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Valeria Palumbo

LE FIGLIE DI LILITH

Vipere, dive, dark ladies e femmes fatales. L’altra ribellione femminile

illustrato con foto

pp. 184 € 16,00

 

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Valeria Palumbo

Le sostenitrici di Sarah Palin agitano come vessillo il rossetto. Deriva del femminismo? Non è detto: in questo saggio Valeria Palumbo racconta come pose, abiti e trasgressioni di dive e "donne fatali" abbiano avuto, cento anni fa, un'influenza decisiva sull'emancipazione femminile di massa. Contagiando anche le signore più allergiche a Rosa Luxemburg e compagne.


Bollywood potrà scardinare l'oppressione delle donne nei Paesi meno avanzati? Possibile, perché Hollywood e le prime dive del cinema muto hanno rivoluzionato la società patriarcale in Occidente. In questo saggio Valeria Palumbo racconta come il mito letterario della femme fatale sia diventato una bomba a orologeria nelle mani di scrittori popolari, registi intraprendenti e riviste femminili.


Bollywood più efficace dei Tornado americani contro il burqa? Non c'è dubbio: come dimostra Valeria Palumbo in questo saggio sulla nascita del divismo e sull'effetto dirompente del cinema e della letteratura popolare nell'emancipazione femminile, a volte il desiderio di emulare le star ha effetti rivoluzionari.

Dalla quarta di copertina

Hanno rotto tabù, sconvolto abitudini, fatto scandalo. Soprattutto hanno scavalcato i limiti da sempre imposti alle donne. All’inizio erano soltanto un drappello di signore che procedevano in ordine sparso. Poi, i loro modi sono diventati costume: eccola l’altra ribellione femminile che cambia mode, atteggiamenti culturali e rapporti di forza. Protagoniste, non soltanto le prostitute “d’alto bordo”, con tanto di salotto letterario, ma le ninfe Egerie, le artiste, le attrici, le scrittrici, e le giornaliste, che hanno trasformato i comportamenti, e si sono rivelate guastatrici e quinta colonna delle “suffragette” ovvero delle femministe, che, per lungo tempo, invece, sono rimaste minoritarie.
È stato dunque un micidiale “combinato disposto” di trasgressione involontaria e volontaria lotta per l’emancipazione, qui raccontato con un linguaggio sapiente e accattivante. Le donne – non solo le borghesi, ma via via un ceto sempre più vasto e popolare – si sono identificate molto di più con Francesca Bertini, e poi con Clara Bow, che con Rosa Luxemburg. Da la Bella Otero a Lola Montez, da Liala a Theda Bara, da Colette alla Contessa Lara, da Alma Mahler a Anna Fougez, il mito letterario e artistico della femme fatale e della dame sans merci si è trasformato così, a partire dalla Belle époque e fino agli anni Venti, in quello della diva. Grazie al cinema e alla letteratura sentimental-popolare, questo mito, “rimasticato”, “rimodellato” e ovviamente normalizzato è diventato un modello alternativo e non femminista all’emancipazione femminile e, prima di diventare uno standard televisivo e conservatore, si è rivelato un riferimento dirompente e modernizzatore che traduce bene non soltanto il radicale mutamento della condizione femminile in Occidente... ma anche le perduranti paure maschili.

Valeria Palumbo, caporedattore centrale de L’Europeo, collabora con vari giornali e siti Internet, tiene lezioni universitarie, conduce reading teatrali e incontri a festival storici e letterari. È membro della Società italiana delle storiche. Ha pubblicato: Prestami il volto,Selene 2003, premio “Il Paese delle donne”; Lo sguardo di Matidia, Selene 2004, sulle matrone romane; Le Donne di Alessandro Magno, Sonzogno 2005, Donne di Piacere, Sonzogno 2005, e La perfidia delle donne, Sonzogno 2006; Svestite da uomo, Bur 2007.

 

All'indirizzo http://lefigliedililith.blogspot.com/ è attivo un blog dedicato al libro, alla sua autrice e a una discussione qui sul contenzioso tra i sessi.

 

Valeria Palumbo. Lilith ed il disvelamento maschile

su http://www.gothicnetwork.org/articoli/valeria-palumbo-lilith-disvelamento-maschile

di Livia Bidoli


Caporedattore di L’Europeo, Valeria Palumbo da anni si occupa di donne su cui ha scritto sette libri e sta per approdare all’ottavo. Il precedente a Le figlie di Lilith per cui la intervisto, è stato Svestite da uomo, in cui offriva un panorama di tutte quelle donne che, per avanzare nella società e per loro gusto, indossavano abiti maschili.
Qui indaga come, donne di nuovo ribelli, da Alma Mahler a Liala, fino alle futuriste, abbiano combattuto una battaglia ancora del tutto aperta.


