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A.A. Bogdanov
QUATTRO DIALOGHI SU SCIENZA E FILOSOFIA
con scritti di E. von Glasersfeld, Massimo Stanzione, Silvano Tagliagambe

pp.144 € 14,00

 

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Dalla quarta di copertina:

È questa una riproposizione del pensiero di A.A. Bogdanov sulla scorta delle indicazioni di Ernst von Glasersfeld che ha riscoperto i "Quattro dialoghi" e recuperato il pensatore russo come precursore del proprio “costruttivismo radicale”. In effetti Bogdanov – fino al 1909 uno dei più importanti leader bolscevichi, insieme a Plechanov e Lenin – fu personalmente attaccato da quest’ultimo con la pubblicazione di Materialismo ed empiriocriticismo, per via delle sue posizioni epistemologiche di derivazione machiana, e progressivamente emarginato con l’accusa di solipsismo e idealismo. Lungi dal risultare obsoleto, quel dibattito acquista oggi una sicura centralità, e la posizione di Bogdanov emerge tanto più attuale quanto più insiste sull’autonomia concettuale delle singole scienze evitando nel contempo cedimenti nei confronti dell’irrazionalismo antiscientifico; un dibattito attuale in tempi di ricco e tumultuoso sviluppo delle scienze fisico-naturali, soprattutto perché mostra quanto fuorvianti e inutili possano essere dicotomie come materialismo/idealismo, e come il primato della pratica, soprattutto con riferimento all’attività scientifica, pretenda attitudini non dogmatiche.
A.A. Bogdanov (pseudonimo di Aleksandr Malinowsky, 1873-1914) era l’antagonista di V.I. Lenin nel Partito bolscevico, teorico della “cultura proletaria” (Proletarskaya Kul’tura) e autore dei Saggi di scienza dell’organizzazione, considerati un’anticipazione della Teoria dei sistemi, e de La scienza della coscienza sociale.

Ernst von Glasersfeld, München 1917-Leverett 2010, epistemologo, studioso della comunicazione uomo-animale. Autore di Linguaggio e comunicazione nel costruttivismo radicale; per Odradek, insieme a Heinz von Foerster, ha pubblicato Come ci si inventa.

Massimo Stanzione, professore straordinario di Filosofia della scienza all’Università di Cassino.

Silvano Tagliagambe, ordinario di Epistemologia presso la facoltà di Architettura dell’Università di Sassari Cagliari.

Milly Berrone, su <www.ezamisdat.it>:

