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Commenti

«Complimenti! davvero molto bello l'Almanacco, in tutti i sensi. Graficamente è, nella sua eleganza e semplicità, direi splendido, attrae e invoglia a leggerlo (ma è bello anche averlo tra le mani come oggetto); i testi credo diano uno spaccato significativo delle "scritture antagoniste" attive oggi in Italy e mi paiono, ad una prima lettura, di ottimo livello.
Complimenti anche ai curatori per le scelte.
E complimenti all'editore per il coraggio
»
N.G.

«Non sono svenuto ricevendo l'Almanacco 2006, ma ho avuto la piacevole sorpresa di poter sfogliare un oggetto editoriale 'bello'... L'Almanacco ha fatto un indiscutibile salto di qualità sul piano grafico-visivo e, ad una prima, panoramica occhiata, mi sembra che anche dal lato testuale le scelte siano state meglio calibrate nell'offrire una campo variegato di scritture 'antagoniste' e, comunque, non omologate con gli indirizzi dominanti… penso che sia questa la direzione giusta: dove tutto degrada nell'indifferenziato, nell'offerta usa-e-getta da supermarket della trivial-literatur, puntare sulla diversità, sulla qualità non compromissoria, sulla ostinazione ad andare controcorrente… è una scelta che comporta più costi che utili, ma di realismo, di pragmatismo si muore, si muore idealmente, intellettualmente, culturalmente.»
m.p.

«L'Almanacco Odadrek è molto bello, pungente e, anche, divertente (richiamo l'etimo!). Congratulazioni»
m.l.

 

Recensioni


Su Critica marxista, marzo 2006


"Scritture antagoniste" in mostra
di Massimiliano Borelli


Sono davvero tante e rumorose le voci che si levano dall’appena nato Almanacco 2006 di Odradek, curato da Mario Lunetta e Francesco Muzzioli: ben settantotto autori che, uniti nel discorso comune delle "scritture antagoniste" al sistema imperante, che è economico, ideologico e culturale, vi partecipano ognuno angolando il proprio tiro da una differente e personale prospettiva, contribuendo così a formare un vivace mosaico polidimensionale dell’attività poetica e artistica che, in questi anni di paludi emozionali e protagonismi estetizzanti, nell’arte come nella società tutta, si ostina a porre (usando i termini di Walter Benjamin) sotto il segno della "giusta tendenza letteraria", ovvero quella di ricerca e sperimentazione sui linguaggi, certa che solo questa possa incarnare e trasmettere una "giusta tendenza politica", veramente di opposizione e conflitto col dominio consumistico delle merci.
La molteplicità dei punti di vista è poi quest’anno resa esplicita da un’importante novità nella struttura dell’Almanacco: la divisione in sezioni, o grandi tematiche, nelle quali i curatori hanno inquadrato i testi, con l’intenzione di abdicare a un "disordinato" ordine alfabetico degli autori, a favore di una tendenziosa proposta interpretativa delle opere, utile al loro intendimento ragionato.
L’assalto al senso comune e agli interessi dei poteri forti si declina così in sei direzioni complessive: le Politiche dissonanti aprono il volume, e aprono le porte alla questione civile, pubblica del fare arte oggi, essendo consapevoli che "questa traversata della storia (questo ristagno) / è mandare questa lingua in frantumi / una sorta di fracasso / a muso duro" (N. Gàmbula).
Viene poi La febbre mondiale, in cui il linguaggio riflette i battiti impazziti delle vene intasate della società della "mondializzazione", del "discorso del potere" la cui "ideologia si esibisce ripetendo parole-chiave come global world, global village, global economy, global market" (W. Krysinski), e cerca di occultare come "queste scelte ssstrumentali / per ambivalenti abbracci criminali / scivolano sulla morte / fermano la sorte sullo sssfon / do / dove in sospensione tra i fffumi niente è percet / tibile" (G. Fontana).
Segue L’immaginario e il quotidiano, dove l’artista è colui che "lascia tutte le porte aperte, spalancate anzi, non ha nemmeno porte. È una porta negata" (G. Toti), e sapendo come "tra sonno e sogni si trovi la realtà che sta dietro la realtà" (Ch. Bernstein) si adopera con i propri strumenti a reinventare in modo ambiguo e allegorico il panorama di luoghi e credenze in cui la società agisce.
Ne Il riso di sasso, il mito in ginocchio l’ironia graffia i suoi bersagli, del tutto disincantata, ben avveduta della situazione attuale per cui "rigira all’inverso il tempo rotondo / il buio illumina, la luce annera" e "il sole è un lugubre condominio di ombre" (A.M. Pinto), e il riso travolge allora anche un nuovo mito, che sembra il più indistruttibile oggi: la pubblicità, il marketing, strappando appunto le ombre dalla sua luce abbagliante e suadente (nei Bestseller Poems di L. Pignotti) e indicando nel "botulino / nel sangue d’altri" la "Libertà in cammino" (M. Bàino).
Il segno polemico fa sua la provocazione, lo scandalo della distinzione, dei pensieri forti, che non si acquietano alle misure ben calcolate e strumentali delle polemiche facili e vuote; nel tempo dei "si beve, si parla, si canta, si dànno i baci / in
aria", in cui "solo mangiando il verde si realizza il globo" e "tutto si unisce a pezzetti ben unti" (F. Leonetti), è d’obbligo urlare che "Tutto è refrigerato e va in malora", e se "Catartica è la lingua e antipirètica / Feticista e liturgica" bisogna rammentare che "Questo è il campo da gioco, ove si gioca / Una gara tarocca, tutta sputi / E carezze, virtù di tagliagole" e "L’invasione di campo è necessaria" (M. Lunetta) per una poesia che si voglia attuale e partecipe alle "cose" concrete del mondo.
Chiude la galleria della "collezione" (benjaminianamente intesa come "memoria pratica" del nostro tempo, segni esposti a futuri utilizzi e interpretazioni) di testi dell’Almanacco, la sezione Campi di conflitto, dove tre giovani studiosi affrontano tre tematiche a stretto contatto con testi ad esse connessi: G. Cinelli su Diversità e letteratura; F. Longo su La teoria letteraria nella narrativa contemporanea; K. Cappellini su Parlare in fabbrica, parlare della fabbrica.
All’interno di questa dialettica di prospettive, che ovviamente si richiamano l’un l’altra, si intrecciano i modi espressivi scelti dagli autori, che si impongono così anche nelle loro reciproche differenze d’intonazione: poesia, narrativa, teatro, saggistica, recensione, e infine pittura e fotografia, mezzi, questi due ultimi, che trovano uno sbocco più fertile nella nuova veste grafica a colori. Si va allora, per citare alcuni esempi, dagli equilibri precari di S. Giunta, all’ischeletrito e dissacrante Autoritratto di P. Zampa, al sangue allegorico di P. Molinari, ai relitti e alle gabbie criminose di M.L. Ragno.
Oltre le differenze, è costante in tutti i testi una tensione civile, la consapevolezza dell’urgenza della critica e della veglia intellettuale, e dell’attenzione agli esiti tecnicamente artistici, ai loro specifici linguaggi "contestuali organici" (per dirla con Della Volpe). È anche assai presente in queste opere la predisposizione a uscire fuori dai propri confini, a farsi veicolare dalla voce, dalla dicitura in pubblico verso l’"esterno", in colpi d’urto diretti all’uditore (Fontana, Errico-Ravesi).
La riflessione si insedia infine nelle trame verbali, contro ogni "naturalezza" dello scrivere, contro la sublimazione estetizzante dell’ormai scricchiolante mondo postmoderno, in un oscillare tra disillusione ("mentre fuori tutto
infogna / caro mi è il sonno e più l’essere un sasso", M. Bàino) e spinta all’utopia, meta imprescindibile di ogni carica innovatrice ("far volar via il valore – si tratta tuttora di spingere all’ingranaggio del motore-mondo la leva in avanti", F. Muzzioli).