D Lilith è la prima moglie ripudiata di Adamo, ripudiata soprattutto perché non accettava il ruolo di sudditanza del femminile al maschile. Dare un titolo come Le figlie di Lilith ad un libro significa in sostanza andare a scoprire un mondo sottratto al dominio del maschile, autonomo e rivoluzionario nei suoi contenuti e nel suo rapporto – paritario – ancora con il maschile.
R Trovo molto interessante il fatto che quello di Lilith sia un mito "non chiaro", una sorta di spauracchio che si aggira nell'antichità tra le culture più fortemente maschiliste. Come aveva ben spiegato Ida Magli prima di diventare una feroce conservatrice misogina, la grande paura maschile è il non sapere di chi sia il figlio della propria moglie. Paura di fatto comprensibile in culture povere e spelacchiate come quella ebraico-palestinese nella quale la miseria rende necessario sapere a chi, esattamente, si lasciano le capre. Da qui tutta una serie di meccanismi di controllo, fino all'ossessione.

D La gelosia o meglio, la possessività maschile, è strettamente legata a questo meccanismo di controllo che, purtroppo (e lo vediamo dai casi eclatanti di violenza dai quali spesso le donne non si difendono), viene recepito come interesse ed “amore” dalle donne stesse. E l’impotenza maschile invece, come viene sottratta alla denuncia, forse proprio dalla violenza sul femminile?
R La gelosia, per fare una battuta paradossale, non è un sentimento: è un meccanismo economico. E convive con un'altra paura-ossessione maschile: quella della denuncia dell'impotenza. La denuncia, bada bene. Non l'impotenza stessa che, a mio parere, spiega molti comportamenti maschili e una buona fetta della cultura tradizionale. Ma la denuncia è insopportabile perché rende evidente l'inutilità stessa del maschio: a che serve un maschio impotente? Ecco, Lilith è l'incarnazione della paura del disvelamento dell'impotenza. Ovvero la paura della schiavitù che la donna, sottratta alla maternità, può immediatamente imporre al suo compagno: io ti tengo in pugno, dice lei, con l'attrazione sessuale, ma tu?

D E questo spiegherebbe proprio l’inesistenza della ninfomania, che è piuttosto un modo di nascondere la propria – maschile – inadeguatezza a rispondere alla ricerca di soddisfazione sessuale da parte del femminile (cfr. Umberto Galimberti, Il corpo, Feltrinelli) ovvero una proiezione della paura del maschile per la potenza del desiderio femminile? E perché è potentemente riemersa proprio nell’800 e nella qualità ferinamente seduttiva della donna rappresentata nei quadri dei pittori preraffaelliti?
R Io credo che questo fantasma, dopo secoli di "giacenza" sia riemerso nel XIX secolo perché l'Ottocento, e al suo interno la società borghese, deve affrontare da una parte il problema della limitazione delle nascite (paradossale, ma proprio quando i bambini non muoiono più come funghi... non servono più), e quindi della liberazione della donna dalla maternità perpetua (tanto che si inventeranno le guerre mondiali e la "fame di carne da cannone" pur di tenere le donne inchiodate a quel ruolo di fattrici. Dall'altra il fatto che, in un contesto borghese, così fitto di regole, anche il maschio si sente in trappola. Da qui il fascino-repulsione per la donna senza limiti, la puttana, la "perduta", la femme fatale e, infine, la diva. Ovvio che cadere nella sua trappola, laddove non è più possibile credere che condurrà all'inferno, porta almeno alla malattia: le malattie veneree sono un pericolo reale ma anche uno straordinario spauracchio psicologico e sociale. Pensiamo solo a ciò che dice oggi il papa dell'Aids: la Chiesa ha bisogno dell'Aids perché sa benissimo che la sola minaccia dell'inferno non ferma gli uomini dall'eros. E l'eros libero rende le persone (e soprattutto le donne) incontrollabili e ingestibili.

D Quindi chi controlla la sessualità controlla le donne e non per il loro bene od il loro soddisfacimento.
R Giusto. Non è un caso che alla fin fine gran parte delle "trasgressioni" delle piccole borghesi che si ispiravano alle femmes fatales consistesse nell'adulterio: quella è la "grande paura". L'adultera, per questo, è senz'altro più pericolosa della suffragetta casta, perché la suffragetta vuole solo, in fondo, inserirsi in un ordine sociale e politico già costituito. L'adultera, che non si sogna nemmeno di contestarlo, in realtà lo scardina dal profondo: chi obbedirà più a un uomo che tutti sanno "cornuto" (e quindi impotente, e quindi privo di potere di attrazione, e quindi senza discendenza certa, etc.)?

