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Vandana Shiva
SEMI DEL SUICIDIO

I costi umani dell'ingegneria genetica in agricoltura
a cura di Laura Corradi

ISBN 978-88-96487-99-1

pp. 200 € 20,00

 

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PREZZO SPEDIZIONE COMPRESA

quarta di copertina

Questo libro parla dei costi ecologici ed umani del neoliberismo, del suicidio di decine di migliaia di contadini, ed è la sintesi di più sforzi di ricerca, studi indipendenti, inchieste sindacali, dati ufficiali e fonti giornalistiche, risultato di un impegno della Research Foundation on Science, Technology and Ecology (Rfste), diretta da Vandana Shiva.
Quattro attori sul palcoscenico: stato, banche, multinazionali e contadini avvolti in una spirale – letale per questi ultimi. Le multinazionali con le loro diramazioni a livello locale, si sono garantite una distribuzione capillare di sementi ibride transgeniche, e tirano le fila del prestito ad usura. L’agricoltura industrializzata diviene una economia della guerra delle multinazionali contro i contadini: l’esistenza di brevetti sulle sementi implica un controllo sociale che solo uno stato di polizia può assicurare, e dove i contadini diventano i criminali.
Proprio le sementi Ogm stabiliscono un limite – e un crinale di rischio – imposto dal capitale all’intera umanità, non soltanto agli agricoltori che si ritrovano a coltivarle. Con gli Ogm, infatti, la logica implacabile del profitto spezza la riproduzione stessa della vita per consegnarne le chiavi all’industria capitalistica. Ovvero ai suoi successi, ai suoi fallimenti, alle sue crisi finanziarie. Queste sementi non si riproducono con la coltivazione. Bisogna produrle in fabbrica. Un prodotto bioingegneristico sbagliato o un crunch creditizio potranno dunque interrompere in qualsiasi momento il ciclo riproduttivo ormai de-naturalizzato e consegnarci una carestia direttamente proporzionale all’espansione raggiunta dalle coltivazioni Ogm.
Il suicidio di massa dei contadini indiani anticipa perciò in qualche misura questa corsa al suicidio dell’umanità consegnata mani e piedi al modo di produzione capitalistico e interroga ultimativamente la cultura dell’Occidente. Il suicidio è segno di insuccesso della società: indica il fallimento di un sistema basato sull’egoismo, un modo di produzione della ricchezza che antepone il profitto di pochi al benessere generale.

 

istruzioni per l'uso

Avvertiamo il compito che dovrebbe essere di ciascun editore: spiegare le ragioni della pubblicazione. Anche perché la pubblicazione di un libro ha un alto impatto ambientale: dagli alberi abbattuti per farne carta, alla produzione, fino all'inglorioso màcero. E come si sa, i costi energetici possono essere molto più alti di quelli economici.

Abbiamo pubblicato convintamente questo libro perché restituisce un quadro complesso, una tettonica storico-sociale, una stratificazione di conflitti tragici e incomponibili - se non in maniera cruenta. Nella fattispecie, l'impatto delle biotecnologie, i semi geneticamente modificati in una agricoltura certamente marginale e arretrata. In una società come quella dell'India, in cui convivono istituzioni democratiche e persistenze castali. Conflitti apparentemente locali, ma in realtà aspetti del più generale metabolismo capitalistico nella sua fase patentemente globalizzata.

Il suicidio dei contadini indiani, al di la degli aspetti particolari ed esotici, se si vuole, ricorda da vicino quelli dei dipendenti di France Telecom. È la medesima risposta delle identità vilipese, delle dignità calpestate. Le differenze culturali fanno il resto. Per esempio, la differenza delle modalità di suicidio: in Karnataka, anziché buttarsi dagli ultimi piani di un palazzo, ingeriscono fertilizzanti, o si dànno fuoco. Al suicidio è dedicata l'introduzione di Laura Corradi. Certe penne, magari dalle colonne de Il Sole24 ore, sembrano voler liquidare questi fenomeni come effetti collaterali della modernizzazione, e quindi attribuirne la "responsabilità" a chi non riesce ad uscire dal medioevo.

