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Carlo Collodi
LE
AVVENTURE DI PINOCCHIO
illustrato da
Giancarlo Montelli
con
una prefazione di
Mario Lunetta
pp.170 € 26,00
Formato 24
X 34 a colori
ESAURITO
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Un
Pinocchio Odradek per i tipi di Giancarlo Montelli.
Ci piace presentare così il nostro Pinocchio,
quello che abbiamo amato e per il quale abbiamo trepidato, fin
sul limitare della linea dombra, il Pinocchio antagonista
fin che può, purtroppo infamato da un finale splatter,
e che ci viene finalmente restituito da Giancarlo Montelli in
tutta la sua drammaticità. Altro che non vuole
crescere; semplicemente non vuole diventare quellorrendo,
omologato, pettinato, ben vestito, ben comprante ragazzino occhiceruleo
dellultima pagina del testo di cui Montelli ci risparmia
di rappresentarne lorrore; il Pinocchio da cui ci accomiatiamo
è quello sul limitare della morte, che ràntola
e urla nella metamorfosi. Un Pinocchio, questo, che ribalta
e comunque manda in pezzi il significato sedimentato e incrostato
del libro: da storia edificante per bambini, a fiaba tragica
per adulti. Perché Montelli si sottrae allabominazione
dei cattivi compagni, cioè di noi tutti che
siamo stati cattivi a nostra volta, vicendevolmente.
La storia che lartista racconta, rilutta a un finale accomodato
e, insistendo con grande forza di sintesi su un ricco ventaglio
di stili e di maniere straniate testimonianza
di un lungo processo di lettura e di assimilazione rilegge
pezzi di storia dellarte sublimi e bassi,
da Piero allArcimboldo al cubismo, dallaeropittura
ai fumetti, e in ogni tavola cè un omaggio, un
prestito o una citazione. Rimanendo nel legno.
Che è materia vitale più della carne, più
longeva anche se più infiammabile (non dimentichiamo
lavventura senza happy end del grande Arrostito da Nola),
e sulla carta si muove in sua propria natura perché anchessa
di legno è fatta.
Un on the road ante litteram, una fuga da carabinieri, giudici,
fatine da supermercato e varia umanità bene dicente,
con un punto zero in cui poi moriranno i tanti e tanti Kowalsky,
riferimento per legioni di sceneggiatori, più o meno
maccartisti, aventi come antesignano leditore Paggi.
Il fantastico bestiario in cui Pinocchio si aggira propone animali
i quali, anziché essere umanizzati (parlano, tuttavia,
e soffrono e hanno paura della morte) rimandano allincerta
umanità dei bipedi coi quali son costretti a convivere
e con i quali tentano di comunicare. Chi è incubo di
chi?
Pinocchio sta tutto dentro qualsiasi pezzo di legno, come il
Pinocchio di Montelli sta tutto dentro qualsiasi edizione de Le avventure di Pinocchio. Intanto, questa. |
Giancarlo Montelli, Roma
1937, pittore, incisore, fotografo, illustratore e Art director
in numerose case editrici, pubblicitario (campagna per Micra);
per la RAI ha realizzato sigle e storie animate in programmi
per ragazzi; per LEspresso ha ideato e illustrato
numerose copertine dal 1983 al 1989, e per la Repubblica
le grandi tavole del Venerdì.
E' direttore e insegnante allAccademia dellIllustrazione
e della Comunicazione visiva e docente nei master in new
media e comunicazione allUniversità di Roma-Tor
Vergata.
Per ODRADEK ha pubblicato, insieme a Valeria Palumbo, dalla chioma di Athena |
dalla Prefazione
di Mario Lunetta
Lultima pagina del gran libro di Collodi è la
tomba di Pinocchio, che pure nel corso della sua vita spericolata
è sfuggito mille volte alla morte. Il meraviglioso
burattino, folletto anarcoide e fisiologicamente fuori norma,
defunge o meglio: si spegne nella terza e ultima delle
sue metamorfosi, sotto la regia della Normatività Maternale
mutevolmente incarnata dalla Fata dai Capelli Turchini: quella
che relega la marionetta discola, bugiarda, capricciosa, ingenua,
maliziosa eppure carica di generosità e di pathos,
nella piccola discarica senza memoria degli oggetti inutili,
e la tramuta in ragazzino perbene, piccolo cittadino-suddito
ormai perfino incapace di provare una stilla di solidarietà
per quellaltro da sé di cui è comunque
il clone depurato e conformizzato. Pinocchio si voltò
a guardarlo; e dopo che lebbe guardato un poco, disse
dentro di sé con grandissima compiacenza: Comero
buffo quandero un burattino!
e come ora son contento
di essere diventato un ragazzino perbene!
