Valeria
Palumbo. Lilith ed il disvelamento maschile
su
http://www.gothicnetwork.org/articoli/valeria-palumbo-lilith-disvelamento-maschile
di Livia
Bidoli
Caporedattore di L’Europeo, Valeria
Palumbo da anni si occupa di donne su cui ha scritto
sette libri e sta per approdare all’ottavo.
Il precedente a Le figlie di Lilith per cui la intervisto,
è stato Svestite da uomo, in cui offriva un
panorama di tutte quelle donne che, per avanzare nella
società e per loro gusto, indossavano abiti
maschili.
Qui indaga come, donne di nuovo ribelli, da Alma Mahler
a Liala, fino alle futuriste, abbiano combattuto una
battaglia ancora del tutto aperta.
D Lilith è la prima moglie
ripudiata di Adamo, ripudiata soprattutto perché
non accettava il ruolo di sudditanza del femminile
al maschile. Dare un titolo come Le figlie di Lilith
ad un libro significa in sostanza andare a scoprire
un mondo sottratto al dominio del maschile, autonomo
e rivoluzionario nei suoi contenuti e nel suo rapporto
– paritario – ancora con il maschile.
R Trovo molto interessante il fatto
che quello di Lilith sia un mito "non chiaro",
una sorta di spauracchio che si aggira nell'antichità
tra le culture più fortemente maschiliste.
Come aveva ben spiegato Ida Magli prima di diventare
una feroce conservatrice misogina, la grande paura
maschile è il non sapere di chi sia il figlio
della propria moglie. Paura di fatto comprensibile
in culture povere e spelacchiate come quella ebraico-palestinese
nella quale la miseria rende necessario sapere a chi,
esattamente, si lasciano le capre. Da qui tutta una
serie di meccanismi di controllo, fino all'ossessione.
D
La gelosia o meglio, la possessività maschile,
è strettamente legata a questo meccanismo di
controllo che, purtroppo (e lo vediamo dai casi eclatanti
di violenza dai quali spesso le donne non si difendono),
viene recepito come interesse ed “amore”
dalle donne stesse. E l’impotenza maschile invece,
come viene sottratta alla denuncia, forse proprio
dalla violenza sul femminile?
R La gelosia, per fare una battuta
paradossale, non è un sentimento: è
un meccanismo economico. E convive con un'altra paura-ossessione
maschile: quella della denuncia dell'impotenza. La
denuncia, bada bene. Non l'impotenza stessa che, a
mio parere, spiega molti comportamenti maschili e
una buona fetta della cultura tradizionale. Ma la
denuncia è insopportabile perché rende
evidente l'inutilità stessa del maschio: a
che serve un maschio impotente? Ecco, Lilith è
l'incarnazione della paura del disvelamento dell'impotenza.
Ovvero la paura della schiavitù che la donna,
sottratta alla maternità, può immediatamente
imporre al suo compagno: io ti tengo in pugno, dice
lei, con l'attrazione sessuale, ma tu?
D
E questo spiegherebbe proprio l’inesistenza
della ninfomania, che è piuttosto un modo di
nascondere la propria – maschile – inadeguatezza
a rispondere alla ricerca di soddisfazione sessuale
da parte del femminile (cfr. Umberto Galimberti, Il
corpo, Feltrinelli) ovvero una proiezione della paura
del maschile per la potenza del desiderio femminile?
E perché è potentemente riemersa proprio
nell’800 e nella qualità ferinamente
seduttiva della donna rappresentata nei quadri dei
pittori preraffaelliti?
R Io credo che questo fantasma, dopo
secoli di "giacenza" sia riemerso nel XIX
secolo perché l'Ottocento, e al suo interno
la società borghese, deve affrontare da una
parte il problema della limitazione delle nascite
(paradossale, ma proprio quando i bambini non muoiono
più come funghi... non servono più),
e quindi della liberazione della donna dalla maternità
perpetua (tanto che si inventeranno le guerre mondiali
e la "fame di carne da cannone" pur di tenere
le donne inchiodate a quel ruolo di fattrici. Dall'altra
il fatto che, in un contesto borghese, così
fitto di regole, anche il maschio si sente in trappola.
