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Andrea Albini


L'AUTUNNO DELL'ASTROLOGIA
Il declino scientifico del discorso sulle stelle da Copernico ai nostri giorni

con una nota di Giorgio Galli

ISBN 978-88-96487-12-9

 

pp. 224 € 18,00

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L’astrologia è una pratica con sorprendenti capacità di trasformazione ed adattamento: come argomento scientifico riuscì a sopravvivere per un poco anche al terremoto portato dalla teoria eliocentrica di Copernico e dalle scoperte al telescopio di Galileo. Il suo declino fu lento perché, anche se il modello teorico entrò in crisi, quello operativo non ne risentì. Keplero pensò che l’astrologia potesse essere riformata, e nella seconda metà del Seicento un certo numero di astrologi cercano di adeguare la loro arte alla nuova scienza sperimentale. Ancora nel Settecento – in pieno Illuminismo – l’astrologia ebbe una debole sopravvivenza residuale nel campo della medicina e della meteorologia. In seguito, come scienza, l’astrologia fu completamente screditata e sopravvisse prevalentemente negli almanacchi popolari. Ma già a fine Ottocento fu recuperata dall’occultismo e, nel secolo successivo, prima dagli studi sulla simbologia e il mito nella storia dell’arte e poi dal pensiero junghiano. Il tutto confluì nel pensiero della New Age, in cui l’astrologia ha un suo ruolo accanto ad altre discipline alternative e una valenza millenaristica. Come scienza legittima, però, non riuscì più a risollevarsi. Per secoli fu considerata irrilevante e lasciata da parte da astronomi e scienziati, oppure combattuta con armi retoriche. Sorprendentemente, solo nell’ultimo secolo sono stati messi a punto una serie di studi che hanno dimostrato «scientificamente» che l’astrologia non è una scienza. Ma forse è stata fatica sprecata: le ragioni del successo di questa pratica non sono unicamente logico-razionali e non si misurano in termini di efficacia. Ne consegue che possiamo classificare tra i «facili indovini» coloro che hanno pronosticato che questa pseudoscienza resterà tra noi ancora a lungo.

Andrea Albini, (Pavia, 1962) tecnico presso l’Università di Pavia, addetto allo studio dei materiali per l’ingegneria. Autore di una serie di lavori scientifici, si occupa anche di divulgazione scientifica e ha collaborato con quotidiani e riviste nazionali su argomenti di storia della scienza e della tecnologia. È consulente tecnico-scientifico del Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale). È autore di Oroscopi e Cannocchiali (Avverbi, 2008), Le Voci di Giovanna d’Arco (Avverbi, 2007) e, con Luigi Garlaschelli, di Rabdomanzia (Avverbi, 2005).

Da anni il CICAP - che si occupa appunto del Controllo delle Affermazioni sul Paranormale - tratta dell'astrologia. Qui, la pagina di approfondimento. Qui, invece, il rapporto sulle previsioni di astrologi e vari maghi riguardanti il 2011. Uhm.

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Una buona presentazione Tecalibri qui.

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Alla recensione apparsa su Almugea - qui -a firma Giancarlo Ufficiale, che ringraziamo, Andrea Albini così risponde:


UN FUTURO PER L'ASTROLOGIA?

Ringrazio Ufficiale per la sua articolata recensione e ne approfitto per esprimere la mia opinione su uno dei punti cruciali della sua riflessione: dopo un periodo di decadenza e dopo aver “toccato il fondo”, l’astrologia potrà “uscire dalle secche” e tornare ad essere utile all’umanità?

Devo confessare che quando ho deciso di documentare l’incontestabile declino che lo status dell’astrologia ha subìto a partire dalla seconda metà del Seicento, la mia curiosità non era tanto rivolta a mostrarne un’evoluzione degenerativa quanto a capire le ragioni della sua permanenza – nonostante tutto e in forma trasformata – fino ai nostri giorni. Se era facile credere all’astrologia prima di Copernico, perché questa pratica si accordava con il modello di un universo geocentrico comunemente accettato, poi divenne più difficile; ma nonostante ciò il discorso sulle stelle era sopravvissuto fino a noi.