.
Lestremo colpo di genio di Collodi, che in qualche misura
aiuta il lettore scaltrito a trangugiare la dose non esigua
di ipocrita ritorno allordine dopo tanto scapigliata
e (si sarebbe detto) irriducibile avventurosità fuori
codice, sta nella coscienza del proprio essere precedente,
che il ragazzino esprime con qualche spocchia
misericordiosa. Pinocchio non è storia, è solo
preistoria di se stesso...
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Mario Lunetta intervistato da Peppe Vecchio su Teleambiente parla del PINOCCHIO Odradek di Giancarlo Montelli: qui
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da
il manifesto di venerdì 27 dicembre 2002
Un ricordo graffiante di legno e di china
di Vauro
Sarà che sono nato a Pistoia, a pochi chilometri da
Collodi, paese natale di Lorenzini, l'inventore di Pinocchio,
che sono cresciuto appunto a pane e Pinocchio. Pinocchio inchiodato,
è il caso di dirlo visto che si tratta di un burattino
di legno, ai ricordi d'infanzia. Un Pinocchio sogno ma anche
incubo, con gli assassini, il serpente di fuoco e il pescecane.
Un Pinocchio che, nelle intenzioni del suo autore, sarebbe
dovuto finire morto impiccato. Solo le lettere indignate e
commosse che i lettori del giornale, dove la prima versione
di Pinocchio usciva a puntate, scrissero al direttore fecero
sì che, con autorevoli pressioni, quest'ultimo costringesse
Lorenzini a continuare la storia fino all'obbligatorio lieto
fine. Forse proprio quel lieto fine coatto ha aperto poi la
porta a una serie di Pinocchi fasulli e perbenisti, da quello
sdolcinato di Disney a quello ruffiano di Benigni.
Quando mi è stato chiesto di recensire il libro Le
avventure di Pinocchio illustrato da Giancarlo
Montelli per i tipi della Odradek (euro 26,00) la
mia prima reazione di cresciuto a pane e Pinocchio è
stata quella di dire «no, grazie, non voglio fare indigestione,
amo troppo Pinocchio per rischiare di farmelo venire a nausea».
Poi però anche solo guardandone la copertina, dove
Montelli disegna un Pinocchio dagli occhi stravolti, quasi
strangolato da un carabiniere legnoso più del burattino,
ho riconosciuto in quei tratti graffiati il Pinocchio inchiodato
della mia infanzia e mi sono tuffato nel libro, nei grandi
disegni che accompagnano per tutte le pagine le parole di
Collodi e le ho riconosciute piene come sono di espressioni
toscane, con un Mastro Ciliegia «trasfigurito»
o un Pinocchio che alla prospettiva di moltiplicare i suoi
zecchini d'oro balla «d'allegrezza». D'altronde
al tempo in cui Lorenzini scriveva si pensava che il toscano
fosse l'anima dell'italiano, non come oggi l'inglese rimasticato
in Usa. Incredibile come quelle parole antiche calzino a pennello
sui disegni modernissimi di Montelli, i tratti di china, come
venature del legno sul corpo del burattino, ci raccontano
insieme alla sua magia la sofferenza di quel pezzo di legno
condannato a vivere, ed eccolo lì il burattino, animato
come non mai scalciare al vento quando è impiccato
all'albero o con le gambe monche bruciate dalla brace dello
scaldino come strappate da una mina e poi con nuove gambe
di legno correre ancora per tutte le pagine del libro a riaffermare
con prepotenza il suo diritto a essere vivo, anche se di legno.
Non si ferma mai il burattino Pinocchio nei disegni di Montelli,
fermi sembrano invece gli altri personaggi, fissi nella loro
fissazione di normalizzare quella sfida alla banalità
e al conformismo che la marionetta rappresenta senza nemmeno
saperlo. Si fermerà Pinocchio, solo nell'ultima pagina
dove Montelli lo disegna nell'atto doloroso di trasformarsi
non tanto in un «ragazzino per bene» quanto in
un uomo con il volto e i nervi già segnati dalla violenza
di un'infanzia perduta o mai avuta. E il burattino? «Eccolo
là - rispose Geppetto - e gli accennò un grosso
burattino appoggiato a una seggiola, col capo girato su una
parte, con le braccia ciondoloni... » Collodi alla fine
riuscì a uccidere Pinocchio a dispetto del suo direttore
e dei suoi lettori e oggi Montelli disegnandolo come lo ha
disegnato in questo libro ne raccoglie il corpo, narrandoci
ancora la storia vera di questo piccolo Cristo di legno costretto
a morire per farsi uomo.
Pezzi
che camminano. Il Pinocchio cubista di Giancarlo Montelli
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Odradek
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