Da qui il fascino-repulsione per la donna senza limiti,
la puttana, la "perduta", la femme fatale
e, infine, la diva. Ovvio che cadere nella sua trappola,
laddove non è più possibile credere
che condurrà all'inferno, porta almeno alla
malattia: le malattie veneree sono un pericolo reale
ma anche uno straordinario spauracchio psicologico
e sociale. Pensiamo solo a ciò che dice oggi
il papa dell'Aids: la Chiesa ha bisogno dell'Aids
perché sa benissimo che la sola minaccia dell'inferno
non ferma gli uomini dall'eros. E l'eros libero rende
le persone (e soprattutto le donne) incontrollabili
e ingestibili.
D
Quindi chi controlla la sessualità controlla
le donne e non per il loro bene od il loro soddisfacimento.
R Giusto. Non è un caso che
alla fin fine gran parte delle "trasgressioni"
delle piccole borghesi che si ispiravano alle femmes
fatales consistesse nell'adulterio: quella è
la "grande paura". L'adultera, per questo,
è senz'altro più pericolosa della suffragetta
casta, perché la suffragetta vuole solo, in
fondo, inserirsi in un ordine sociale e politico già
costituito. L'adultera, che non si sogna nemmeno di
contestarlo, in realtà lo scardina dal profondo:
chi obbedirà più a un uomo che tutti
sanno "cornuto" (e quindi impotente, e quindi
privo di potere di attrazione, e quindi senza discendenza
certa, etc.)?
D
Per tornare alla rappresentazione pittorica della
donna ferina da parte dei Preraffaelliti e della pittura
del tardo Ottocento, in particolare la Lady Lilith
(poema e quadro) di Dante Gabriel Rossetti, quale
potenza rappresenta per il femminile?
R I preraffaelliti sanno benissimo
che Lilith è sottratta al potere degli uomini.
Li fa schiavi certo, ma soprattutto li ignora, ne
fa a meno. E questo diviene ancora più vero
con la Salomé di Gustave Moreau e la Giuditta
di Klimt. Giuditta ci colpisce non tanto perché
ha decollato Oloferne (quella di Artemisia Gentileschi
ha più forza, ma è dentro la storia,
la vive con passione), ma perché ne indossa
la testa come se fosse una borsetta. L'Oloferne di
Artemisia Gentileschi è un uomo sconfitto.
Quello di Klimt non è neanche un uomo: è
un accessorio.
D
Ma come si sottrae Lilith al potere dell’uomo:
sedurre non significa a propria volta essere sedotti?
R Io credo che alla fin fine più
che il desiderio femminile (che certo, però,
è quello che svela l'impotenza maschile quando,
una volta liberato, non viene soddisfatto), è
la mancanza di desiderio che spaventa e che costituisce
l'essenza di Lilith: Lilith consuma l'uomo con il
sesso ma non ne ha bisogno. E' frigida. Come Les Grands
Horizontales. Solo la frigidità, tratto tipico
della femme fatale e della diva, permette di controllare
fino in fondo il proprio potere seduttivo.
D
Apriamo un panorama più ampio. A differenza
di ciò che accadeva soprattutto nel ‘700
(pensiamo alla corte del Re Sole, cfr. Amanti e regine
di Bendetta Craveri, edito da Adelphi), ovverosia
al ruolo di potere che apparteneva alle amanti del
re e dei potenti, conosciuto ma giocato nell’ombra,
le donne futuriste e le dive della anni ’20
e ‘30 ambivano a raggiungere la ribalta dei
palchi e delle vetrine dei circoli d’élites
culturali indipendentemente dai loro amanti, anzi,
a volte erano loro che li mantenevano e questo in
qualche modo veniva giudicato come compromettente
alla pari di fare la parte delle amanti. Come spieghiamo
questo cambiamento e quale la differenze tra queste
donne?
R Quanto alle amanti del Settecento
e alle cocottes Ottocentesche, fino alle muse eccentriche
come Luisa Casati nel Novecento, è difficile,
come al solito, tracciare confini netti. Io dico che,
come ha compreso benissimo Umberto Notari, in La donna
Tipo Tre, la vera e unica differenza la fa l'autonomia
finanziaria. Le donne sono diventate "potenti"
quando la loro esistenza non è più dipesa
da un uomo e questo crea un abisso tra le grandi cortigiane
e, per esempio, le attrici.
D
Ritorniamo al presente. Possiamo dire che attualmente
esiste un tipo di donna simile alle femmes fatales
e che in qualche modo si sia evoluta al punto di non
tenere conto del retrivo pregiudizio culturale onnipresente
in una cultura cristiana come la nostra?