D Per tornare alla rappresentazione pittorica della donna ferina da parte dei Preraffaelliti e della pittura del tardo Ottocento, in particolare la Lady Lilith (poema e quadro) di Dante Gabriel Rossetti, quale potenza rappresenta per il femminile?
R I preraffaelliti sanno benissimo che Lilith è sottratta al potere degli uomini. Li fa schiavi certo, ma soprattutto li ignora, ne fa a meno. E questo diviene ancora più vero con la Salomé di Gustave Moreau e la Giuditta di Klimt. Giuditta ci colpisce non tanto perché ha decollato Oloferne (quella di Artemisia Gentileschi ha più forza, ma è dentro la storia, la vive con passione), ma perché ne indossa la testa come se fosse una borsetta. L'Oloferne di Artemisia Gentileschi è un uomo sconfitto. Quello di Klimt non è neanche un uomo: è un accessorio.

D Ma come si sottrae Lilith al potere dell’uomo: sedurre non significa a propria volta essere sedotti?
R Io credo che alla fin fine più che il desiderio femminile (che certo, però, è quello che svela l'impotenza maschile quando, una volta liberato, non viene soddisfatto), è la mancanza di desiderio che spaventa e che costituisce l'essenza di Lilith: Lilith consuma l'uomo con il sesso ma non ne ha bisogno. E' frigida. Come Les Grands Horizontales. Solo la frigidità, tratto tipico della femme fatale e della diva, permette di controllare fino in fondo il proprio potere seduttivo.

D Apriamo un panorama più ampio. A differenza di ciò che accadeva soprattutto nel ‘700 (pensiamo alla corte del Re Sole, cfr. Amanti e regine di Bendetta Craveri, edito da Adelphi), ovverosia al ruolo di potere che apparteneva alle amanti del re e dei potenti, conosciuto ma giocato nell’ombra, le donne futuriste e le dive della anni ’20 e ‘30 ambivano a raggiungere la ribalta dei palchi e delle vetrine dei circoli d’élites culturali indipendentemente dai loro amanti, anzi, a volte erano loro che li mantenevano e questo in qualche modo veniva giudicato come compromettente alla pari di fare la parte delle amanti. Come spieghiamo questo cambiamento e quale la differenze tra queste donne?
R Quanto alle amanti del Settecento e alle cocottes Ottocentesche, fino alle muse eccentriche come Luisa Casati nel Novecento, è difficile, come al solito, tracciare confini netti. Io dico che, come ha compreso benissimo Umberto Notari, in La donna Tipo Tre, la vera e unica differenza la fa l'autonomia finanziaria. Le donne sono diventate "potenti" quando la loro esistenza non è più dipesa da un uomo e questo crea un abisso tra le grandi cortigiane e, per esempio, le attrici.

D Ritorniamo al presente. Possiamo dire che attualmente esiste un tipo di donna simile alle femmes fatales e che in qualche modo si sia evoluta al punto di non tenere conto del retrivo pregiudizio culturale onnipresente in una cultura cristiana come la nostra?
R Ovvio che oggi la situazione è del tutto diversa e che le donne che mantengono i loro uomini (sempre di più) non abbiano nulla di scandaloso da noi. Resta e forse si è allargato il problema dell'impotenza maschile: ora che il re è nudo tende a essere perfino più violento. Anche se, intendiamoci bene, tutte le società tradizionali si fondano sullo stupro. Quindi altro che bei tempi antichi. Oggi Lilith ha vinto: l'uomo deve chiedere il permesso. A volte reagisce male. La partita, insomma, è in parte ancora da giocare. Poi, secondo me, si potrà anche ridiscutere che cosa esattamente sia il potere. Ma mi fanno molto sorridere le donne che inneggiano alla "differenza": quasi sempre, temo, esprimono la stessa paura del potere del desiderio femminile che hanno gli uomini.

7 aprile 2009

 