Questo libro, pur partendo da fenomeni locali e particolari, ha il merito di portare in primo piano ciò che sta sullo sfondo, e cioè il meccanismo che lega finanza, credito, lo Stato nelle sue articolazioni locali e il capitalismo delle multinazionali, scoprendo che la responsabilità di queste morti è del sistema capitalistico allorché sussume passati modi di produzione, asservendoli. Si parla di contadini indiani suicidi, ma sullo sfondo, sempre meglio delineata c'è l'industrializzazione del subcontinente indiano, di quasi un miliardo di persone attraversate dal capitalismo nella sua fase terminale - sì, attraversate come da una ola.

Non è un libro d'intrattenimento. Vandana Shiva è un'intellettuale scientifico, fisica teorica di formazione. Cura la scelta dei sostantivi, più che degli aggettivi. Determina e misura grandezze. Le rappresenta con grafici e tabelle. Pur trattando un tema drammatico, resta a ciglio asciutto. Grazie a ciò, al lettore rimangono relazioni, più che suggestioni.

ODRADEK

Vandana Shiva (Dehra Dun, 1952) fisica di formazione, è conosciuta nel mondo come scienziata ambientalista. Nel 1993 vince con Ralf Nader il premio Nobel alternativo per la pace come presidente dell'International Forum On Globalization. Attiva contro contro il neoliberismo, ha scritto molti libri, tradotti anche in italiano, tra cui: Sopravvivere allo sviluppo 1990, Monoculture della mente 1995, Biopirateria. Il saccheggio della natura e dei saperi locali 1999, Vacche sacre e mucche pazze 2001, Le guerre dell'acqua 2004, India spezzata 2008. Dirige la Res and Ecology e il progetto per la biodiversità, Navdanya.

Laura Corradi (Milano, 1960) insegna ‘Sociologia della Salute e dell’Ambiente’ e ‘Studi di Genere’ all’Università della Calabria. Ha pubblicato diversi testi tra cui: Il tempo rovesciato, Il rischio dell’amore, Le città just-in-time, Nuove Amazzoni, Sociologia e Globalizzazione, Salute e Ambiente.

 

Laura Corradi, Piero Pagliani, Giuseppe Barbera
e Ambra Pirri alla presentazione di Semi del suicidio al Forte Prenestino l'11 febbraio 2009.

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Agricoltori condannati a una lenta morte in nome del progresso

di Guglielmo Ragozzino

il manifesto, 6 dicembre

[Una traduzione in portoghese della recensione di Ragozzino sta sul sito ecodebate]