R Ovvio che oggi la situazione è
del tutto diversa e che le donne che mantengono i
loro uomini (sempre di più) non abbiano nulla
di scandaloso da noi. Resta e forse si è allargato
il problema dell'impotenza maschile: ora che il re
è nudo tende a essere perfino più violento.
Anche se, intendiamoci bene, tutte le società
tradizionali si fondano sullo stupro. Quindi altro
che bei tempi antichi. Oggi Lilith ha vinto: l'uomo
deve chiedere il permesso. A volte reagisce male.
La partita, insomma, è in parte ancora da giocare.
Poi, secondo me, si potrà anche ridiscutere
che cosa esattamente sia il potere. Ma mi fanno molto
sorridere le donne che inneggiano alla "differenza":
quasi sempre, temo, esprimono la stessa paura del
potere del desiderio femminile che hanno gli uomini.
7
aprile 2009
|
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Ancora Livia Bidoli
con un excursus
su Lilith e le sue figlie
*
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L'uomo? Piacevole, ma accessorio
Giulia
Dalla Negra su Leggendaria
n. 75, maggio 2009, p.71
Alle
donne e alla multidimensionalità del loro mondo,
Valeria Palumbo (capo redattore centrale de L'Europeo) ha
dedicato negli anni diverse pubblicazioni. Le figlie di
Lilith. Vipere, dive, dark ladies e femmes fatales. L'altra
ribellione femminile è infatti l'ottavo libro dell'autrice,
costruito sull'analisi e sulla caratterizzazione dell'universo
femminile e della sua evoluzione. Se con lo studio precedente,
Svestite da uomo, (Rizzoli 2007, vedi Leggendaria n. 66
pp. 48-49) la scrittrice offriva al lettore un'accurata
panoramica di tutte quelle donne che per affermare se stesse
hanno dovuto o scelto di indossare abiti maschili, nel suo
ultimo lavoro racconta una nuova tipologia di "donna
ribelle", una donna non ancora in grado di definirsi
coscientemente femminista, ma che ha il merito di aver dato
inizio a un importante processo di cambiamento, ancora oggi
in atto. Il testo ripercorre le stravaganti biografie di
artiste, scrittrici, ballerine e femmes fatales vissute
tra l'Ottocento e il Novecento, raccontando i giorni di
ereditiere spregiudicate e cortigiane avide di gioielli,
e attraversando le vite di attrici e modelle, fino a toccare
la voce dirompente delle donne futuriste, indipendenti e
realizzate senza bisogno di aiuto da parte del proprio amante.
Valeria Palumbo racconta le loro storie tracciando un percorso
complesso e variegato: da Cora Pearl, ricchissima cortigiana
francese vissuta nella seconda metà dell'Ottocento,
nota per l'abitudine di farsi servire a cena nuda su un
vassoio di fronte a un pubblico di soli uomini, a Tamara
De Lempicka, sposata, bisessuale e mangiatrice di intellettuali
(tra cui Gabriele D'Annunzio); da Valentine de Saint Point,
danzatrice e poetessa "allergica" agli amori romantici,
fino a figure più moderne come quella di Francesca
Bertini, simbolo per decenni della trasgressione hollywoodiana.
Le figlie di Lilith hanno saputo sottrarsi al potere degli
uomini, ignorandoli e soprattutto facendone a meno. A partire
dal mito che le ha generate (Lilith è nota come la
prima moglie di Adamo, ripudiata per non aver accettato
il ruolo di subordinazione del femminile al maschile) hanno
dato vita alla rappresentazione di un mondo autonomo e rivoluziona.
rio, che rifiuta il dominio dell'altro sesso e cerca la
parità e il confronto. Un mondo che nel corso della
sua evoluzione ha inevitabilmente attratto l'attenzione
di numerosi artisti. L'autrice spiega come l'immagine di
Lilith abbia preso forma prima nell'iconografia pre-raffaellita
e si sia poi rafforzata nettamente con la pittura di Moreau
e Klimt. Colpisce in particolare la Giuditta di Klimt, personaggio
che non solo uccide Oloferne, ma ne "indossa"
anche la testa come fosse un ornamento. L'uomo, da inutile,
diviene addirittura "accessorio". Prima demone
femminile dal forte potere seduttivo e dalle ambigue fascinazioni,
Lilith diviene poi donna fredda e spietata che si avvicina
all'uomo per soddisfare i piaceri della passione, senza
però avere sentimentalmente bisogno di lui. Lilith
che, trasformandosi, è arrivata fino ai giorni nostri,
ridefinendo i rapporti uomo/donna, oggi sembra in parte
aver vinto. Ma con un duplice rischio: il rovesciamento
del modello di sudditanza, con il conseguente allontanamento
del primo universo dal secondo, e una possibile risposta
violenta da parte degli uomini di fronte al disintegrarsi
del proprio ruolo. Violenza di uomini sulle donne che continua,
anzi sembra crescere nella nostra società e che ci
fa capire che Lilith non ha ancora terminato il suo viaggio.