### Ancora Livia Bidoli con un excursus su Lilith e le sue figlie

*

### L'uomo? Piacevole, ma accessorio

Giulia Dalla Negra su Leggendaria n. 75, maggio 2009, p.71

Alle donne e alla multidimensionalità del loro mondo, Valeria Palumbo (capo redattore centrale de L'Europeo) ha dedicato negli anni diverse pubblicazioni. Le figlie di Lilith. Vipere, dive, dark ladies e femmes fatales. L'altra ribellione femminile è infatti l'ottavo libro dell'autrice, costruito sull'analisi e sulla caratterizzazione dell'universo femminile e della sua evoluzione. Se con lo studio precedente, Svestite da uomo, (Rizzoli 2007, vedi Leggendaria n. 66 pp. 48-49) la scrittrice offriva al lettore un'accurata panoramica di tutte quelle donne che per affermare se stesse hanno dovuto o scelto di indossare abiti maschili, nel suo ultimo lavoro racconta una nuova tipologia di "donna ribelle", una donna non ancora in grado di definirsi coscientemente femminista, ma che ha il merito di aver dato inizio a un importante processo di cambiamento, ancora oggi in atto. Il testo ripercorre le stravaganti biografie di artiste, scrittrici, ballerine e femmes fatales vissute tra l'Ottocento e il Novecento, raccontando i giorni di ereditiere spregiudicate e cortigiane avide di gioielli, e attraversando le vite di attrici e modelle, fino a toccare la voce dirompente delle donne futuriste, indipendenti e realizzate senza bisogno di aiuto da parte del proprio amante. Valeria Palumbo racconta le loro storie tracciando un percorso complesso e variegato: da Cora Pearl, ricchissima cortigiana francese vissuta nella seconda metà dell'Ottocento, nota per l'abitudine di farsi servire a cena nuda su un vassoio di fronte a un pubblico di soli uomini, a Tamara De Lempicka, sposata, bisessuale e mangiatrice di intellettuali (tra cui Gabriele D'Annunzio); da Valentine de Saint Point, danzatrice e poetessa "allergica" agli amori romantici, fino a figure più moderne come quella di Francesca Bertini, simbolo per decenni della trasgressione hollywoodiana. Le figlie di Lilith hanno saputo sottrarsi al potere degli uomini, ignorandoli e soprattutto facendone a meno. A partire dal mito che le ha generate (Lilith è nota come la prima moglie di Adamo, ripudiata per non aver accettato il ruolo di subordinazione del femminile al maschile) hanno dato vita alla rappresentazione di un mondo autonomo e rivoluziona. rio, che rifiuta il dominio dell'altro sesso e cerca la parità e il confronto. Un mondo che nel corso della sua evoluzione ha inevitabilmente attratto l'attenzione di numerosi artisti. L'autrice spiega come l'immagine di Lilith abbia preso forma prima nell'iconografia pre-raffaellita e si sia poi rafforzata nettamente con la pittura di Moreau e Klimt. Colpisce in particolare la Giuditta di Klimt, personaggio che non solo uccide Oloferne, ma ne "indossa" anche la testa come fosse un ornamento. L'uomo, da inutile, diviene addirittura "accessorio". Prima demone femminile dal forte potere seduttivo e dalle ambigue fascinazioni, Lilith diviene poi donna fredda e spietata che si avvicina all'uomo per soddisfare i piaceri della passione, senza però avere sentimentalmente bisogno di lui. Lilith che, trasformandosi, è arrivata fino ai giorni nostri, ridefinendo i rapporti uomo/donna, oggi sembra in parte aver vinto. Ma con un duplice rischio: il rovesciamento del modello di sudditanza, con il conseguente allontanamento del primo universo dal secondo, e una possibile risposta violenta da parte degli uomini di fronte al disintegrarsi del proprio ruolo. Violenza di uomini sulle donne che continua, anzi sembra crescere nella nostra società e che ci fa capire che Lilith non ha ancora terminato il suo viaggio. Giulia Dalla Negra

su Domenica - Il Sole 24 ore dell' 8.03.09

La Belle Époque delle vipere fatali


Valeria Palumbo rispolvera le dive che misero sottosopra il primo 900 Dalla de Lempicka a Luisa Casati, che portava al collo serpenti veri