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su www.mangialibri.com, numero 31, è apparsa questa recensione

(di David Frati?)


La parabola artistica di Miles Davis ; uno zelante procuratore a caccia di Nazario Sauro, latitante per crimini politici in Francia ; le difficili traversie quotidiane degli angeli custodi assegnati ai parlamentari italiani ; un lavoratore interinale di nome Jeff Topo viene assegnato alla manutenzione dei locali della Fondazione per la Ricerca sul Cancro dove sono rinchiuse le cavie da laboratorio ; la letteratura e la sfida della globalizzazione culturale ; regolamento, tattica e strategia del gioco del nascondino ; un antico palazzo incantato nella giungla assediato da ventimila tigri feroci...
Terzo appuntamento con l’Almanacco Odradek, che a scadenza più o meno regolare tasta il polso alla cultura, alla letteratura, alla poesia e all’arte riconducibile in qualche modo all’area cosiddetta ‘antagonista’, o comunque non omologata al sistema commerciale-editoriale. Divisi in sei macrocategorie (Politiche dissonanti, La febbre mondiale, L’immaginario e il quotidiano, Il riso di sasso, il mito in ginocchio, Il segno polemico, Campi di conflitto) si susseguono racconti, dipinti, fotografie, poesie, articoli prevalentemente inediti (ma non mancano gustose operazioni di salvataggio dall’oblio, come per esempio nel caso dei frammenti surreali di Franco Cavallo, dei saggi musicali di Amiri Baraka, delle poesie di Charles Bernstein e della cartolina di Tullio Crali, con tanto di francobollo dipinto e debitamente vidimato dalle tanto solerti quanto distratte Poste Italiane). Il pluralismo smette insomma di essere materia per manifesti programmatici e ingrediente di appassionate utopie e si fa prassi editoriale concreta, si fa parole, si fa immagini, si fa idee in un volume di grande formato, realizzato con estrema cura editoriale e con ottimo gusto estetico. Un ‘fascicolone’ tutto da leggere che alterna senza soluzione di continuità testi divertenti a versi criptici, impegno politico e fantasticherie. "Una volta c’era l’avanguardia", si legge nella prefazione. "La sua stagione è conclusa ed è ormai materiale per periti settori. Ma qualcuno dovrà pure tener conto delle voci che non si adattano, e dare ragione delle nuove strade tentate, di una serie plurale di antagonismi estetici, della ricerca sperimentale e delle forme che la poesia produce, dei nuovi suoni, delle lingue provate, iterate e compitate, della protesta, della prospettiva interculturale, e di quel comico-parodico che prepotente preme proprio quando la storia presenta il conto".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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