È apparso in estate per i tipi di Odradek un nuovo volume della collana Ideologia e conoscenza: pur recando in copertina il nome di Aleksandr Bogdanov, bolscevico, filosofo, romanziere, economista, scienziato nonché laureato in medicina, il volume contiene in realtà, come indica chiaramente il sottotitolo, anche scritti di altri autori – Ernst von Glaserfeld, Massimo Stanzione e Silvano Tagliagambe – e, nonostante la relativa brevità, si rivela di una ricchezza eccezionale.
La presentazione di Felice Accame – docente di Didattica della comunicazione, collaboratore della rivista A e di Radio popolare – illustra immediatamente al lettore il contenuto del libro: si tratta della prima traduzione in italiano dei quattro dialoghi di Aleksandr Bogdanov Nauka i filosofija [Scienza e filosofia], firmati con lo pseudonimo di N. Verner, contenuti nella raccolta Oc<erki filosofii kollektivizma [Saggi di filosofia del collettivismo], apparsa in Russia nel 1909. Di fatto l’edizione italiana si presenta tuttavia come una traduzione dal tedesco di un volumetto pubblicato in Svizzera nel 1996 a cura di Ernst von Glaserfeld – epistemologo, professore di psicologia cognitiva presso l’Università della Georgia e soprattutto fondatore del costruttivismo radicale – accompagnata dalla traduzione del testo di due conferenze tenute dallo stesso Glaserfeld nel 1989 e nel 1995 (“I limiti del comprendere” e “Prima si deve essere in due. Pensieri razionali sull’amore”) ed arricchita da due interventi dedicati alla figura e al pensiero di Aleksandr Bogdanov, affidati rispettivamente alla penna di Massimo Stanzione – professore di Filosofia della scienza presso l’Università di Cassino – e Silvano Tagliagambe, professore di Epistemologia presso la facoltà di architettura dell’Università di Sassari.
Se Glaserfeld utilizza tuttavia in modo estremamente personale il pensiero di Bogdanov, individuandovi una sorta di convalida del suo costruttivismo radicale (“per chi, come me, si è dedicato a lungo alla costruzione di un modello concettuale atto a fornire a un problema intricato una spiegazione più o meno plausibile, venire a conoscenza dell’opera di un autore che in precedenza ha condotto con strumenti simili tentativi che andavano nella stessa direzione è un fatto molto incoraggiante. Venticinque anni fa ho fatto una tale esperienza con Piaget. La sua opera mi permise di ottenere in un certo senso una struttura coerente che tenesse insieme il mio pensiero confuso. Molto più tardi, quando il mio modello del sapere era già piuttosto elaborato, mi è capitato fra le mani un testo del primo decennio del Novecento in cui Aleksandr Bogdanov esprime con chiarezza ed eleganza eccezionali alcune riflessioni che sono di fondamentale importanza nel costruttivismo”) e scorgendovi, seppure in circostanze politico-sociali molto diverse dal nostro presente, un’attualità (“Bogdanov era molto avanti rispetto ai suoi contemporanei, politici e filosofi. Il suo tentativo di costruire una visione del mondo che si distingua sia dal positivismo sia dal dogma marxista ha oggi più possibilità di essere compreso che ai tempi della Rivoluzione russa. L’idea che il sapere non è conoscenza del mondo, ma strumento, oggi non viene più tacciata di eresia. Bogdanov percepiva, come soltanto pochi altri pensatori, la necessità di abbandonare l’obiettivo illusorio della verità assoluta, eterna, per perseguire invece quello della prassi conveniente. Perciò sottolineò, anche in relazione alla filosofia dell’esperienza, l’importanza della sua applicabilità perché l’unica verifica di un pensiero è la sua applicabilità”), per altro riconosciuta da molti altri pensatori che ne hanno fatto, in Russia e all’estero, un precursore della cibernetica e della attuale filosofia della scienza, più storicamente circostanziati sembrano i due interventi che compongono la seconda parte del volume.
Da un lato infatti Massimo Stanzione ricostruisce il contesto – la filosofia della prassi le cui radici risalgono a Hegel e Marx – entro il quale si muove la concezione del rapporto tra scienza e filosofia di Bogdanov, delineando con chiarezza e linearità i legami di tale pensiero non solo con quello austro-tedesco ed europeo in generale – i linguisti Lazar Geiger e Max Müller, l’economista Karl Bücher, l’intellettuale Ludwig Noiré, i pensatori Ernst H. Haeckel, Ernst Mach, Richard Avenarius e Georg Simmel – ma anche con quello di alcuni scienziati russi di formazione positivista come il darwinista Kliment Timiryzaev, il biologo Aleksandr Babuchin e il cristallografo Evgraf Fedorov, soffermandosi solo brevemente sui rapporti con il pensiero degli altri leader bolscevichi, mentre Silvano Tagliagambe concentra maggiormente le propria attenzione proprio su questi ultimi, dedicando ampio spazio alla disputa tra Bogdanov e Lenin sul concetto di verità, alla critica di Lenin a Plechanov a essa strettamente connessa, alla polemica di Lenin in relazione all’ Empiriomonizm [Empiriomonismo, 1906] di Bogdanov, al conseguente sviluppo da parte di quest’ultimo della sua Tektologija [Scienza generale dell’organizzazione. Tectologia, 1913-1929], all’influenza dell’opera di Nikolaj Fedorov sul pensiero di Bogdanov e infine ai due romanzi di fantascienza in cui Bogdanov espresse in forma letteraria la propria utopia politica ( Krasnaja zvezda [La stella rossa, 1908] e Inz<ener Menni [L’ingegner Menni, 1912]).
Al curatore e agli autori dunque il merito non solo di riproporre al pubblico italiano l’estrema ricchezza del pensiero di Aleksandr Bogdanov, intorno al quale le ricerche italiane si arrestano intorno ai primissimi anni Novanta, pur proseguendo in Russia e nei paesi di lingua inglese, ma anche di offrire, accanto ad un’ottima bibliografia, la possibilità di riflettere su temi di fondamentale importanza non solo per i filosofi della scienza, ma anche per chi tenta di comprendere le complesse dinamiche che regolano l’universo della lettere sovietiche, spesso dimenticando o sottovalutando, come nel caso del formalismo, dell’ultimo Mandel’s<tam o dei romanzi di Andrej Platonov – lasciando da parte per ovvi motivi la letteratura utopistica e fantascientifica – l’enorme peso che in esso aveva l’influenza del pensiero scientifico.
Un unico appunto a un’operazione editoriale per molti versi pregevole: la traduzione. Benché motivata con ogni probabilità dall’intenzione di sottolineare la difficoltà di reperimento, fino a non molti anni fa, delle opere di Aleksandr Bogdanov e in particolare dei quattro dialoghi in questione, donati da Vadim Sadovskij, studioso moscovita di cibernetica, a Glaserfeld, e dalla esplicita volontà del curatore italiano di non perdere nulla dell’originario volumetto, apparso in lingua tedesca, di quest’ultimo, la scelta di tradurre dal tedesco in italiano un testo originariamente pubblicato in russo si sarebbe potuta evitare. Il testo originale russo è infatti facilmente accessibile anche on line grazie all’efficientissimo sistema della Biblioteca nazionale di San Pietroburgo (nel volume Oc<erki filosofija kollektivizma, I, Sank Peterburg 1909, con i testi di N. Verner, “Nauka i filosofija”; A. Bogdanov, “Filosofija sovremennogo estestvoispytatelja”; B. Bazarov, “Material kollektivnogo opyta i organizujus<c<ie ego formy”; A. Lunac<arskij, “Mes<c<anstvo i individualizm”; M. Gor’kij, “Razrus<enie lic<nosti”) e una traduzione dal russo avrebbe, a mio avviso, indubbiamente arricchito il volume.