di Roselina Salemi


Le figlie di Lilith (moglie di Adamo, prima di Eva) hanno avuto molti nomi, sono state cortigiane avide di gioielli, ereditiere stravaganti, attrici, ballerine, modelle. Hanno sconvolto la vita di parecchi uomini disponibili a farsela sconvolgere, hanno segnato la Belle époque, messo sottosopra il primo Novecento. Non potevano essere femministe: era troppo presto. Ma hanno inventato il mito della femme fatale, che poi sarebbe stato saccheggiato dal cinema, e alla fine anche dalla tivù. Valeria Palumbo le tira fuori dalla naftalina, alcune famosissime, altre meno, allinea foto enigmatiche in bianco e nero, facce esotiche, occhi bistrati. Valentine de Saint-Point, scrittrice, poetessa, danzatrice, politica, era bella, intelligente e inquieta, contraria ai romanticismi e alle margherite sfogliate, teorizzava il desiderio, l'attrazione fisica. Filippo Tommaso Marinetti la accusò di «aver bevuto come tuorli d'uova gli uomini più originali d'Europa (e c'era anche lui).
Tamara de Lempicka era la perfetta donna rapace, sposata, bisex, mangiatrice di intellettuali capace di umiliare il nostro Gabriele Dannunzio, definito «un vecchio nano in uniforme». Luisa Casati, era la versione dandy: capelli rosso fuoco, grandi occhi verdi, ciglia finte, portava al collo fili di perle e serpenti veri, andava a spasso con un paio di leopardi al guinzaglio che avrebbero ispirato la pantera di Cartier. Ertè la vestiva, Coco Chanel l'adorava, Theda Bara, per imitarla si sarebbe presentata con un paio di pitoni alle conferenze stampa. Luisa Casati si rovinò spendendo tutto in feste, ma segnando per sempre il ricordo di Luchino Visconti.
Peggy Hopkins Joyce, oggi dimenticata, era un'attrice di successo. Collezionava gioielli, (era suo il Diamante Portoghese, costato nel 1928 cinquecentomila dollari), mariti (sei) amanti suicidi (almeno tre). Pare abbia ispirato il personaggio di Lorelei Lee nel mitico Gli uomini preferiscono le bionde di Anita Loos. Ma, a differenza del film con Marilyn Monroe, era tutt'altro che svampita. Aveva deciso di diventare miliardaria prima dei trent'anni e c'era riuscita.
Con Anna Fougez, nome d'arte della più modesta Maria Annina Laganà Pappacena, entra in scena il marketing della femme fatale: abiti fastosi, pellicce, un profumo che portava il suo nome, una collezione di lingerie provocante disegnata da lei (intuizione sorprendente nel1929, molto prima di Valeria Marini}, l'abitudine di fumare in pubblico con un lungo bocchino. Guadagnava cinquecento lire a sera e scendeva le scale cantando «Vipera». Invece con Francesca Bertini, quella che si attaccava alle tende, nasce il termine «diva». Hollywood l'avrebbe studiata a lungo, per poi superarla alzando l'asticella della trasgressione. Il primo diario-scandalo venduto sottobanco a un giornale era di Clara Bow: un lungo elenco di amanti e di passatempi poco educativi. La star ci rimase male, mentre Tallulah Bankhead è ancor oggi ricordata per lo scandaloso «I want a man!» che sconvolgeva il codice etico dell'allora puritano star system. Poi è arrivato il femminismo vero. La femme fatale ha esaurito la sua funzione sociale. Era una ribelle, è diventata una citazione. Rinasce in un abito da sera, in un trucco un po' pesante, in quella sfrontatezza esibita dalla televisione. Le pupe (senza secchioni), le veline, le letterine, hanno ereditato la mondanità, gli amorazzi, qualche volta i gioielli. Niente pitoni, però.

VideoLilith

imperversano sul web, leggere, accattivanti e, manco a farlo apposta, seducenti

Livia Bidoli intervista Valeria Palumbo su Gothicnetwork.

Lilith ed il disvelamento maschile

su http://www.gothicnetwork.org/articoli/valeria-palumbo-lilith-disvelamento-maschile

Scintille di estremismo femminile puro. Oddìo che ho fatto, si domanda tremebondo l'editore. Leggere per credere

Zop intervista Valeria Palumbo su

http://www.booksweb.tv/content/show/ContentId/989

Fabio Orecchini intervista Valeria Palumbo

su http://meddletv.wordpress.com/2008/12/11/le-figlie-di-lilith/

Una radiointervista di Matteo Baldi a Valeria su RadioAlt: http://www.radioalt.it/

Il booktrailer sta su www.bookchannel.it

 

Corrado Augias ha dedicato la puntata del 31.12. 08 della sua trasmissione Le Storie a Valeria Palumbo e alle Figlie di Lilith. La si trova su

http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie^17^169303,00.html

Armando Adolgiso – grande! – sul suo sito www.nybramedia.it sez. Cosmotaxi rilascia una recensione al libro di Valeria Palumbo.

Alessia De Luca su Elle

http://www.elle.it/elle/entertainment/libri/le-figlie-di-lilith

Giuseppe Romano su Il Domenicale del 17.01.09 vedi scheda

Roselina Salemi su Domenica - Il Sole 24 ore 8.03.09, La Belle Époque delle vipere fatali vedi scheda

Valeria Capritti su Visto vedi scheda

Corrado Augias ha dedicato la puntata del 31.12. 08 della sua trasmissione Le Storie a Valeria Palumbo e alle Figlie di Lilith

http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie^17^169303,00.html

 

Altre notizie sul sito di colei: http://www.valeriapalumbo.com/

 

 

PRESENTAZIONI

tutti le vogliono

a Verbania
mercoledì 25 febbraio 2009, ore 21:00
Biblioteca P. Ceretti-Verbania Pallanza

con Valeria Palumbo

Caffè letterari
presentazione di
Le figlie di Lilith

* * *

a Milano
Venerdì 27 febbraio 2009, ore 18:30
Spazio dell'Unione femminile,
Corso di Porta Nuova 32


reading con Valeria Palumbo


Musica, immagini e parole per una piacevole
e stuzzicante lettura, per far discutere
animatamente maschi e femmine, per scoprire
quanto arte, letteratura e cinema debbano alle donne.