Giulia Dalla Negra
su
Domenica - Il Sole 24 ore dell'
8.03.09
La
Belle Époque
delle vipere fatali
Valeria Palumbo rispolvera le dive che misero sottosopra
il primo 900 Dalla de Lempicka a Luisa Casati, che portava
al collo serpenti veri
di
Roselina Salemi
Le figlie di Lilith (moglie di Adamo, prima di Eva) hanno
avuto molti nomi, sono state cortigiane avide di gioielli,
ereditiere stravaganti, attrici, ballerine, modelle. Hanno
sconvolto la vita di parecchi uomini disponibili a farsela
sconvolgere, hanno segnato la Belle époque, messo
sottosopra il primo Novecento. Non potevano essere femministe:
era troppo presto. Ma hanno inventato il mito della femme
fatale, che poi sarebbe stato saccheggiato dal cinema, e
alla fine anche dalla tivù. Valeria Palumbo le tira
fuori dalla naftalina, alcune famosissime, altre meno, allinea
foto enigmatiche in bianco e nero, facce esotiche, occhi
bistrati. Valentine de Saint-Point, scrittrice, poetessa,
danzatrice, politica, era bella, intelligente e inquieta,
contraria ai romanticismi e alle margherite sfogliate, teorizzava
il desiderio, l'attrazione fisica. Filippo Tommaso Marinetti
la accusò di «aver bevuto come tuorli d'uova
gli uomini più originali d'Europa (e c'era anche
lui).
Tamara de Lempicka era la perfetta donna rapace, sposata,
bisex, mangiatrice di intellettuali capace di umiliare il
nostro Gabriele Dannunzio, definito «un vecchio nano
in uniforme». Luisa Casati, era la versione dandy:
capelli rosso fuoco, grandi occhi verdi, ciglia finte, portava
al collo fili di perle e serpenti veri, andava a spasso
con un paio di leopardi al guinzaglio che avrebbero ispirato
la pantera di Cartier. Ertè la vestiva, Coco Chanel
l'adorava, Theda Bara, per imitarla si sarebbe presentata
con un paio di pitoni alle conferenze stampa. Luisa Casati
si rovinò spendendo tutto in feste, ma segnando per
sempre il ricordo di Luchino Visconti.
Peggy Hopkins Joyce, oggi dimenticata, era un'attrice di
successo. Collezionava gioielli, (era suo il Diamante Portoghese,
costato nel 1928 cinquecentomila dollari), mariti (sei)
amanti suicidi (almeno tre). Pare abbia ispirato il personaggio
di Lorelei Lee nel mitico Gli uomini preferiscono le bionde
di Anita Loos. Ma, a differenza del film con Marilyn Monroe,
era tutt'altro che svampita. Aveva deciso di diventare miliardaria
prima dei trent'anni e c'era riuscita.
Con Anna Fougez, nome d'arte della più modesta Maria
Annina Laganà Pappacena, entra in scena il marketing
della femme fatale: abiti fastosi, pellicce, un profumo
che portava il suo nome, una collezione di lingerie provocante
disegnata da lei (intuizione sorprendente nel1929, molto
prima di Valeria Marini}, l'abitudine di fumare in pubblico
con un lungo bocchino. Guadagnava cinquecento lire a sera
e scendeva le scale cantando «Vipera». Invece
con Francesca Bertini, quella che si attaccava alle tende,
nasce il termine «diva». Hollywood l'avrebbe
studiata a lungo, per poi superarla alzando l'asticella
della trasgressione. Il primo diario-scandalo venduto sottobanco
a un giornale era di Clara Bow: un lungo elenco di amanti
e di passatempi poco educativi. La star ci rimase male,
mentre Tallulah Bankhead è ancor oggi ricordata per
lo scandaloso «I want a man!» che sconvolgeva
il codice etico dell'allora puritano star system. Poi è
arrivato il femminismo vero. La femme fatale ha esaurito
la sua funzione sociale. Era una ribelle, è diventata
una citazione. Rinasce in un abito da sera, in un trucco
un po' pesante, in quella sfrontatezza esibita dalla televisione.
