato di rispondere nel corso di
un convegno organizzato nell’ottobre 2007 presso l’Università
della Calabria. Il presente volume ne raccoglie i contributi,
che affrontano temi diversi come il destino degli esuli italiani
in Urss, le odierne ricerche dei segni del terrore in Russia,
l’eccidio di Katyn’, la figura di Maksim Gor’kij,
le ripercussioni in Urss della morte di Antonio Gramsci, avvenuta
proprio nel 1937, il destino degli ebrei sovietici nel corso
della seconda guerra mondiale, la situazione nei paesi baltici,
la vita di un intellettuale come Grigorij Gnesin e il dibattito
nel Pci sullo stalinismo negli anni Settanta.
SOMMARIO
Prefazione
di Marco Clementi
Elena
Dundovich Le vittime italiane del Grande terrore
Irina
Flige Gli oggetti della memoria sul Grande terrore
Michail
Talalay Il caso Gnesin, spia italiana
Paola
Cioni Le sette morti di Gor’kij
Antonella
Salomoni Lo stalinismo e il diritto di cittadinanza:
il caso ebraico
Brunello
Mantelli La storia poteva ripetersi? Il patto Molotov-Ribbentrop
del 1939 e il quadro baltico del 1919
Tat’jana
Kosynova All’ombra di Katyn’. Mednoe
Marco
Clementi Le Ceneri di Gramsci
Valentine
Lomellini Memorializzazione negli anni Settanta:
i processi quarant’anni dopo
Gli
autori
Elena
Dundovich è professoressa associata di Storia
dell’Europa Orientale.
Irina Flige è direttrice del Centro
di ricerca scientifica Memorial di San Pietroburgo.
Michail Talalay, dottore di ricerca, è
membro dell’Istituto di Storia moderna e contemporanea
dell’Accademica delle Scienze di Mosca.
Paola Cioni, dottore di ricerca, collabora
con l’Istituto di Storia moderna e contemporanea dell’Accademia
delle Scienze di Mosca. È direttrice dell’Istituto
italiano di cultura di Francoforte sul Meno.
Antonella Salomoni è professoressa
ordinaria di Storia Contemporanea all’Università
della Calabria.
Brunello Mantelli è professore associato
di Storia Contemporanea all’Università di Torino.
Tat’jana Kosynova è ricercatrice
del Centro di ricerca scientifica Memorial di San Pietroburgo.
Marco Clementi è ricercatore di Storia
dell’Europa Orientale all’Università della
Calabria. Da anni collabora con il Centro di ricerca scientifica
Memorial di San Pietroburgo
Valentine Lomellini è dottoranda all’IMT,
Institute for Advanced Studies di Lucca. |