«Dal 1997 alla fine del 2000, nel solo distretto di Ananthpur in Andhra Pradesh si sono suicidati 1.826 indigenti (principalmente agricoltori), la maggior parte a causa dei debiti contratti». Quella che precede è una frase di Semi del suicidio uno studio coordinato da Vandana Shiva, l'ambientalista indiana conosciuta in tutto il mondo e curato nell'edizione italiana da Laura Corradi che ha offerto anche una chiave di lettura. Il testo ricostruisce in modo scientifico, perfino freddo, una vicenda che ha accompagnato la drammatica trasformazione capitalistica dell'agricoltura indiana.
I suicidi per debiti degli agricoltori indiani hanno raggiunto l'opinione pubblica mondiale dieci anni fa, proprio a Seattle, unico luogo in cui l'opacità dei media poteva essere superata. «Molti tra coloro che non sono più riusciti a sfamare in un modo onesto la propria famiglia si sono tolti la vita, in tanti ingerendo del monocrotophos, la sostanza pesticida fornita agli agricoltori gratuitamente dal governo». I governi sono tutti uguali. L'autorità di polizia indiana ha derubricato 1.061 di quelle morti, pari al 58% del totale, come dovute a malattia. «Bizzarro il fatto che numerosi casi di suicidio siano stati rubricati come decessi dovuti a 'intollerabile codoppu noppi' (mal di stomaco)».
I dati sui suicidi vengono da Seattle in poi presi sul serio e contati per quello che sono, non come un'improvvisa epidemia di mali di stomaco. In nove anni, tra 1997 e 2005, i suicidi in India sono secondo le statistiche poco meno di un milione, 977.107; tra tutti questi, sono di agricoltori 149.244 e quelli avvenuti con uso di pesticidi ancora di più, 191.010. Lo studio sui semi del suicidio non si limita a leggere le cifre dell'atto finale dei suicidi, ma cerca anche di ritrovarne le cause e le dinamiche. Quale legame tra i semi e chi si dà la morte? Così si sviluppano i vari capitoli: all'inizio si ricostruisce il passaggio del seme «da risorsa pubblica a proprietà privata»; segue il capitolo sulle «conseguenze dell'ingegneria genetica in agricoltura»; a questo punto c'è sufficiente materiale per trattare del «suicidio dei contadini in Andhra Pradesh, Karnataka, Maharastra e Punjab» che si conclude con l'esame di «43 casi suddivisi in tre distretti». Infine il capitolo finale e riassuntivo sui «semi di vita, semi di libertà».
Se sono stati gli inglesi a cancellare in un lontano passato l'industria del cotone indiano, questa volta gli indiani hanno fatto tutto, o quasi, da soli. Loro è stata la decisione di trasformare l'agricoltura nazionale, ritenuta troppo arretrata, moltiplicandone la produttività per acro, ma sacrificando conoscenze e attività tradizionali e mettendo in severe difficoltà un'economia priva di capitali monetari e insediata su spezzature di territorio perfino inferiori all'acro e quindi con bisogni e interessi del tutto diversi. Una volta conclusa la prima rivoluzione verde che comincia a portare acqua, macchinario agricolo e semi in territori prima troppo lontani, rimangono i problemi della povertà e dell'arretratezza.
In un primo tempo le autorità, dirigiste e modernizzatrici vedono nell'agricoltura tradizionale l'elemento frenante. Essa, secondo i tecnocrati indiani, non riuscirà a colmare i bisogni alimentari di una società industriale e di servizi, dai consumi crescenti e mediamente più elevati, senza uno sforzo eccezionale, fuori dalla portata delle forze nazionali. L'India è autosufficiente da un punto di vista alimentare, ma con consumi individuali troppo spesso sacrificati. Il desiderio di aumentare la produzione e ancor più la produttività agricola indiana per sfamare in modo accettabile tutti i connazionali, limitare le importazioni che diverrebbero altrimenti obbligatorie, o perfino annullarle anche in un domani di consumi opulenti, è il compito affidato dal governo centrale a funzionari ed esperti. Il primo passo, quarant'anni fa, è stato quello di lanciare una campagna per la moltiplicazione della produzione di semi, affidandola a strutture agricole pubbliche. Poi si cerca l'appoggio del capitale privato e infine di quello internazionale che sbarca in forze in India e prende il comando delle operazioni. Ora il problema non è più quello di dar da mangiare in modo accettabile a un miliardo di indiani, ma di consentire a un pugno di multinazionali, portatrici di tutte le possibili deformazioni della natura, di guadagnare alti profitti.
Da qui il caso 39 simile agli altri, ma come gli altri unico nella sua drammaticità: «Satur, 18 anni, villaggio di Bushera, circoscrizione di Andana. La ragione principale del suicidio è da ricercarsi nel carico dei debiti e nei problemi economici. Nel marzo 2005 Satur aveva preso un prestito di 1,30 Lach al 30% di interesse, da un agente commissionario locale. L'entità del debito totale lo ha portato nell'ottobre del 2005, a suicidarsi ingerendo del pesticida».

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Una traduzione in portoghese della recensione di Ragozzino sta sul sito ecodebate

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Recensione di Dario Cambiano sul sito Centro Studi Sereno Regis

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Antonio Onorati ha scritto una utile recensione su Cassandra.

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Laura Corradi presenta Semi del suicidio alla libreria Ubik di Cosenza video

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Milano giovedì 17 giugno ore 14:30
Università Milano Bicocca Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
Aula Pagani - Edificio U7 3° piano P.zza Ateneo Nuovo 1 Milano
L’ecofemminismo di Vandana Shiva
I seminari di Abcd
Laura Corradi, Docente di Studi di Genere, Sociologia della Salute e dell’Ambiente (Università della Calabria)
A partire dal libro Semi del suicidio di Vandana Shiva

 

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