Le pupe (senza secchioni), le veline, le letterine, hanno
ereditato la mondanità, gli amorazzi, qualche volta
i gioielli. Niente pitoni, però.
VideoLilith
imperversano
sul web,
leggere, accattivanti e, manco a farlo apposta,
seducenti
Livia
Bidoli intervista
Valeria Palumbo su Gothicnetwork.
Lilith
ed il disvelamento maschile
su
http://www.gothicnetwork.org/articoli/valeria-palumbo-lilith-disvelamento-maschile
Scintille
di estremismo femminile puro. Oddìo che
ho fatto, si domanda tremebondo l'editore.
Leggere
per credere
Zop
intervista Valeria
Palumbo su
http://www.booksweb.tv/content/show/ContentId/989
Fabio Orecchini
intervista Valeria
Palumbo
su
http://meddletv.wordpress.com/2008/12/11/le-figlie-di-lilith/
Una
radiointervista di Matteo
Baldi a Valeria su RadioAlt: http://www.radioalt.it/
Il
booktrailer
sta su www.bookchannel.it
Corrado
Augias
ha dedicato la puntata del 31.12. 08 della sua trasmissione
Le Storie a Valeria
Palumbo e alle
Figlie di Lilith.
La si trova su
http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie^17^169303,00.html
Armando
Adolgiso – grande! –
sul suo sito www.nybramedia.it
sez. Cosmotaxi rilascia una recensione
al libro di Valeria Palumbo.
Alessia
De Luca su Elle
http://www.elle.it/elle/entertainment/libri/le-figlie-di-lilith
Giuseppe
Romano su Il Domenicale
del 17.01.09 vedi scheda
Roselina
Salemi su Domenica - Il Sole
24 ore 8.03.09, La Belle Époque
delle vipere fatali vedi
scheda
Valeria
Capritti su Visto vedi
scheda
Corrado
Augias
ha dedicato la puntata del 31.12. 08 della sua trasmissione
Le Storie a Valeria
Palumbo e alle
Figlie di Lilith
http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie^17^169303,00.html
Altre
notizie sul
sito di colei: http://www.valeriapalumbo.com/
|
PRESENTAZIONI
tutti le vogliono
a
Verbania
mercoledì 25 febbraio
2009, ore 21:00
Biblioteca P. Ceretti-Verbania Pallanza
con
Valeria Palumbo
Caffè letterari
presentazione di
Le figlie di Lilith
* *
*
a
Milano
Venerdì 27 febbraio
2009, ore 18:30
Spazio dell'Unione femminile,
Corso di Porta Nuova 32
reading
con Valeria Palumbo
Musica, immagini e parole per una piacevole
e stuzzicante lettura, per far discutere
animatamente maschi e femmine, per scoprire
quanto arte, letteratura e cinema debbano alle donne.
Voce recitante: Sonia Grandis
Fiati e tastiere: Walter
Colombo e Giovanni Tosi
* *
*
Domenica
15 novembre ore
18:00
GENOVA
Auditorium
di Palazzo Rosso via Garibaldi,
Incontro/intervista
vipere, dive, dark ladies e femmes fatales
con Valeria Palumbo,
caporedattore “l’europeo”
Elsa Martinelli,
attrice
per il MATILDE DI CANOSSA
- FESTIVAL DELL'ECCELLENZA AL FEMMINILE 2009
*
7
novembre ore
18:00
Libreria Irnerio
via Irnerio
27 BOLOGNA
con
Alessandra Calanchi (Univ. Urbino) e
Gino Scatasta
(Univ. Bologna)
*
Giovedì
29 ottobre h. 16.30
Aula 113
Via Festa del Perdono 3
20122 Milano
Università
degli Studi di Milano
Dipartimento di Filosofia
Cattedra di Storia della Filosofia I
La donna e il diavolo.
L'immaginario della femme fatale
Arianna Bianchi (Università degli
Studi di Milano)
Davide Bigalli (Università degli
Studi di Milano)
Giordano Morganti (fotografo)
Massimo Rizzardini (Università degli
Studi di Milano)
Valeria Palumbo (caporedattore
de L'Europeo, scrittrice)
Durante
l'incontro saranno proiettate alcune immagini cinematografiche
ispirate al volume di Valeria Palumbo Le
figlie di Lilith.