Voce recitante: Sonia Grandis
Fiati e tastiere: Walter Colombo e Giovanni Tosi

* * *

Domenica 15 novembre ore 18:00

GENOVA

Auditorium di Palazzo Rosso via Garibaldi,
Incontro/intervista
vipere, dive, dark ladies e femmes fatales
con Valeria Palumbo, caporedattore “l’europeo”
Elsa Martinelli, attrice
per il MATILDE DI CANOSSA - FESTIVAL DELL'ECCELLENZA AL FEMMINILE 2009

*

7 novembre ore 18:00 Libreria Irnerio via Irnerio 27 BOLOGNA

con Alessandra Calanchi (Univ. Urbino) e

Gino Scatasta
(Univ. Bologna)

*

Giovedì 29 ottobre h. 16.30
Aula 113
Via Festa del Perdono 3
20122 Milano

Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Filosofia
Cattedra di Storia della Filosofia I


La donna e il diavolo.
L'immaginario della femme fatale


Arianna Bianchi (Università degli Studi di Milano)
Davide Bigalli (Università degli Studi di Milano)
Giordano Morganti (fotografo)
Massimo Rizzardini (Università degli Studi di Milano)
Valeria Palumbo (caporedattore de L'Europeo, scrittrice)

Durante l'incontro saranno proiettate alcune immagini cinematografiche ispirate al volume di Valeria Palumbo Le figlie di Lilith.

*

venerdì 2 e sabato 3 ottobre festival Ring! di Alessandria

incontri sulle dive

7 novembre alla Libreria Irnerio di Bologna

*

a ROMA, sabato 14 marzo, ore 19:00

alla Flexi Libreria Caffè, via Clementina 9

si chiacchiera e si discute de Le figlie di Lilith www.libreriaflexi.it

*

a Varallo Sesia (Vercelli), 28 marzo, ore 21

al Centro Libri

*

a Milano, 18 aprile
Come nasce una diva. Conversazione di Valeria Palumbo e Luca Malavasi, a Donneinquota

*

a ROMA, 24 aprile
Donne tra ritratto e autoritratto, Biblioteca Rispoli

*

a Pomezia, 23 maggio
alla Libreria Odradek di Pomezia

*

30 maggio, ore 11,30 Biblioteca di Rozzano, Centro culturale Cascina Grande: Valeria Palumbo conversa con Dacia Maraini per i dieci anni della biblioteca

*

A Rovigo, Venerdì 12 giugno, ore 21:00
nell’ambito della mostra
Déco. Arte in Italia 1919 – 1939

Cortile di Palazzo Roverella
Via Laurenti, 8/10

 

Quando le donne si scoprirono dive
con Valeria Palumbo

*

1° agosto, a Roma, Le figlie di Lilith nei Giardini di CastelSant'Angelo, a Roma, per Invito alla lettura

*

17 ottobre, ore 16, per la rassegna LibrInTerra, Valperga (To): Valeria Palumbo e Gabriella Kuruvilla discutono di cinema e donne, mettendo a confronto quello italiano fino agli anni Trenta con Bollywood

*

10 novembre ore 17 a Venezia, conversazione su Luisa Casati, l'incarnazione della femme fatale, condotta da Valeria Palumbo, per il Fai.

 

La madre di tutte le presentazioni

Theda Bara

Sabato 6 dicembre, ore 18:30
alla libreria Odradek di Roma
via dei banchi vecchi 57
tel. 06 6833451


a parlare di Vipere, dive, dark ladies e femmes fatales, cioè
dell' "altra ribellione femminile" ci saranno,
con Valeria Palumbo autrice di Le figlie di Lilith
Odradek edizioni
Monica Gras
so, Università di Urbino
Federico Gironi, direttore Coming soon television
e Silvia Siravo, ha dato voce ed espressione
alle protagoniste del libro.

 

Theda Bara

 

 

Hanno scritto la loro:

Lavinia Capritti su Visto:

Armando Adolgiso – grande! – sul suo sito www.nybramedia.it sez. Cosmotaxi rilascia una recensione al libro di Valeria Palumbo.

 

Alessia De Luca su Elle

http://www.elle.it/elle/entertainment/libri/le-figlie-di-lilith

 

