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Roberto Bianchi
Pane Pace Terra
Il 1919 in Italia

 

pp. 236 € 18,00

 

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Nel 1919 si susseguirono varie ondate di mobilitazioni, scioperi e rivolte, con l’irruzione nel conflitto sociale e politico di nuovi soggetti e programmi capaci di incidere sul processo di ridefinizione dei rapporti tra Stato e società che coinvolse vinti e vincitori della Grande guerra. All’indomani della prima guerra mondiale e di massa, quando dall’Europa giungevano notizie di rivoluzioni e formazione di nuove repubbliche, in Italia riemersero antiche forme di protesta popolare con occupazioni delle terre, assalti ai forni e ai palazzi del potere, mentre le guardie rosse, lo sciopero generale internazionale e la nascita di organismi per l’azione diretta davano il segno di una società ormai pienamente entrata nel ’900. In quello snodo decisivo dell’età contemporanea si consumò la crisi dello Stato liberale, sorsero partiti che avrebbero giocato un ruolo notevole nella storia italiana, presero corpo speranze e progetti per la costruzione di una società fondata su nuove basi e nuovi principi.
Roberto Bianchi tratteggia un anno di storia tra guerra e pace attraverso un’analisi dettagliata degli attori, dei linguaggi, degli obiettivi, delle forme di azione di quelle folle di uomini e donne che per la prima volta invasero la scena pubblica con mobilitazioni effettivamente di massa, ed esaminando i diversi comportamenti e le diverse risposte date da classi dirigenti e autorità. Frutto di lunghe ricerche d’archivio e di un confronto costante con la storiografia internazionale, il volume centra l’attenzione sui tre principali luoghi del conflitto politico e sociale del 1919: la Terra, con l’avvio delle lotte contadine per il controllo delle risorse e degli usi civici, il Pane, con i tumulti annonari che sconvolsero la penisola, la Pace, con la realizzazione del primo sciopero internazionale contro la guerra del XX secolo.

 

 

Roberto Bianchi (Firenze 1966) è ricercatore di Storia contemporanea presso il Dipartimento di studi storici e geografici dell’Università di Firenze. Ha pubblicato Bocci-Bocci. I tumulti annonari nella Toscana del 1919 (Olschki 2001), La Valdelsa tra le due guerre. Una storia italiana negli anni del fascismo (a cura di, Società storica della Valdelsa 2002), Senza padroni. Storia di un’esperienza cooperativa: il Consorzio Etruria (con M.T. Feraboli, Giunti 2004), e vari contributi sulla storia della conflittualità politica e sociale in riviste o volumi come Le XXe siècle des guerres (Les Éditions de l’Atelier 2004); partecipa ai progetti di “Histoire & Sociétés. Revue européenne d’histoire sociale” e “Zapruder. Storie in movimento”. Con Odradek nel 2005 ha pubblicato Donne di Greve. Primo maggio 1917 nel Chianti: donne in rivolta contro la guerra.

 

RECENSIONI e SEGNALAZIONI

Amerigo Sallusti

da Lavoro e Società
Online www.cgil.it/lavorosocieta

Roberto Bianchi, Pace, pane, terra. Il 1919 in Italia, Roma, Odradek Edizioni, 2006, pp. 236, € 18,00.
Il 1919 fu un anno cruciale per la storia sociale d’Europa. Il primo anno senza le mattanze nelle trincee e le fucilazioni dei “disertori”. L’anno dell’uccisione fisica (Rosa Luxemburg e Karl Liebcknecht) e politica (la soffocata insurrezione spartachista nelle città roccheforti operaie della Germania pre-Weimar e dell’Ungheria dei Consigli di Gyorgy Lukács commissario politico all’Istruzione popolare), del tentativo di espandere il virus della rivoluzione della “Russia dei soviet”, dai confini sigillati dalle armate controrivoluzionarie all’Europa centro-occidentale. Questa eco arrivò forte e prepotente pure in Italia. Uscita vincitrice dalla grande guerra, ma sicuramente sconfitta sul piano della coesione sociale. Mai come allora il paese si trovò diviso tra chi dalla guerra aveva tratto vantaggio (i grandi ceti industriali ed agrari del nord, futuri finanziatori del fascismo nascente) e chi (le sterminate masse proletarie) ne aveva subito morti e miserie. Il puntuale libro di Roberto Bianchi già nel titolo indica un percorso di lettura che prefigura in partenza le coordinate del ragionamento. Un pregio della suddivisione in tre ampi capitoli, Pace-Pane-Terra, è di mettere “in fila” avvenimenti ed episodi che, se raccontati in maniera disomogenea e disarticolata, risultano essere al massimo momenti di esplosione o collera di masse popolari sfinite dagli avvenimenti bellici da poco terminati. “Ordinati” e politicamente messi in sequenza, essi traducono episodi di “apparente jaquerie” in mobilitazione cosciente di sfruttati che dalla loro condizione vogliono uscire. Operai, molti dei quali ora disoccupati. Braccianti, adesso senza lavoro. Reduci privi di speranza. Donne, nella doppia di figura di disoccupate e vedove.
Orbene in quel 1919 questi dannati della terra provocarono un lungo bradisismo di lotte dalle campagne alle città. Uniti, dal basso, e costringendo a stare insieme anche i vertici, le dirigenze delle diverse organizzazioni del proletariato. Dagli anarchici di Armando Borghi ai socialisti massimalisti di Giuseppe Mingrino, passando per gli arditi del popolo di Giuseppe di Vittorio unitamente ai comunisti ordinovisti di Antonio Gramsci. Da Perugia a Firenze, da Napoli a Torino, da Crotone a Milano. Ovunque quell’anno fu caratterizzato da una radicalità politica e d’azione impressionante. I riverberi delle lotte operaie al di là dei confini (si ricorda ancora oggi a Vienna lo sciopero di sei settimane continuative di tutti gli operai metallurgici del paese a ridosso del termine della guerra) incendiarono il nostro paese che partecipò massicciamente allo sciopero internazionale del 20 e 21 luglio – lo “scioperissimo”– promosso da decine di associazioni e partiti operai d’Europa, soprattutto anarchici e socialisti di sinistra (dall’Usi italiana all’Uspd tedesca). Quell’annus mirabilis produsse poi il biennio rosso dell’occupazione delle fabbriche metalmeccaniche, e particolare che troppi dimenticano, di centinaia di latifondi, da Novara a Brescia. Ancora una volta, purtroppo, quando le lotte e le rivendicazioni si stavano saldando: “pace, pane e terra per tutti”, come accadde nel 1919, il fiume in piena che stava valicando gli argini venne “ridotto a rigagnolo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
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