*
venerdì
2 e sabato 3 ottobre festival
Ring! di Alessandria
incontri
sulle dive
7 novembre alla
Libreria Irnerio
di Bologna
*
a
ROMA, sabato 14 marzo, ore 19:00
alla
Flexi
Libreria Caffè, via Clementina 9
si
chiacchiera e si discute de Le figlie
di Lilith www.libreriaflexi.it
*
a
Varallo Sesia (Vercelli), 28 marzo, ore 21
al
Centro Libri
*
a
Milano, 18 aprile
Come
nasce una diva. Conversazione di Valeria Palumbo e
Luca Malavasi, a Donneinquota
*
a
ROMA, 24 aprile
Donne tra ritratto e autoritratto, Biblioteca
Rispoli
*
a
Pomezia, 23 maggio
alla Libreria Odradek di Pomezia
*
30
maggio, ore 11,30
Biblioteca di Rozzano, Centro
culturale Cascina Grande: Valeria
Palumbo conversa con Dacia
Maraini per i dieci anni della biblioteca
*
A
Rovigo, Venerdì 12 giugno, ore 21:00
nell’ambito della mostra
Déco. Arte in Italia
1919 – 1939
Cortile di Palazzo Roverella
Via Laurenti, 8/10
Quando
le donne si scoprirono dive
con Valeria Palumbo
*
1°
agosto, a Roma, Le figlie di Lilith nei
Giardini di CastelSant'Angelo, a Roma, per Invito
alla lettura
*
17
ottobre, ore 16, per la rassegna LibrInTerra,
Valperga (To): Valeria Palumbo
e Gabriella Kuruvilla discutono di cinema e donne,
mettendo a confronto quello italiano fino agli anni Trenta
con Bollywood
*
10
novembre ore 17 a Venezia,
conversazione su Luisa Casati, l'incarnazione della
femme fatale, condotta da Valeria Palumbo, per il Fai.
La madre di
tutte le presentazioni
Theda
Bara
Sabato
6 dicembre, ore 18:30
alla libreria Odradek di Roma
via dei banchi vecchi 57
tel. 06 6833451
a parlare di Vipere, dive, dark ladies e femmes
fatales, cioè
dell' "altra ribellione
femminile" ci saranno,
con Valeria Palumbo autrice di Le figlie
di Lilith
Odradek edizioni
Monica Grasso,
Università di Urbino
Federico Gironi, direttore
Coming soon television
e Silvia Siravo, ha
dato voce ed espressione
alle protagoniste del libro.
Theda
Bara
|
Hanno
scritto la loro:
Lavinia
Capritti su Visto:
Armando
Adolgiso – grande! – sul suo sito
www.nybramedia.it sez. Cosmotaxi
rilascia una recensione al libro di Valeria Palumbo.
Alessia
De Luca su Elle
http://www.elle.it/elle/entertainment/libri/le-figlie-di-lilith
Chiara
Cretella su Le voci della
Luna, n. 43, marzo 2009
Stefania
Culurgioni, su Repubblica Milano
di domenica 4 gennaio,
Pagina XIII
Storia, Femministe inconsapevoli
- Cora Pearl era una ricchissima cortigiana
francese che nella seconda metà dell´800 fece
scandalo con le sue cene: invitava solo uomini e poi si faceva
servire nuda su un vassoio. La Belle Otero invece suscitò
scalpore durante la Belle Èpoque: cantava, ballava,
si esibì anche a Milano ed era talmente affascinante
e gelida che sette uomini si suicidarono per lei.
Stravaganti, intelligenti, trasgressive. In una parola: libere!
Furono loro le vere "rivoluzionarie" che, con la
loro pazza vita, contribuirono ad emancipare la vita delle
donne. A raccontarle è la giornalista milanese Valeria
Palumbo, in un curioso volume dal titolo Le figlie di Lilith,
Odradek edizioni (la prima moglie di Adamo che poi incarnò
il mito della seduttrice). Il libro ripercorre le biografie
spregiudicate di artiste, scrittrici, dive e femmes fatales
tra l´800 e il '900. Tra loro, non mancano eccellenti
milanesi. Maria Volpi detta "Mura", per esempio,
fu la prima nel 1919 a narrare storie di adulterio. E Liala,
popolarissima autrice di romanzi rosa, era una vera signora
emancipata: guidava, portava i capelli corti e i pantaloni.
Femministe inconsapevoli che cambiarono mode e atteggiamenti
culturali. Una galleria di ritratti per chi si interroga sulle
radici dell´emancipazione declinata al femminile.