Chiara Cretella su Le voci della Luna, n. 43, marzo 2009

Stefania Culurgioni, su Repubblica Milano di domenica 4 gennaio,
Pagina XIII


Storia, Femministe inconsapevoli - Cora Pearl era una ricchissima cortigiana francese che nella seconda metà dell´800 fece scandalo con le sue cene: invitava solo uomini e poi si faceva servire nuda su un vassoio. La Belle Otero invece suscitò scalpore durante la Belle Èpoque: cantava, ballava, si esibì anche a Milano ed era talmente affascinante e gelida che sette uomini si suicidarono per lei.
Stravaganti, intelligenti, trasgressive. In una parola: libere! Furono loro le vere "rivoluzionarie" che, con la loro pazza vita, contribuirono ad emancipare la vita delle donne. A raccontarle è la giornalista milanese Valeria Palumbo, in un curioso volume dal titolo Le figlie di Lilith, Odradek edizioni (la prima moglie di Adamo che poi incarnò il mito della seduttrice). Il libro ripercorre le biografie spregiudicate di artiste, scrittrici, dive e femmes fatales tra l´800 e il '900. Tra loro, non mancano eccellenti milanesi. Maria Volpi detta "Mura", per esempio, fu la prima nel 1919 a narrare storie di adulterio. E Liala, popolarissima autrice di romanzi rosa, era una vera signora emancipata: guidava, portava i capelli corti e i pantaloni. Femministe inconsapevoli che cambiarono mode e atteggiamenti culturali. Una galleria di ritratti per chi si interroga sulle radici dell´emancipazione declinata al femminile.

 

Giuseppe Romano su Il Domenicale del 17.01.09

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Luca Malavasi su Pulp di gennaio

Così ne ha parlato Felice Accame a Radiopopolare, domenica 16 novembre.

Dal Talmud, dal Libro dello splendore, volendo anche da un passo di Isaia (34, 14) e da altre fonti, ci si può fare un’idea di Lilith – del tipo “chi la conosce la evita, ma tant’è”. Prima moglie di Adamo – che come un intellettuale qualsiasi, allora, avrebbe dato dentro la vecchia per prendersene una nuova, Eva, anche perché questa Lilith ad un dato momento si è messa in testa di non volergli più “star sotto” –, demone infernale, lussuriosa, notturna, pelosa e zoccoluta, Lilith incarnerebbe la femmina che “sfinisce sessualmente il maschio” senza, tuttavia, restarne incinta. Nella seconda metà dell’Ottocento, questa Lilith – o, meglio, una sua versione “light”– ricompare nell’immaginario occidentale: Dante Gabriele Rossetti le dedica il ritratto di una sua amante ex prostituta e una poesia, Remy De Goncourt le intitola una commedia e un altro pittore, l’americano Kenyion Cox, le dedica un suo quadro.
La Lilith light, ovviamente né troppo pelosa né zoccoluta, si accontenta di sedurre i maschi e di ridurli in suo potere, possibilmente conducendoli alla rovina e auspicabilmente al suicidio.
Dopo essersi occupata di perfide e vittime più e meno bellicose a vario titolo, Valeria Palumbo intitola alle Figlie di Lilith un libro dedicato alle “emancipate non emancipazioniste”, ovvero alle “ribelli per istinto o necessità”, siano esse grandi cortigiane, attrici, ballerine, scrittrici di romanzi erotico-sentimentali, seduttrici, pittrici, modelle, ereditiere o “sartine intraprendenti” che “rivoluzionando la loro, hanno cambiato la nostra vita”. Incrocia, quindi, tratti biografici ben selezionati di una serie di fanciulle: da Valentine de Saint Point, l’autrice del Manifesto della donna futurista, a Maria Volpi, meglio nota con quel suo pseudonimo di scrittrice, Mura, che già in quanto tale, ricordando una contessa russa che si lasciava alle spalle una scia di sangue, era già motivo di scandalo; dalla pittrice Tamara de Lempicka alla Bella Otero, dalle attrici Francesca Bertini a Eleonora Duse, transitando affettuosamente nei dintorni dei travagliosi talami di molte altre profanatrici di tabù.
Palumbo rinuncia sagacemente a trovare un “inizio” a queste sue storie e neppure una linearità – un compito senza speranza. Ma, come tutti noi, può dirsi certa che “a cavallo di Ottocento e Novecento, in Europa e negli Stati Uniti, qualcosa cambiò” e cambiò – come il mito della femme fatale che, da letterario, si trasformò in modello di comportamento per chi, in virtù del pelo sullo stomaco o del censo, poteva permetterselo – tramite il cinema, che alle grandi masse aprì gli orizzonti sulla perversità di una Lulù di Wedekind o sulla vampireschità di una Theda Bara.