Questo era il punto che mi incuriosiva. Adottare giudizi di merito rispetto alla sua validità avrebbe significato: (1) sapere cos’era la “vera” astrologia (ad esempio, quella del Tetrabiblos come pensavano alcuni contemporanei di Galileo); e soprattutto (2) avere la certezza che l’astrologia fosse una pratica funzionante (cosa smentita da una serie di esperimenti scientifici di cui mi sono limitato a dare alcuni cenni bibliografici per non uscire dal tema di un libro che parlava principalmente di storia).

Per lo storico della scienza John North l’astrologia sopravvisse, sia pure nel discredito, perché era una prassi che non richiedeva neppure l’osservazione e la conoscenza degli astri. Oggi questo è ancora più vero: se per praticare l’arte delle stelle un tempo erano sufficienti le effemeridi, ora basta un computer che indichi la posizione relativa dei corpi celesti sulla volta celeste, come se la Terra fosse ancora in posizione centrale.

A partire da quattro secoli orsono, matematici e astronomi cominciarono a prendere le distanze dall’astrologia genetliaca – anche se non sapremo mai quanti l’abbiano assecondata in precedenza per pura convenienza e non per vera fede – e il campo fu libero per pratiche più “popolari”. Ma certo non abbiamo elementi per dire, ad esempio, che l’astrologia delle corti rinascimentali fosse più efficace di quella di oggi. Anzi, se la pratica fosse in grado di ottenere risultati, mai come ora potrebbe mostrarne il valore, dato che programmi computerizzati sono in grado di calcolare i tempi e le posizioni planetarie con esattezze inimmaginabili ai tempi di astronomi-astrologi come Brahe e Keplero, che sacrificarono anni della loro vita in calcoli e osservazioni che dovevano dare loro maggiori esattezze.

Ma al di là della precisione matematico-geometrica, il problema di base dell’astrologia è piuttosto il suo essere costituita da regole arbitrarie, incapaci di dare risposte certe. Ecco perché ai nostri giorni la pratica astrologica più “avanzata” non pretende più di essere una scienza, ma si orienta piuttosto verso il counseling psicologico e la filosofia spicciola. A leggere certi oroscopi, tutto sembra ridotto a buon senso e banalità; e forse un po’ di saggezza può bastare per consolare qualche cliente spaventato dall’incertezza del futuro. Ma restaurare una “astrologia pura”, dal punto di vista storico e razionale, a mio avviso oggi è un autentico miraggio, non più di quanto lo fosse durante il Rinascimento.

Andrea Albini

Giancarlo Ufficiale così replica:

Ah, saperlo!
Il solco che divide Albini e me non sta tanto nell’opinione circa la validità dell’astrologia, nulla (per lui) o parziale (per me), quanto nel godere di certezze in merito, lui sì ed io no. Si inserisce qui una questione centrale, che misteriosamente è sfuggita a gran parte degli astrologi del passato e del presente, ma non a Claudio Tolomeo, che su questo è molto chiaro: i giudizi dell’astrologo consistono in congetture, e non a causa soltanto della complessità dei moti celesti, ma soprattutto perché gli influssi degli astri concorrono agli eventi unitamente ad altre cause, proprie del “mondo sublunare”, ossìa della Terra. Quindi l’astrologia ha un valore relativo e non assoluto. In altri termini gli astri, per così dire, collaborano per quant’è dell’astrologia genetliaca con l’ereditarietà genetica, con l’ambiente familiare e sociopolitico, con l’andamento economico-finanziario e così via. Già da questo si evince che tale disciplina non può in alcun modo essere sperimentata in laboratorio. Ha perso il suo statuto di scienza quando s’è affermata la peraltro rigida epistemologia galileo-popperiana. Non ne deriverebbe un male, se non fosse che così s’è reperito il pretesto per svaccare, ma questo è un problema nostro. Resta in vita una corrente che si autodefinisce “astrologia scientifica”, praticata da un pugno di valorosi, che conducono con spirito di sacrificio enormi – per le loro possibilità individuali – ricerche statistiche, spesso cavandone risultati interessanti. Puntualmente, o ignorati dalle accademie, oppure manomessi. Già, succede anche questo. In ogni caso anche tale ricerca statistica soffre di grossi limiti, insiti proprio nel corpo teoretico dell’astrologia. Che è molto meno arbitrario di quanto ritiene Albini.
Domanda: perché si chiede solo all’astrologia l’esattezza delle risposte? Non me lo chiedo tanto io, quanto l’epistemologo Paul Feyerabend (invero poco apprezzato in ambiente CICAP) già una trentina d’anni fa’.
Quanto alla questione della sua sopravvivenza fino ai nostri giorni, temo che non esistano risposte migliori delle altre, probabilmente ognuna di quelle date contiene una quota di vero. Per parte mia ne inserirei un paio, che – appunto – non sono più puntuali, ma che aggiungono qualcos’altro. L’astrologia è la sintesi tra astronomia e filosofia, e ciò fin dalle origini (se per tali si intende l’epoca cosiddetta classica, la Grecia dal IV secolo a.C. al V secolo d.C.). Poiché la filosofia evolve o involve con il trascorrere del tempo, in un certo senso l’astrologia vi si è sempre informata, sebbene il suo codice tecnico sia rimasto quello mutuato dalla filosofia naturale. Nel XX secolo la psicologia e la psicanalisi hanno influenzato moltissimo la filosofia, e quindi non è stato difficile all’Apotelesmatikê (com’era chiamata nell’epoca ellenistica l’astrologia) adeguarvisi. La seconda causa è ben meno nobile, direi proprio ignobile. Occupandosi la disciplina del difficilmente sondabile, molti vi affiancano altre mantiche o culture misticheggianti, razzolando in un magma talvolta ammaliante, che sforna – esso sì – certezze di cui nessuno è in grado di controllarne la veridicità.
Se vi sarà un futuro per l’astrologia non so. Certo è che le ultime conquiste scientifiche lasciano supporre che non pochi dei princìpi dell’arte astrologica – la chiamiamo così, intendendo per “arte” la padronanza delle tecniche e dei metodi per formulare giudizi – siano (state) felici intuizioni. Per parte nostra continueremo nell’ardua impresa non tanto di restauro quanto di progresso teorico e pratico. Nei limiti intellettivi che ci sono stati assegnati.
Giancarlo Ufficiale

 

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Su La Stampa di martedì 21 dicembre 2010, alle pp. 44-45, "SE CERCHI MOGLIE NON TI FIDARE DELLE STELLE. Un saggio spiega come la scienza si sia trasformata in superstizione", un articolo di Piero Bianucci ispirato da questo libro. qui

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Felice Accame, da Radiopopolare, domenica 16 gennaio.

«... Come genere letterario, l’almanacco astrologico era già diffuso in Francia prima dell’invenzione della stampa. Come dice Andrea Albini, ne L’autunno dell’astrologia – un libro in cui scrupolosamente si descrive la perdita sistematica di aura scientifica che caratterizza questa disciplina dal Cinquecento ad oggi –, inizialmente si trattava di calendari e di stratagemmi per scandire il tempo in rapporto alle necessità della vita quotidiana, cui, col tempo, si veniva ad aggiungere pronostici – come quelli relativi ai tempi più o meno propizi per semine e raccolti, o come quelli relativi al futuro delle singole persone ricavati dagli oroscopi. Resistendo negli anni – e trovando il modo di circolare ancora tra noi come “Almanacco di Frate Indovino”, “Barbanera” o “Gran pescatore di Chiaravalle” –, gli almanacchi si prodigano in consigli vari: caccia e pesca, previsioni meteorologiche, cure mediche alla buona, come fare un buon candeggio, la ricetta della torta Pasqualina – tutto un armamentario lenitivo di quell’assunto ideologico di fondo che concerne la doma del futuro. Come oggetto di narrativa, oggi, compensano dal lato intellettuale, tutto il profluvio televisivo di oroscopi che caratterizza il menu natalizio e pre-capodannico dell’indottrinamento e l’asservimento di quel popolo che un po’ finge di crederci e un po’ – dàlli e dàlli – ci crede davvero...»

 

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