Milly Berrone

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Flavio D'Abramo su Recensioni Filosofiche

http://www.recensionifilosofiche.it/crono/2005-9-10/bogdanov.htm

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Da “A” rivista anarchica, n. 302.
La (mancata) rivoluzione “costruttivista” del bolscevico A.A. Bogdanov.


Nel 1903, la polizia dello Zar segnalava Bogdanov e Lenin come i due rivoluzionari “piu’ pericolosi in assoluto” . Insieme, uno in Russia e l’altro dalla Svizzera, guidarono la neonata fazione dei bolscevichi durante la Rivoluzione del 1905 - una rivoluzione fallita, come è noto, ma importante per la formazione dei “soviet”.
Nel 1909, Lenin diede lo storico calcio al tavolo scrivendo e pubblicando in tutta fretta “Materialismo ed empiriocriticismo”; e, soprattutto, lasciando il compagno a meditare sull’ipotesi di “suicidarsi, dopo essere stato escluso dai piu’ importanti comitati di partito” .
Bogdanov, che fu “lo scrittore di gran lunga piu’ produttivo e popolare della socialdemocrazia russa”, accanto a Plechanov , continuò a lavorare, deprecando la Rivoluzione d’Ottobre - prima e dopo i fatti -, e subendo anche un arresto nel 1923 , fino alla morte - che lo colpì, in modo non del tutto chiaro, quando aveva cinquantacinque anni, nel 1928.
Sotto il regime di Stalin, di pari passo con la canonizzazione, a massimo riferimento gnoseologico del marxismo, proprio della summenzionata opera che Lenin aveva concepito e scritto contro di lui, le sue opere furono “fatte sparire” dalla circolazione .
Ben poco dei suoi scritti è oggi accessibile a chi, perlomeno, non conosca il russo. Comunque, sul finire degli anni ’80, Ernst von Glasersfeld si reca ad un convegno per parlare del suo “costruttivismo radicale”, e, grazie a un collega russo venuto in possesso di un volumetto sfuggito alla censura, scopre che Bogdanov esprimeva, dice Glasersfeld, “con chiarezza ed eleganza eccezionali, alcune riflessioni che sono di fondamentale importanza nel costruttivismo” - anticipando una serie di argomentazioni con cui i filosofi della scienza “si sono spesso scontrati”, dagli anni ’50 in poi .
Il volume in tal modo fortunosamente recuperato e appena tradotto in italiano, per la prima volta, a cura di Felice Accame , è intitolato “Quattro dialoghi su scienza e filosofia”. Fu pubblicato nel fatidico anno della rottura con Lenin, il 1909.
Ma piu’ che rispondere direttamente a Lenin , direi che forse questi dialoghi trasfigurano la loro vicenda umana, oramai disperatamente in crisi, raccontando di due personaggi: un “marxista funzionario del Partito” il primo, chiamato A, e “un “vecchio propagandista” il secondo, chiamato B.
Il primo personaggio, una parodia che rovescia il Lenin che improvvisamente si chiude nella biblioteca pubblica di Londra (come già Marx) per ridurre il suo divario di erudizione rispetto a Bogdanov e attaccarlo sul piano filosofico, si presenta così:

A: Mi scusi se l’importuno. Anche se non ci conosciamo affatto, mi permetto di chiedere aiuto e consiglio a un competente par suo. Mi piacerebbe studiare filosofia. Come devo cominciare ?
B, il personaggio a cui è affidato il sapere di Bogdanov, acconsente al dialogo, che entra subito nel vivo dei tormenti filosofici di A, che, in realtà, aveva già iniziato a studiare:
A: ammettiamo pure che esista un essere esterno, che esista la conoscenza, che il soggetto e l’oggetto ne siano la condizione... Ma perché tutto questo ? E se la conoscenza è necessaria, qual’è il suo posto ? E una volta letto tutto quanto c’è da leggere, se si cerca un riscontro, che rapporto c’è...
B: Credo di aver capito. Siamo partiti con il piede sbagliato. Per lei la filosofia è una questione di vita, non di cose da leggere. Non potevo saperlo.
B sottopone ad A domande su domande, come da tradizione platonica - ma esse, a differenza di quelle del presunto Socrate, sono finalizzate a confezionare la proposta di un “monismo scientifico”; un punto di vista che, gradualmente, sarebbe destinato a sostituire, paradossalmente, proprio quella “filosofia” che A voleva studiare - e, soprattutto, “vivere”.
A, marxista e funzionario del Partito, rispondendo alle domande, deve collocare la filosofia nella “sovrastruttura” - come “coronamento dell’ideologia”; mentre le “forze produttive” della società si troverebbero nella sua “base”.
B passa a chiedergli, allora, se egli sa qualcosa della “capacità di lavoro dell’uomo”: per arrivare, passando per “tutta la struttura organizzata dell’uomo”, alla “teoria della lingua” e “al problema della sua nascita e della sua evoluzione”, su cui, ovviamente, inchioda il suo interlocutore:
B: Come lei sa, la parola è lo strumento della comunicazione (...) E, in quanto marxista, lei sa bene che se un lavoratore non padroneggia i suoi utensili saranno questi a padroneggiare lui.
Il primo dialogo si chiude con una battuta, da parte di A, che messo di fronte alla propria ignoranza non si offende affatto, mentre, al contrario - apprezza il suggerimento:
A: e adesso mi metterò a studiare l’alfabeto... delle forze produttive.

Ernst von Glasersfeld trova una notevole “congruenza” fra le tesi di Bogdanov e il suo “costruttivismo radicale”. Soprattutto allorquando Bogdanov, “con riferimento all’esperienza” che Glasersfeld considera “il concetto fondamentale del suo pensiero”, afferma che non si devono considerarne gli “elementi” come “indipendenti dall’essere umano”. Per entrambi, in breve, “non ci sono elementi a priori, visto che è l’uomo stesso a determinarli e definirli, isolandoli nel flusso dell’esperienza” .
Gli “elementi dell’esperienza” (parole di Ernst Mach) sono sempre ulteriormente analizzabili, provenendo dal “lavoro” (categoria fondamentale in Karl Marx), sia individuale - di soggetti pensanti -, e sia collettivo - di appartenenti a movimenti culturali e politici, famiglie, comunità linguistiche, classi sociali e così via.
Il concetto di “cultura proletaria”, proposto da Bogdanov partendo dal Marx che faceva di ogni pratica (socializzata) un criterio di “verità” e dal Mach che scomponeva tutta l’esperienza in “elementi” e loro “combinazioni”, era alla base della rivoluzione costruttivista-bolscevica che non ci fu - stroncata dal dogmatismo di Lenin.
Per il “costruttivismo radicale” di Glasersfeld come per Bogdanov, in conclusione, è cruciale la lotta degli atteggiamenti sensati - solitamente propri della vita quotidiana - contro i misticismi-autoritarismi - tutelati dagli pseudo-problemi della filosofia.
Francesco Ranci

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