Così Maria Rosa PANTE' su http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/012293.aspx?catalog=0
17 novembre 2008

“LA STORIA DI LILITH E DELLE SUE DISCENDENTI”


L'ultimo libro di Valeria Palumbo, giornalista e storica, si intitola “Le figlie di Lilith” ed è edito da Odradeck. Ancora una volta la scrittrice esplora la storia dal punto di vista di una donna che parla di donne, proseguendo così la sua ricostruzione di una pezzo di storia, costituito da moltissime vicende più piccole, cioè la storia delle donne, per lo più dimenticata, trascurata, minimizzata, fraintesa o addirittura condannata.
In particolare questo libro si occupa di donne che spesso hanno subito pesanti condanne non solo dal mondo maschile, ma anche da certa parte del mondo femminile; vi si tratta di donne scomode, poco regolari, di donne che hanno basato la loro vita, il loro successo sull’uso strumentale della sessualità, del proprio fascino e della propria bellezza.
Le donne di cui Valeria Palumbo ci parla sono certo prostitute, ma anche dive del cinema, donne aristocratiche, scrittrici dei cosiddetti “romanzi rosa”: la loro caratteristica comune è di essere state o considerate delle femmes fatales, insomma vere eredi di Lilith, la prima moglie di Adamo, demone femminile che consuma e distrugge gli uomini cui s’accosta e s’accoppia.
Sarebbe inutile elencare qui il gran numero di donne di cui, con la consueta competenza storica e sintesi giornalistica, Valeria Palumbo scrive: Eleonora Duse, Liala, Francesca Bertini…
Importa sottolineare alcuni elementi che danno senso a questa ricerca, divertente da leggere di per sé, ma anche importante per comprendere alcuni fenomeni sociali che ancora stiamo vivendo.
L’epoca analizzata si colloca tra Ottocento e Novecento, in questo periodo accanto al femminismo, movimento politicamente consapevole, si collocano altre forme di “emancipazione” femminile, portate avanti spesso da donne che si sono sempre dichiarate antifemministe.
Queste donne, come scrive l’autrice nell’Introduzione: “Non sempre, anzi quasi mai, si sottraevano ai ruoli tradizionalmente imposti alle donne (madre e moglie, prostituta o monaca) ma ne spostavano i confini. A volte in modo rivoluzionario.”
Più oltre l’autrice aggiunge una precisazione illuminante: “Questo libro è dedicato alle ‘inconsapevoli’, alle trasgressive, alle ribelli per istinto o necessità, ovvero alle grandi cortigiane, alle attrici, ballerine, alle scrittrici di romanzi sentimental-erotici, alle seduttrici, pittrici e modelle, alle ereditiere stravaganti e sartine intraprendenti che rivoluzionando la loro, hanno cambiato la nostra vita. E quindi, irrimediabilmente, quella degli uomini.”
Perché dunque è importante non solo ciò che hanno fatto nella e della loro vita, ma soprattutto ricordarne o riscoprirne la storia? L’ultimo capitolo del volume si intitola “La parabola del rossetto”, non è solo un titolo ad effetto è anche un tentativo di risposta alla domanda che ci siamo poste e che si è posta evidentemente anche l’autrice prima di intraprendere la sua fatica letteraria.
È evidente che in questo periodo storico è avvenuto qualcosa di importante, certo a motivo delle due guerre mondiali che hanno portato le donne in posizioni che erano occupate dagli uomini (ora soldati), ma gli esiti sono stati diversi: accanto alle donne suffragette, femministe, intellettuali di cui, come dice Valeria Palumbo, ci si è ampiamente occupati, ci sono state altre figure femminili, le figlie di Lilith, appunto, trascurate dalla storiografia anche quella che recupera il ruolo della donna.
Grazie a un mezzo di comunicazione di portata rivoluzionaria per l’ampiezza del pubblico raggiunto, com’è stato il cinema, un gran numero di donne ha potuto identificarsi nelle dive, nella loro vita libera e piena di uomini, di ricchezza, in fondo di autodeterminazione.
In effetti è fondamentale quello che scrive la giornalista: “Rosa Luxemburg, Simone de Beauvoir, Colette, Djuna Barnes, Dolores Ibàrruri Gçmez, Frida Kahlo sono rimaste icone d’élite. Sono state piuttosto le attrici a modellare atteggiamenti e costumi di massa”.
E dunque: “(…) il rossetto è stato più forte della rinuncia al trucco”.
Ma tutto questo è “solo” storia?
Non troppo, anzi. Nei paesi islamici, ad esempio, l’atto di truccarsi per una donna è rivoluzionario. Ma nel nostro paese, queste figure sono superate? Nient’affatto, basti pensare, come dice la giornalista, alla concezione di donna che viene proposta dal centro destra, donne ministro da esibire.
La femme fatale continua così a esercitare una grande influenza soprattutto sulle “ragazze delle fasce popolari”. In sostanza ancora una volta la storia aiuta a capire molto del presente, anche se permane una certa amarezza, quando l’autrice conclude evidenziando come: “l’Italia resta un paese a basso tasso di cultura, di alfabetizzazione, di scolarizzazione alta, di lettura. Tutto questo (…) è soltanto un danno per le donne”.
A sottolineare come l’assenza di cultura sia esiziale soprattutto per le donne non a caso è una scrittrice iraniana: vien da chiedersi come mai la natura umana si accorga di quanto sia importante qualcosa solo quando non l’ha più o non l’ha mai avuto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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