Giuseppe Romano
su Il Domenicale del 17.01.09
========###___________###========
Luca
Malavasi su Pulp
di gennaio
Così ne ha parlato Felice
Accame a Radiopopolare, domenica
16 novembre.
Dal
Talmud, dal Libro dello splendore, volendo anche da un passo
di Isaia (34, 14) e da altre fonti, ci si può fare
un’idea di Lilith – del tipo
“chi la conosce la evita, ma tant’è”.
Prima moglie di Adamo – che come un intellettuale qualsiasi,
allora, avrebbe dato dentro la vecchia per prendersene una
nuova, Eva, anche perché questa Lilith ad un dato momento
si è messa in testa di non volergli più “star
sotto” –, demone infernale, lussuriosa, notturna,
pelosa e zoccoluta, Lilith incarnerebbe la femmina che “sfinisce
sessualmente il maschio” senza, tuttavia, restarne incinta.
Nella seconda metà dell’Ottocento, questa Lilith
– o, meglio, una sua versione “light”–
ricompare nell’immaginario occidentale: Dante Gabriele
Rossetti le dedica il ritratto di una sua amante ex prostituta
e una poesia, Remy De Goncourt le intitola una commedia e
un altro pittore, l’americano Kenyion Cox, le dedica
un suo quadro.
La Lilith light, ovviamente né troppo pelosa né
zoccoluta, si accontenta di sedurre i maschi e di ridurli
in suo potere, possibilmente conducendoli alla rovina e auspicabilmente
al suicidio.
Dopo essersi occupata di perfide e vittime più e meno
bellicose a vario titolo, Valeria Palumbo
intitola alle Figlie di Lilith un libro dedicato alle “emancipate
non emancipazioniste”, ovvero alle “ribelli per
istinto o necessità”, siano esse grandi cortigiane,
attrici, ballerine, scrittrici di romanzi erotico-sentimentali,
seduttrici, pittrici, modelle, ereditiere o “sartine
intraprendenti” che “rivoluzionando la loro, hanno
cambiato la nostra vita”. Incrocia, quindi, tratti biografici
ben selezionati di una serie di fanciulle: da Valentine de
Saint Point, l’autrice del Manifesto della donna futurista,
a Maria Volpi, meglio nota con quel suo pseudonimo di scrittrice,
Mura, che già in quanto tale, ricordando una contessa
russa che si lasciava alle spalle una scia di sangue, era
già motivo di scandalo; dalla pittrice Tamara de Lempicka
alla Bella Otero, dalle attrici Francesca Bertini a Eleonora
Duse, transitando affettuosamente nei dintorni dei travagliosi
talami di molte altre profanatrici di tabù.
Palumbo rinuncia sagacemente a trovare un
“inizio” a queste sue storie e neppure una linearità
– un compito senza speranza. Ma, come tutti noi, può
dirsi certa che “a cavallo di Ottocento e Novecento,
in Europa e negli Stati Uniti, qualcosa cambiò”
e cambiò – come il mito della femme fatale che,
da letterario, si trasformò in modello di comportamento
per chi, in virtù del pelo sullo stomaco o del censo,
poteva permetterselo – tramite il cinema, che alle grandi
masse aprì gli orizzonti sulla perversità di
una Lulù di Wedekind o sulla vampireschità di
una Theda Bara.
Così
Maria Rosa PANTE'
su http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/012293.aspx?catalog=0
17 novembre 2008
“LA
STORIA DI LILITH E DELLE SUE DISCENDENTI”
L'ultimo libro di Valeria Palumbo, giornalista e storica,
si intitola “Le figlie di Lilith” ed è
edito da Odradeck. Ancora una volta la scrittrice esplora
la storia dal punto di vista di una donna che parla di donne,
proseguendo così la sua ricostruzione di una pezzo
di storia, costituito da moltissime vicende più piccole,
cioè la storia delle donne, per lo più dimenticata,
trascurata, minimizzata, fraintesa o addirittura condannata.
In particolare questo libro si occupa di donne che spesso
hanno subito pesanti condanne non solo dal mondo maschile,
ma anche da certa parte del mondo femminile; vi si tratta
di donne scomode, poco regolari, di donne che hanno basato
la loro vita, il loro successo sull’uso strumentale
della sessualità, del proprio fascino e della propria
bellezza.
Le donne di cui Valeria Palumbo ci parla sono certo prostitute,
ma anche dive del cinema, donne aristocratiche, scrittrici
dei cosiddetti “romanzi rosa”: la loro caratteristica
comune è di essere state o considerate delle femmes
fatales, insomma vere eredi di Lilith, la prima moglie di
Adamo, demone femminile che consuma e distrugge gli uomini
cui s’accosta e s’accoppia.
Sarebbe inutile elencare qui il gran numero di donne di cui,
con la consueta competenza storica e sintesi giornalistica,
Valeria Palumbo scrive: Eleonora Duse, Liala, Francesca Bertini…
Importa sottolineare alcuni elementi che danno senso a questa
ricerca, divertente da leggere di per sé, ma anche
importante per comprendere alcuni fenomeni sociali che ancora
stiamo vivendo.
L’epoca analizzata si colloca tra Ottocento e Novecento,
in questo periodo accanto al femminismo, movimento politicamente
consapevole, si collocano altre forme di “emancipazione”
femminile, portate avanti spesso da donne che si sono sempre
dichiarate antifemministe.
Queste donne, come scrive l’autrice nell’Introduzione:
“Non sempre, anzi quasi mai, si sottraevano ai ruoli
tradizionalmente imposti alle donne (madre e moglie, prostituta
o monaca) ma ne spostavano i confini. A volte in modo rivoluzionario.”
Più oltre l’autrice aggiunge una precisazione
illuminante: “Questo libro è dedicato alle ‘inconsapevoli’,
alle trasgressive, alle ribelli per istinto o necessità,
ovvero alle grandi cortigiane, alle attrici, ballerine, alle
scrittrici di romanzi sentimental-erotici, alle seduttrici,
pittrici e modelle, alle ereditiere stravaganti e sartine
intraprendenti che rivoluzionando la loro, hanno cambiato
la nostra vita. E quindi, irrimediabilmente, quella degli
uomini.”
Perché dunque è importante non solo ciò
che hanno fatto nella e della loro vita, ma soprattutto ricordarne
o riscoprirne la storia? L’ultimo capitolo del volume
si intitola “La parabola del rossetto”, non è
solo un titolo ad effetto è anche un tentativo di risposta
alla domanda che ci siamo poste e che si è posta evidentemente
anche l’autrice prima di intraprendere la sua fatica
letteraria.
È evidente che in questo periodo storico è avvenuto
qualcosa di importante, certo a motivo delle due guerre mondiali
che hanno portato le donne in posizioni che erano occupate
dagli uomini (ora soldati), ma gli esiti sono stati diversi:
accanto alle donne suffragette, femministe, intellettuali
di cui, come dice Valeria Palumbo, ci si è ampiamente
occupati, ci sono state altre figure femminili, le figlie
di Lilith, appunto, trascurate dalla storiografia anche quella
che recupera il ruolo della donna.
Grazie a un mezzo di comunicazione di portata rivoluzionaria
per l’ampiezza del pubblico raggiunto, com’è
stato il cinema, un gran numero di donne ha potuto identificarsi
nelle dive, nella loro vita libera e piena di uomini, di ricchezza,
in fondo di autodeterminazione.
In effetti è fondamentale quello che scrive la giornalista:
“Rosa Luxemburg, Simone de Beauvoir, Colette, Djuna
Barnes, Dolores Ibàrruri Gçmez, Frida Kahlo
sono rimaste icone d’élite. Sono state piuttosto
le attrici a modellare atteggiamenti e costumi di massa”.
E dunque: “(…) il rossetto è stato più
forte della rinuncia al trucco”.
Ma tutto questo è “solo” storia?
Non troppo, anzi. Nei paesi islamici, ad esempio, l’atto
di truccarsi per una donna è rivoluzionario. Ma nel
nostro paese, queste figure sono superate? Nient’affatto,
basti pensare, come dice la giornalista, alla concezione di
donna che viene proposta dal centro destra, donne ministro
da esibire.
La femme fatale continua così a esercitare una grande
influenza soprattutto sulle “ragazze delle fasce popolari”.
In sostanza ancora una volta la storia aiuta a capire molto
del presente, anche se permane una certa amarezza, quando
l’autrice conclude evidenziando come: “l’Italia
resta un paese a basso tasso di cultura, di alfabetizzazione,
di scolarizzazione alta, di lettura. Tutto questo (…)
è soltanto un danno per le donne”.
A sottolineare come l’assenza di cultura sia esiziale
soprattutto per le donne non a caso è una scrittrice
iraniana: vien da chiedersi come mai la natura umana si accorga
di quanto sia importante qualcosa solo quando non l’ha
più o non l’ha mai avuto.
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